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Il 20 Novembre del 1989 moriva lo scrittore illuminista Leonardo Sciascia

''Non ho, lo riconosco, il dono dell'opportunità e della prudenza ma si è come si è''.

20 novembre 2004

Il 20 Novembre del 1989 moriva lo scrittore ''illuminista'' Leonardo Sciascia.
«Non ho, lo riconosco, il dono dell'opportunità e della prudenza ma si è come si è».
Con questa sua frase si potrebbe riassumerne tutta la sua persona e la sua vita... 

- L'apprendistato letterario
- L'impegno e le opere

Leonardo Sciascia nacque a Racalmuto, piccolo paese dell'entroterra siciliano, tra Agrigento e Caltanissetta, l'8 gennaio 1921.
Sciascia amava parlare dei primi anni della sua infanzia trascorsi accanto al nonno paterno Leonardo, descritto come ''un gran lombardo alla Vittorini dagli occhi azzurri, un settentrionale (come io non ero)''. Il padre era un impiegato della zolfara come il nonno il quale lavorava lì sin dall’età dei nove anni, iniziando da caruso per arrivare a ricoprire il ruolo di amministratore.
A sei anni il piccolo Leonardo inizia a frequentare la scuola con i figli dei contadini e degli zolfatari: lui, figlio di un impiegato, andava vestito in maniera diversa dai suoi compagni di classe, portando, ad esempio, le scarpe perfino d'estate. Amava la lingua italiana e svolgere temi, ma la storia era la sua vera passione e prediligeva la figura di Napoleone. La scuola fu il primo luogo d'incontro con la scrittura.
Sciascia avrebbe parlato in seguito di una passione quasi feticistica verso gli oggetti strumentali alla scrittura: carta, inchiostro, pennini, matite, quaderni, nonché della magia insita nell'atto dello scrivere, della possibilità magica, vale a dire, di fermare il pensiero, di far consistere le cose nella scrittura.
Già dall'età di otto anni si era manifestata in lui la fame insaziabile di libri, relativamente ai volumi disponibili a Racalmuto, un centinaio di testi tra i quali I miserabili, i libelli del Courier, I promessi sposi, Il fu Mattia Pascal, Il rosso e il nero di Stendhal, Il paradosso sull’attore comico di Diderot, i romanzi di William Galt, le Memorie di Casanova.

A quattordici anni si trasferì a Caltanissetta con la famiglia e si iscrisse all'Istituto Magistrale ''IX  Maggio'' dove insegnava Vitaliano Brancati che fu un modello per lui giovane studente: lo scrittore catanese non fu nemmeno un suo insegnante, ma Sciascia era un assiduo lettore di ''Omnibus'', dove venivano pubblicati gli articoli di Brancati. 
Giuseppe Granata, futuro senatore del Partito Comunista, fu tra i suoi insegnanti e gli fece conoscere gli autori dell'Illuminismo, nonché la letteratura americana.
Il territorio di Racalmuto, che in arabo significa ''villaggio morto'', era abitato da contadini e piccoli proprietari terrieri e Sciascia, dopo il diploma, venne assunto nel 1941 all'ammasso del grano, dove restò fino al 1948, conoscendo personalmente e per la prima volta, la realtà del mondo rurale del suo paese natale.
Nell'ultima fase del fascismo simpatizzò politicamente per il Partito Comunista.
Antiseparatista convinto, dopo la caduta del fascismo, non aderì più al Partito Comunista, ma si schierò di volta in volta in tutti i partiti democratici in cui militavano amici e dirigenti il cui passato politico e la stima personale alimentavano la sua fiducia. Fu sempre sensibile ai problemi e alle istanze sociali, pur restando fuori dal PCI e nonostante le sue idee più volte combaciassero con quelle ufficiali del partito.

Si sposò nel 1944 con Maria Andronico, maestra della scuola elementare di Racalmuto ed il matrimonio fu un evento  importante nella sua vita per la serenità che riuscì ad infondergli.
Si iscrisse pure alla Facoltà di Magistero di Messina dove sostenne qualche esame, ma già in quegli anni, intanto, andava scrivendo molto per se stesso, riempiendo quaderni di poesie, di favole, di critiche di film che vedeva.
Sempre in quel periodo assisteva ad alcuni processi per infrazione alle leggi sul razionamento allora vigenti, in cui venivano perpetrate ingiustizie ai danni dei più deboli con sentenze inique e parziali. Il fratello morì nel 1948 e le ragioni del suo suicidio furono per lui sempre incomprensibili. L'anno successivo alla morte del fratello Sciascia divenne insegnante nelle elementari del suo paese.

