Ieri allo Zo Culture la Matematica decostruttiva del Sol Levante
Sul palco, attiguo alla sala bar, sono saliti due personaggi con gli occhi a mandorla e dall'aria fanciullesca, definiti da alcuni come "uno stupefacente duo giapponese che alla tradizione musicale del proprio paese ha preferito le elucubrazioni intellettuali jazz, rock o progressive che siano".
La definizione non è fra le più appropriate, perchè questo duo, prodotto dalla Tzadik (la casa discografica del poliedrico sassofonista americano John Zorn), non ha preferito "le elucubrazioni" di una musica tipicamente occidentale a quella della loro tradizione, perchè, nel loro musicale frullato, si trovano tracce di quello che è un, vero e proprio, percorso fatto dalla musica nipponica dalle dinastie Ming ai giorni della globalizzazione.
Due musicisti che con voce e basso sono riusciti ad abbracciare tutta la cultura musicale mondiale in un nervosissimo pastiche che si risolve in una strutturazione musicale che potremmo (per puro gioco) definire Matematica Decostruttiva.
Maestri di stupefacente precisione e coesione, potrebbero risultare ad un primo ascolto difficili d'assimilare, se non respingenti, per via della claustrofobica atmosfera che riescono a creare (tipica atmosfera che si può rintracciare in tanti lungometraggi giapponesi animati e non, vedete Akira e Tetsuo), ma ad un ascolto più attento il materiale rintracciabile all'interno è innumerabile, da Bizet, al vecchio Blues, dall'Avatguard Jazz alle sigle di Lupin.