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Il 41-bis sarà ancora più severo

Giro di vite annunciato dal ministero della Giustizia sul regime di carcere duro

21 luglio 2008

Il giro di vite del Governo sul 41-bis è arrivato sabato scorso, nel giorno del 16/o anniversario della strage di Via D'Amelio in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta. Ad annunciare la stretta sul regime carcerario previsto per i capimafia è stato il ministro della Giustizia Angelino Alfano, che ha scelto proprio via D'Amelio per comunicare di avere "diramato una circolare restrittiva che renderà ancora più difficili le comunicazioni tra i boss detenuti".
Giro di vite ribadito dal Guardasigilli ancora oggi, partecipando ad un'altra giornata di commemorazioni, a Palermo, questa volta nel ricordo di Boris Giuliano, il capo della Squadra mobile di Palermo ucciso il 21 luglio del 1979. La cerimonia si è tenuta di primo mattino in via Francesco Paolo Di Blasi, dove si sono dati appuntamento familiari della vittima, personaggi delle istituzioni e della politica.

"Sul 41 bis ha ragione il procuratore di Palermo Francesco Messineo. Spesso i giudici non lo mantengono"
. Così il ministro Alfano ha risposto ai cronisti che gli chiedevano un commento sulle dichiarazioni del capo della procura di Palermo. Messineo, infatti, in relazione all'inasprimento del 41 bis, deciso dal ministro con una circolare, aveva detto: "Ben venga tutto ciò che rende più efficace il 41 bis. Ma il problema al momento è, soprattutto, una più puntuale interpretazione delle norme sul rinnovo". Il riferimento del capo dei pm è alle recenti decisioni di alcuni tribunali di sorveglianza che, sostenendo che non ci fosse la prova dell'attualità dei contatti tra i padrini detenuti e le cosche, hanno revocato il carcere duro a decine di boss di Cosa nostra, 'ndrangheta e camorra. Una tesi che non piace a Messineo che chiede "un impegno a modificare le disposizioni sul rinnovo del regime penitenziario per i boss o a interpretarle in modo più puntuale".

I punti fondamentali della circolare - La decisione del ministro alfano mira a sanare uno dei principali vulnus della normativa, quello relativo, appunto, alla circolazione di informazioni in carcere e che segue di tre giorni la presentazione, da parte del senatore del Pdl Carlo Vizzini, di un disegno di legge di riforma complessiva del cosiddetto carcere duro.
Due i punti fondamentali della circolare Alfano, entrambi tesi a limitare la comunicazione tra gli uomini d'onore in cella.
Nelle due cartelle del provvedimento, secondo quanto appreso da fonti ministeriali, si forniscono agli istituti di pena indicazioni logistiche per ridurre le possibilità di contatto tra i reclusi: dallo spostamento dei boss in celle lontane tra loro, dove non sia possibile neanche comunicare parlando ad alta voce, al ricorso a prigioni 'blindate'. I direttori dei carceri sono inoltre autorizzati ad applicare sanzioni disciplinari ai detenuti che siano sorpresi a passarsi informazioni. L'altro aspetto, poi, riguarda la formazione dei cosiddetti "gruppi di socialità", cioè la possibilità dei sottoposti al regime del carcere duro di uscire talvolta dall'isolamento, ma solo in piccoli gruppi da tre a cinque. I criteri di formazione dei gruppi saranno, da ora, più rigidi.
I direttori dovranno evitare che entrino in contatto boss di origine geografica diversa o appartenenti a organizzazioni criminali diverse per impedire il nascere di eventuali alleanze, ma anche escludere che dei gruppi facciano parte vecchi e nuovi reclusi in modo da evitare che questi ultimi forniscano informazioni fresche.

Strutturale e più ampia la riforma prevista, invece, dal ddl Vizzini che prevede l'aumento della durata dei provvedimenti di applicazione del 41 bis disposti dal ministro della Giustizia, la competenza del tribunale di sorveglianza di Roma su tutti i ricorsi dei detenuti contro il provvedimento applicativo del carcere duro e l'inversione dell'onere della prova sulla cessazione del collegamento tra i capimafia e l'associazione criminale.
Non sarebbe più l'accusa a dover dimostrare l'attualità del contatto tra padrini e clan, nodo delle criticate decisioni dei tribunali di sorveglianza, ma la difesa a dover provare la cessazione dei legami.

[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it, Repubblica.it, Adnkronos.com]

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21 luglio 2008
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