L'apprendistato letterario
Nel 1952 con l'editore Bardi pubblicò ''La Sicilia, il suo cuore'', raccolta di poesie con disegni di Emilio Greco. Sempre con l'editore Bardi nel 1954 pubblicò ''Le favole della dittatura'', composte da 27 brevi testi in prosa, tra cui alcune riletture di fiabe famose, recensite in seguito da Pasolini. Nello stesso anno curò un'antologia di poesie romanesche ''Il fiore della romanesca'' con una premessa di Pasolini.
Nel 1953 scriveva ''Pirandello e il pirandellismo'', testo critico che vincerà il premio Pirandello della Regione Siciliana. Intanto Sciascia intratteneva rapporti sempre più frequenti e vicini con Caltanissetta e soprattutto con Salvatore Sciascia, titolare della libreria omonima ed editore, che raggruppava intorno a sé i migliori intellettuali della città tra i quali emergeva Luigi Monaco.
Lo scrittore venne chiamato a dirigere dall’editore Sciascia la rivista ''Galleria'' di cui fu direttore fino al 1959. Nella collana vennero pubblicate poesie, saggi, recensioni, critiche, racconti e il giovane Leonardo riuscì a integrarvi la presenza di testi letterari di profilo nazionale e internazionale con altri prettamente siciliani, di tipo antropo-etnografico. Molti furono i contributi di Sciascia su giornali e riviste di quegli anni a dimostrazione del suo interesse per queste richieste di collaborazione; nel 1954 scrisse per ''Letteratura'' il necrologio di Brancati. ''Le parrocchie di Regalpetra'' fu pubblicato nel 1956 da Vito Laterza, ma delle pagine di quest'opera apparvero su molte riviste di quell'anno. Il libro piacque molto a Pasolini, a Trombatore e ad altri scrittori ed intellettuali e vinse il premio Crotone nel 1956.
Nel 1957 vennero pubblicati nei ''Gettoni'' i tre racconti degli ''Zii di Sicilia'': ''La zia d'America'', ''Il quarantotto'' e ''La morte di Stalin'', valutati in modo negativo da Italo Calvino.
Ma Sciascia presentò i primi due sotto il titolo di ''Due storie italiane'' al concorso per inediti di Lugano ''Libera Stampa'', vincendo il premio nello stesso anno.
Tornando da Roma, alla fine del 1958 si stabilì definitivamente a Caltanissetta, iniziando a lavorare in un ufficio del Patronato scolastico. Nel 1961 vennero pubblicati tre libri: ''Il giorno della civetta'' (Einaudi), ''Pirandello e la Sicilia'' (Salvatore Sciascia editore), una seconda edizione de ''Gli Zii di Sicilia''.

L'impegno e le opere
''Il giorno della civetta'' fece conoscere al grande pubblico il nome dello scrittore di Racalmuto. La reputazione di ''mafiologo'' attribuita a Sciascia, in seguito alla pubblicazione di questo romanzo, è riduttiva e fu sempre detestata dallo scrittore. Certamente un aspetto originale del libro è costituito dalla novità dell'argomento per i tempi in cui veniva trattato, ma la vera originalità è senz'altro di profilo socio-letterario. Sciascia sosteneva che, con la sua narrazione, aveva esemplificato la realtà mafiosa, che fosse stato il primo a porre l'accento, in un'opera narrativa di largo consumo, sul problema della mafia, trattato fino ad allora solo da storici, sociologi, antropologi, in studi talvolta molto interessanti, addirittura classici.
Nel 1963 fu pubblicato il romanzo storico ''Il Consiglio d’Egitto'' in cui Sciascia volle fare la cronaca del massacro, avvenuto a Caltagirone alla fine del '700, dei presunti giacobini.
Nel 1966 Einaudi diede alle stampe ''A ciascuno il suo'', un giallo, per dirla con Calvino, ''che non è un giallo, letto con la passione con cui si leggono i gialli, e in più il divertimento di vedere come il giallo viene smontato, anzi come viene dimostrata l’impossibilità del romanzo giallo nell'ambiente siciliano''. L'opera fu accolta positivamente negli ambienti comunisti, come romanzo di grande impegno e passione civile, mentre Sciascia sosteneva che fosse espressione del fallimento del centro-sinistra e non un giallo sulla mafia. Il regista Elio Petri realizzò un film nel 1967.
Nel 1967 ''Morte dell'inquisitore'' e ''Le parrocchie di Regalpetra'' vennero pubblicate in un solo volume: la prima opera rappresentava l'immagine di un eretico antenato, Fra Diego, figura ideale per lo scrittore; la seconda la condizione contingente del paese natale, base fondamentale di tutta la sua opera.
Con il fotografo Ferdinando Scianna, pubblicò nel 1965 il libro ''Feste religiose in Sicilia'': Sciascia rimase sempre molto legato a Scianna, sensibile com'era alle arti visive, come pittura e scultura, al cinema e alla fotografia.

