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I risparmi dei nostri stranieri. Ecco quanti soldi gli immigrati d'Italia riescono a spedire nei loro paesi d'origine

03 gennaio 2008

Negli ultimi anni grazie a loro il tasso di disoccupazione italiana è diminuito, e hanno fatto aumentare invece quel tasso demografico che con le sole forze nazionali era arrivato al suo punto più basso. Molti di loro, affrontando gli stessi sacrifici fatti dai nostri nonni e dai nostri padri costretti ad emigrare verso nuovi continenti, sono riusciti a comprare casa o ad avviare un'attività indipendente, mentre moltri altri si impegnano egragiamente in occupazioni essenziali per noi ma che sempre meno persone hanno voglia di fare. Come tutti hanno capito si parla di stranieri, e fino ad ora ne abbiamo parlato raccogliendo sinteticamente soltanto gli aspetti positivi della loro presenza nel nostro Paese. Certo, oltre alle luci ci sono anche le ombre, che sono tante, oscure e dense e difficili da diradare, ma nell'articolo di Stefania Tamburello, pubblicato dal Corriere e che noi riportiamo di seguito, l'analisi riguarda tutt'altra tematica, ossia: quanti soldi riescono a risparmiare e a mandare ai loro cari i ''nostri'' stranieri, e come questo flusso di denaro ha un importanza basilare nel più ampio e generale andamento dell'economia mondiale.          

Gli immigrati: 4,4 miliardi spediti a casa
di Stefania Tamburello (Corriere.it, 28 dicembre 2007)

Elisabetta lavora da cinque anni come badante a Roma. Viene dall'Equador. E negli ultimi tempi è sempre più soddisfatta per il suo lavoro. Come lei anche Luisa del Perù o Lisetta che invece arriva dalle Filippine. Il motivo? L'apprezzamento del dollaro sull'euro che ha fatto lievitare il valore dei soldi che ogni mese riesce a mandare a casa, visto che in America Latina, come in Asia, la moneta di riferimento resta il biglietto verde. Ne beneficia la sua famiglia, ma anche l'economia del suo Paese che come molti altri trova nel denaro inviato dagli emigranti il principale sostegno allo sviluppo. Basti pensare che le rimesse dei lavoratori all'estero rappresentano molto spesso per i Paesi in via di sviluppo una voce più significativa degli aiuti ufficiali e della cancellazione del debito. In quest'ottica si può dire che l'Italia sia ai primi posti tra i «benefattori ».
Il calcolo lo ha fatto due anni fa - ed è il più recente su vasta scala - il Fondo monetario internazionale rilevando che sulla base dei dati del 2004 gli Usa sono al primo posto tra i Paesi da cui partono le rimesse mentre l'Italia è al nono. In Europa invece, e i dati diffusi da Eurostat sono relativi al 2006, l'Italia è al terzo posto dopo Spagna e Gran Bretagna con un volume di quasi 4,4 miliardi di rimesse inviate all'estero su un totale di 27 miliardi di euro (nel mondo il totale è di 226 miliardi di dollari).

Le cifre e la graduatoria sono però nel frattempo cambiate. Perché dopo aver quasi esaurito a fine anni '80 il flusso inverso delle rimesse incassate, l'Italia presenta un trend costante di aumento delle somme inviate all'estero dai lavoratori stranieri. Negli ultimi tre anni, poi, c'è stata un'accelerazione e il 2007, stando ai dati più recenti segnalati dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio italiano cambi, si avvia a produrre un nuovo record delle rimesse degli immigrati. Che, e il fatto non è certo privo di importanza, costituisce una voce piccola ma non trascurabile della nostra bilancia dei pagamenti.
Le cifre ufficiali sottostimano il fenomeno perché prendono in considerazione solo i canali bancari e da ultimo le segnalazioni dei principali money transfer, ivi compreso il canale postale. Sfuggono così alle statistiche i trasferimenti fatti attraverso piccoli intermediari non riconosciuti oppure tramite conoscenti o familiari. A livello mondiale l'Fmi ritiene che il volume del sommerso sia il 50% dell'emerso, mentre c'è anche chi arriva ad ipotizzare moltiplicatori di 3 o 5 volte.

In Italia i dati (che per la prima volta comprendono anche le segnalazioni dei principali money transfer) segnalano rimesse per 4,35 miliardi di euro nel 2006 contro i 3,9 miliardi del 2005 e i 2,7 miliardi del 2004. Nel 2007, solo nei primi sei mesi, le rimesse hanno superato i 2,67 miliardi di euro, praticamente la cifra dell'intero 2004. Se si calcola anche luglio la somma complessiva supera i 3,18 miliardi. Di contro il flusso inverso, cioè le rimesse degli italiani all'estero che ancora provengono da Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Regno Unito, Spagna, Svizzera, Canada e soprattutto Stati Uniti, ha raggiunto nei primi 7 mesi del 2007 i 154 milioni (248 nel 2006, 233 nel 2005 e 228 nel 2004). Negli ultimi tre anni, rileva la Banca d'Italia nella sua relazione annuale, tra i primi quindici Paesi destinatari delle rimesse figurano stabilmente ai primi posti Romania, Cina, Filippine e Marocco che pesano per circa il 50% del totale.
L'importanza della Romania e del Marocco in graduatoria è coerente con la prevalenza dei loro cittadini nel territorio italiano; quella della Cina e delle Filippine può riflettere invece un maggior ricorso a canali formali di trasferimento internazionale di fondi da parte degli immigrati più lontani dai propri Paesi di origine. Andando ancora più nel dettaglio il numero complessivo delle rimesse è stato, nel 2006, di 10,3 milioni e l'importo medio di ogni singolo invio è stato pari a circa 400 euro. Quanto alle province più attive, svetta Roma seguita da Milano.

Il tema delle rimesse non è però solo materia di statistiche. I flussi, e gli intermediari che trasferiscono i fondi, sono costantemente sotto osservazione per la normativa antiriciclaggio. Le informazioni statistiche, ha detto recentemente il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi davanti alla Commissione antimafia, «non consentono un riscontro sull'origine delle rimesse di cui una parte importante proviene verosimilmente da attività svolte in un contesto di economia sommersa che si presta all'evasione della normativa fiscale». Dopo l'inchiesta di due anni fa che ha portato nella rete della magistratura alcuni money tranfer, sono state introdotte regole più rigorose per l'esercizio di tale attività: gli intermediari che aderiscono ai circuiti internazionali sono 32 con Western Union (cui aderiscono Finint e Angelo Costa) e Moneygram (di cui le Poste sono referenti italiani) che gestiscono il 70% del valore e l'80% del numero delle rimesse. Gli «agenti finanziari» di cui tali intermediari si avvalgono sono circa 38 mila, di cui il 50% operativi nel settore dei trasferimenti di valuta. Ed è su questi che si indirizza principalmente l'attività di controllo della Guardia di finanza che nel 2006 ha svolto 410 indagini e ha segnalato 796 operazioni sospette riguardanti in gran parte soggetti cinesi e senegalesi.

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03 gennaio 2008
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