I segnali di un ritorno alla violenza omicida da parte di Cosa nostra stanno diventando troppi e preoccupanti
La ''mafia che spara'', quella che si è ripresentata prepotentemente il mese scorso con gli omicidi di Salvatore Vassallo a San Giuseppe Jato, e Nicolò Ingarao, boss emergente di Porta Nuova, nel pieno centro di Palermo (leggi), lo scorso venerdì sera è tornata a colpire.
Questa volta a cadere sotto i colpi d'arma da fuoco è stato Giuseppe Lo Baido, imprenditore di 36 anni, ucciso nel centro di Partinico, cittadina a 30 chilometri dal capoluogo siciliano.
Lo Baido era considerato dagli inquirenti elemento di spicco delle cosche. L'uomo, che aveva piccoli precedenti per rissa, è stato assassinato a colpi di pistola vicino alla sua abitazione. Alcuni passanti lo hanno trovato riverso sul cofano della sua automobile e hanno chiamato il 118, ma non c'era più nulla da fare.
Ad ucciderlo sarebbero stati due sicari. Vicino al luogo del delitto i carabinieri hanno trovato un'arma in un'auto bruciata, probabilmente utilizzata dagli assassini.
In un primo momento, gli investigatori che stanno indagando sull'omicidio erano convinti che l'uomo fosse stato colpito da una lupara, l'arma rinvenuta all'interno dell'auto bruciata. ''Probabilmente - hanno spiegato gli inquirenti - la lupara era stata portata come arma di supporto, ma per scappare era troppo ingombrante, così è stato deciso di lasciarla in auto e bruciarla per cancellare ogni impronta''.
Secondo le prime ricostruzioni dell'omicidio, Lo Baido stava scendendo dal suo fuoristrada, quando i killer gli si sono avvicinati e hanno fatto fuoco da distanza ravvicinata. Nonostante la strada in cui è avvenuto l'omicidio, via Cristoforo Colombo, si trovi nel centro del paese non ci sarebbero testimoni. I vicini di casa di Lo Baido, interrogati dai carabinieri, hanno sostenuto di avere sentito solamente colpi d'arma da fuoco.
L'imprenditore di Partinico, già un anno fa era sfuggito a un attentato ordito dalle cosche mafiose della zona, ma venne salvato dalle forze dell'ordine grazie ad alcune intercettazioni ascoltate in auto dagli investigatori. In particolare, nel corso di un'intercettazione ambientale, la polizia riuscì ad ascoltare in diretta il progetto di morte per Lo Baido. Scattarono così le manette per due piccoli pregiudicati, finiti in carcere solo per estorsione, visto che il piano per commettere il delitto non venne loro contestato.
Recentemente Lo Baido era stato negli Stati Uniti dove aveva incontrato il boss Francesco Nania, arrestato nei mesi scorsi dall'Fbi che scoprì il latitante al termine di un'inchiesta condotta con la Dda di Palermo. Secondo gli investigatori, inoltre, Lo Baido era vicino al boss latitante di Altofonte Mimmo Raccuglia.
Secondo il presidente della commissione nazionale Antimafia, Francesco Forgione: ''Sono diventati troppi i segnali di un ritorno alla violenza omicida da parte di Cosa nostra come strumento di risoluzione dei conflitti interni, per non essere preoccupati''. ''Se apparisse poi - ha detto ancora Forgione - che anche l'uomo ucciso era coinvolto nella ricerca di nuovi equilibri dopo le trattative della mafia siciliana con le famiglie americane, le preoccupazioni diventerebbero ancora più forti. Aspettiamo l'evoluzione delle indagini, ma è bene che tutti siano molto attenti ad analizzare ogni aspetto di una vicenda, che al momento, non sappiamo che sbocco potrebbe avere''.