Nel 1967 Sciascia si trasferì da Caltanissetta a Palermo. A Racalmuto, nella casa in campagna di contrada Noce, tornava d'estate per scrivere e quando gli impegni glielo permettevano. Con grande interesse Sciascia si avvicinò anche alla scrittura teatrale, dalla quale, dopo qualche prova, si discostò per la difficoltà di accettare la mediazione della figura del regista, mediazione da lui ritenuta ''devastatrice dei testi''.
Sempre nello stesso anno iniziò a collaborare al Corriere della Sera.

Nel 1974 usciva ''Todo modo'' che Elio Petri due anni dopo avrebbe fatto diventare un film nel quale palese sarebbe apparsa la satira contro la Democrazia Cristiana e i suoi uomini politici. ''Civiltà cattolica'' sferzò un duro attacco a Sciascia, condannando il libro e l'intrusione inammissibile, da parte di un materialista come lui, nei problemi e nei misteri soprannaturali della fede e dello spirito. In un'intervista a L'Espresso lo scrittore aveva già parlato  di quest'opera che avrebbe intitolato ''Esercizi spirituali'', affermando che si sarebbe trattato di un ''Contesto'' di tipo cattolico in cui protagonisti erano ''non solo i democristiani ma pure i cattolici che fanno la politica''. Ma secondo Sciascia a ''Todo modo'' sarebbe seguito solo un lungo silenzio e non le reazioni del mondo comunista al ''Contesto'', poiché ''i cattolici sanno che solo il silenzio può uccidere un libro''.
A partire dal 1973 Sciascia iniziava a dialogare in modo costruttivo con i dirigenti comunisti e questi rapporti positivi portarono alla candidatura nel giugno del 1975 nella lista comunista per il consiglio comunale di Palermo in cui fu eletto come indipendente, occupando il secondo posto per numero di voti dopo Occhetto, segretario regionale del partito, mentre terzo fu il pittore Renato Guttuso. Nel 1977 Sciascia si dimetteva, lamentando un'inerzia di fatto del consiglio comunale e dell'amministrazione.

Aldo Moro veniva sequestrato dopo la strage di via Fani il 16 marzo 1978: nonostante le prese di posizione di molti scrittori e intellettuali, Sciascia in quel periodo non fece sentire la sua voce. Ma nell'agosto dello stesso anno era già pronto ''L'affaire Moro'' che usciva contemporaneamente in Francia e in Italia, scatenando una serie di polemiche e reazioni nel mondo politico.
Nel giugno del 1979 Sciascia si presentava con il Partito Radicale alle elezioni politiche nazionali ed europee, superando in entrambe il turno elettorale e scegliendo di essere deputato del Parlamento italiano. Fino al 1983, anno delle elezioni politiche anticipate e del conseguente scioglimento delle camere, Sciascia si dedicò quasi esclusivamente ai lavori della Commissione d'inchiesta sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro. La relazione da lui presentata alla fine della Legislatura fu pubblicata nel 1983 con la ristampa de ''L'affaire Moro''.

Nel 1984 in occasione del bicentenario della nascita di Stendhal scriveva ''Stendhal e la Sicilia'', mentre per quello di Manzoni (1987) avrebbe pubblicato ''La Strega e il capitano''. Nel 1983 dava alle stampe una seconda raccolta di saggi intitolata ''Cruciverba''. In seguito alla pubblicazione di un articolo, il 10 gennaio 1987, nel quale commentava una ricerca di Christopher Duggan su ''La mafia durante il fascismo'' e affermava che l'antimafia poteva trasformarsi in uno strumento di potere ''anche in un sistema democratico, retorica aiutando e spirito critico mancando'', si scatenavano nuovamente forti polemiche nel mondo politico e giudiziario.
Ultimo suo lavoro fu ''Una storia semplice'', breve e intensissimo giallo uscito pochi mesi prima della morte, avvenuta nella sua casa di Palermo il 20 novembre 1989 dopo l'aggravarsi della malattia (una rarissima forma di mieloma del sangue) di cui soffriva da qualche anno. Nella chiesa di Santa Maria del Monte di Racalmuto furono celebrati i funerali ai quali partecipò l'intero paese e numerosissimi uomini di cultura e i maggiori rappresentanti delle istituzioni politiche.

Tratto dal sito del Parco Letterario Leonardo Sciascia www.regalpetra.it

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20 novembre 2004
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