Ieri maggioranza di ''SÌ'' al Senato nei confronti del decreto-legge che proroga la missione italiana in Iraq
Secondo Berlusconi che l'esercito italiano rimanga è volontà del popolo iracheno
Con 141 voti favorevoli, 112 contrari e un astenuto il Senato ha approvato ieri, 16 febbraio, il decreto-legge che proroga la missione italiana in Iraq. Il provvedimento è passato all'esame della Camera.
Il risultato della votazione è comunque andata secondo le previsioni: centrosinistra compatto (Udeur escluso: Mastella vota con la maggioranza), contro l'approvazione del rifinanziamento della missione in Iraq.
L'approvazione è giunta a poche ore dalla trasmissione del video dei sequestratori della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena. Una visione, quella della Sgrena che, piangendo, chiede aiuto e si appella al Governo e agli italiani perché l'Italia lasci l'Iraq, che si scontra con le immagini evocate l'altro ieri, nel corso del dibattito in Aula, dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Quelle di ''donne e uomini, che alcuni pensavano intimiditi dal terrorismo, che si sono messi in fila per partecipare alle prime libere elezioni della loro storia e della loro vita''.
''L'Italia è orgogliosa di aver contribuito a questo risultato'', ha aggiunto Berlusconi, ricordando i nostri soldati caduti a Nassirya. I militari italiani, ha proseguito il premier, sono pronti a rimanere in Iraq ''finché ce ne sarà bisogno, finché gli iracheni ce lo chiederanno'', e torneranno in Italia ''quando l'Iraq si sentirà sicuro''.
Berlusconi ha poi ribadito che ''l'Italia non ha partecipato alla guerra'', ma ''i nostri soldati sono andati in quel Paese per assicurare, subito dopo la guerra, la sicurezza, la ricostruzione, l'avvio del processo di democratizzazione insieme ai soldati di trenta altri Paesi sulla base della legittimazione dell'Onu''.
Purtroppo sono molti gli iracheni che non la pensano così e che vedono nella volontà della coalizione armata di portare a tutti i costi la democrazia, un indebita occupazione che nel tempo si è sempre più resa colpevole di violenza insieme agli estremisti.