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I sindaci della provincia agrigentina riprendono la battaglia dell'acqua. Un articolo di A. Spataro

19 settembre 2007

Agrigento, riparte la battaglia dell'acqua
di Agostino Spataro

In provincia di Agrigento, una delle più povere ed assetate d'Italia, la maggioranza dei sindaci di centrosinistra e non solo stanno combattendo, quasi in solitudine, una difficile battaglia contro la privatizzazione dei servizi idrici. Una lotta improba che - come vedremo - è possibile vincere e che mette in evidenza una asimmetria di comportamenti fra certe forze politiche che a Palermo e Roma si esercitano in futili litigi e un  paese reale che soffre, e ricomincia a lottare, contro insopportabili ingiustizie, l'aumento ingiustificato dei prezzi e la privatizzazione indiscriminata.  
Ad Agrigento, succede che dopo la privatizzazione delle copiose sorgenti dei monti Sicani in favore della Nestlè, si vorrebbe privatizzare la gestione dei servizi idrici. Altro che bene comune! Se vuoi bere la tua acqua in bottiglia la devi pagare, a caro prezzo, alla multinazionale svizzera, se ti arriva in casa la devi pagare ad un'improvvisata associazione temporanea d'imprese (Ati) che si vorrebbe accaparrare la gestione del servizio, per trent'anni.
Pagare, sempre pagare! La povera gente non ne può più di pagare tasse e balzelli allo Stato, alla regione, ai comuni e contemporaneamente all'anti-Stato ovvero alla mafia che qui è più esigente dello Stato. E ora pagare tariffe raddoppiate o triplicate per la raccolta dei rifiuti o per il servizio idrico... Anche con effetto retroattivo, addirittura a partire dal 2004 come ha deciso la Regione per finanziare gli sgangherati carrozzoni clientelari chiamati Ato rifiuti.
Ma quanto deve guadagnare un pensionato o un padre di famiglia monoreddito? Che cosa deve succedere perché gli strateghi del nulla si rendano conto che la situazione sociale del mezzogiorno sta andando fuori controllo?

E qui mi fermo, perché desidero raccontare una storia, una brutta storia, che ruota attorno alla privatizzazione della gestione dell'acqua in provincia di Agrigento a cui, da tempo, si oppone la maggioranza dei sindaci di ogni coloritura politica, contro l'agenzia regionale dell'acqua e dei rifiuti, l'Ati e una minoranza di sindaci che, a tutti i costi, la vorrebbero varare.
La battaglia è ripresa in questi giorni dopo una riunione al Palazzo Ducale (dei Tomasi di Lampedusa), sede di rappresentanza del comune di Palma Montechiaro, in cui la maggioranza dei primi cittadini hanno chiesto la convocazione urgente dell'assemblea dell'Ato-idrico per affrontare due questioni essenziali: la revoca della deliberazione del commissario ad acta che ha approvato gli esiti (contestatissimi) della gara pubblica di aggiudicazione ai privati dei servizi idrici dell'intera provincia e il rilancio dell'ipotesi della gestione consortile pubblica.
Si vogliono, cioè, annullare gli effetti abnormi e paralizzanti di una manovra maldestra e antidemocratica mirante ad imporre la privatizzazione contro il volere dei cittadini e dei consigli comunali che minacciano di non consegnare gli impianti idrici all'Ati, unica partecipante alla gara pubblica per la concessione trentennale della molto appetitosa gestione del servizio.

E non si tratta di chiacchiere, ma di una richiesta formale, inequivoca, di grande valore sociale che però non incontra un adeguato interesse della politica e degli stessi media, in tutt'altre faccende affaccendati. Meraviglia, ad esempio, che certi castigapolitici scendano da Milano per fare, legittimamente, i conti in tasca a sindaci e a deputati e trascurino un caso così emblematicamente scandaloso, per altro gestito da un agenzia regionale il cui manager guadagna 1.530 euro (lordi) al... giorno. Altro che indennità parlamentari! 
O, forse, è sconveniente occuparsi di lucrose privatizzazioni come questa che - come denunciano i sindaci - si vorrebbe imporre con la prepotenza, a danno dell'interesse pubblico e della sovranità costituzionale degli enti locali?
Comunque sia, la battaglia è ripresa con più forza e con buone possibilità di riuscita. Dalla parte dei sindaci vi sono i numeri e tante buone ragioni. Difetta - come detto - il sostegno delle forze politiche verso un movimento di resistenza locale ma di grande valore universale che considera l'acqua come bene comune e risorsa inalienabile dell'umanità. E, dunque, non commerciabile.
E' questo il senso che si coglie nelle parole di Rosario Gallo, sindaco della giunta di centro-sinistra di Palma Montechiaro: ''Il movimento dei sindaci agrigentini oggi è più forte e trasversale. Questa è una battaglia di tutti cittadini, non è di sinistra né di destra. La nostra vittoria potrebbe segnare un'inversione della tendenza privatistica che ha prodotto risultati davvero disastrosi, a scapito della qualità del servizio e dell'economia delle famiglie e delle imprese costrette a pagare tariffe doppie o triple''.

