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II Indagine Istat sulla Cooperazione Sociale: una risorsa anche per le pubbliche amministrazioni

09 maggio 2006

Cos'è veramente la cooperazione sociale
di S. Sacconi - E. Battaglia (Aise, aprile 2006)

Cooperazione sociale: cos'è veramente? Una forma economica nonprofit, una copertura per interessi speculativi, una maschera per il lavoro nero, un'impresa come le altre?
Per chiarirsi le idee è bene partire da alcuni numeri che ben delineano la realtà che ci accingiamo a scoprire. Sono i numeri della seconda rilevazione dedicata dall'Istat a questo settore, numeri che fotografano la situazione a fine 2003.
Le cooperative sociali italiane, a quella data, sono oltre settemila, delle quali 6.159 in attività. Nel settore lavorano nel complesso quasi 190 mila lavoratori retribuiti: 161.248 con contratti di lavoro dipendente e 27.389 con contratti di collaborazione. A questi vanno aggiunti 27.715 volontari e 3.357 obiettori di coscienza, 807 religiosi e 497 lavoratori interinali.

Nel complesso, dunque, il settore mobilita oltre 221 mila persone, per la stragrande maggioranza regolarmente retribuite e in grandissima parte - un cospicuo 73% - inserite in una condizione contrattuale fissa e a tempo indeterminato. I collaboratori invece rappresentano, così come i volontari, un modesto 12,5% del totale, mentre i lavoratori interinali non superano, sommati ai religiosi, uno sparuto 0,6%. La presenza delle donne è un'altra nota di merito: su dieci persone impiegate nella cooperazione sociale a fine 2003, ben sette appartengono al gentil sesso.
Dal 2001, anno a cui si riferiva la precedente rilevazione, il numero delle imprese sociali ha registrato un incremento dell'11,7%, mentre quello degli occupati una crescita del 9,7%. Il valore della produzione registrato dalla cooperazione sociale ammonta, sempre al 2003, a 4,5 miliardi di euro, con una media di 720mila euro per ogni cooperativa.
I consorzi censiti sono 224. Particolarmente significativi i dati riguardanti il periodo di costituzione delle cooperative sociali: quelle nate nel biennio 2002-2003 sono il 5,8% del totale, quelle costituite fra il 1997 e il 2001 sono il 35,9%, mentre quelle sorte fra il 1992 e il 1996 il 32,1%. Si tratta, dunque, di un settore produttivo “giovane”, ma giammai marginale, essendo in grado di dare un contributo di rilievo alla correzione di una delle carenze più vistose della situazione occupazionale italiana: la scarsa presenza di manodopera femminile. Parlando di contributi importanti per la società tutta, poi, la cooperazione sociale si dimostra capace anche di sostenere concretamente la capacità e la voglia di “fare impresa” delle giovani generazioni.

È interessante notare come, per circa tre quarti, la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori delle cooperative sociali sia inquadrata contrattualmente in posti di lavoro stabili: un dato che conforta quello nazionale dove, come sottolinea il recente rapporto economico della Banca d'Italia, un'assunzione di giovani su due dà luogo a un rapporto di lavoro precario. I dati su citati trovano pieno riscontro, per esempio, nell'esperienza della cooperativa sociale integrata Capodarco di Roma, che ha recentemente festeggiato il suo trentesimo anniversario: un'impresa sociale che ad oggi dà lavoro a più di 1500 persone. Donne per il 70% e persone con disabilità per il 40%, sono le caratteristiche fondamentali del socio modello di questa importante cooperativa romana, una cooperativa caratterizzata da una forte professionalizzazione dei suoi soci lavoratori e da un'ampia partecipazione democratica. Il bilancio approvato nel 2004 parla di circa 18 milioni di euro di utile, milioni destinati a essere ampiamente superati nell’esercizio 2005.

Tre sono le considerazioni che devono essere fatte a commento di questi dati.
Primo: la cooperazione sociale è un veicolo d'inclusione sociale attraverso il quale, parti potenzialmente vitali della popolazione, in precedenza relegate ai margini (i disabili, le donne e giovani), possono trasformarsi in risorsa attiva e socialmente riconosciuta.
Secondo: la cooperazione sociale promuove, non a parole ma attraverso le sue realizzazioni, un profondo mutamento della mentalità diffusa, che prefigura una nuova e più comprensiva visione della cittadinanza sociale.
Terzo: dietro i dati dell'Istat, è evidente anche il contributo che cooperazione sociale offre a quella seria riforma del rapporto dei servizi pubblici con i cittadini-utenti da un lato, e dall'altro con la dimensione del lavoro organizzato, della progettualità, dell'impresa, di cui ormai c'è urgente bisogno in Italia.

Dati alla mano, la cooperazione sociale rappresenta oggi, anche per la pubblica amministrazione, un interlocutore imprenditoriale e progettuale credibile: capace di fornire non una manodopera subordinata, ma progetti tesi al rinnovamento dell'offerta dei servizi, alla loro modernizzazione, ad una migliore rispondenza alle esigenze del cittadino-utente sempre meno disposto ad accontentarsi di un servizio standardizzato. E poiché tale offerta progettuale è proposta da soggetti imprenditoriali attraverso cui si esprime un grande moto d’inclusione sociale e di riscatto morale, questo rapporto con l'amministrazione pubblica corrisponde anche a un interesse profondo delle lavoratrici e dei lavoratori, siano essi “normali” o “diversamente abili”, che in quelle cooperative sono associati e lavorano.

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09 maggio 2006
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