Insomma, per i sindaci la privatizzazione non è la via obbligata. A base della loro azione c'è la denuncia, lucida e severa, delle gravissime responsabilità degli organi del governo regionale di centro-destra e di quei funzionari pubblici che tentano di forzare le cose pur di favorire inconfessabili interessi privati. A cominciare dal conflitto d'interessi che inficia la legittimità delle procedure e della stessa associazione temporanea d'imprese (Ati), unica partecipante alla gara pubblica d'appalto, giacché una quota delle sue azioni appartengono al consorzio del Voltano il cui CdA è composto da sindaci che sono anche componenti dell'assemblea dell'Ato per cui si trovano nella discutibile condizione di essere promotori e beneficiari dell'appalto.
Nonostante la notifica dell'esistenza di tale palese incompatibilità, il presidente dell'Ato e l'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque hanno voluto procedere con tempi e procedure degne di miglior causa. Tutto si è svolto, con fare sospetto, fra Natale, Capodanno e l'Epifania.
Non credo che vi siano precedenti di cotanta solerzia nella pubblica amministrazione siciliana.

Dal documento dei sindaci, riportiamo alcuni passi di questa stupefacente cronistoria. Il 21 dicembre 2006, il presidente dell'Ato, ''omettendo di notificare la diffida circa l'incompatibilità, con telegramma, recapitato nella tarda mattinata del 22, convoca l'assemblea per le ore 23,00 dello stesso giorno e per le 9,00 del giorno successivo, in violazione del termine stabilito dallo statuto per la convocazione dell'assemblea''. Insomma, questi poveri sindaci sono stati convocati alla vigilia di Natale, a mezzanotte, per decidere di un atto così complesso e importante che affida, per tre decadi, il servizio idrico di un'intera provincia ad una ditta improvvisata ed unica partecipante.  
E, visto che l'assemblea andò a monte, l'imperterrito manager dell'agenzia regionale, dottor Felice Crosta, ''il 28 dicembre, con inusitata solerzia, nel cuore delle feste natalizie, decreta la nomina di un commissario ad acta'' col compito di approvare il pluricontestato esito della gara d'appalto.
Il 9 gennaio all'assemblea dell'Ato, 29 sindaci su 43 votano contro l'affidamento ai privati, ma non  raggiungono il fatidico 65% richiesto da un'interpretazione alquanto discutibile della norma.
Si arrivò solo al 61% perché, all'improvviso, venne a mancare il voto contrario del sindaco di Licata (che avrebbe fatto superare il 70%), il quale lasciò la sala - a quanto si disse - per andare... a fare pipì.
Mai pipì fu tanto provvidenziale! Giacché a causa di quell'assenza quel 61% dei voti fu dichiarato ''infruttuoso'' e richiamato in servizio il commissario il quale, il 18 gennaio, approvò gli esiti della chiacchierata gara.

Insomma, una brutta storia che si verifica in una provincia fra le più assettate della Sicilia.
Tuttavia, i sindaci non demordono e fervono i preparativi in vista dell'assemblea. Oggi, i numeri ci sarebbero visto che il sindaco An di Licata, autore di quell'improvvida pisciata, si è ''convertito'' al pubblico, dopo un incontro con padre Alex Zanotelli e col neo-sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, in coerenza con il suo programma elettorale, ha recentemente ribadito la sua contrarietà alla gestione privata. Insomma, in questa provincia, povera ed emarginata,  potrebbe accadere che la formica fermi l'elefante della privatizzazione dilagante.

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19 settembre 2007
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