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Il 70% degli italiani dice di sì ai farmaci al supermarket

Italiani affezionati alla farmacia, ma 'aperti' anche alla vedita dei medicinali in luoghi diversi

08 novembre 2008

Italiani affezionati alla farmacia, ma 'aperti' anche alla vedita dei medicinali in luoghi diversi come supermarket e parafarmacie. E' quanto emerge da uno studio del Censis e del Forum per la ricerca biomedica, presentato nelle scorse settimane a Roma, dove si rivela che oltre il 69% dei connazionali non mostra alcuna preclusione verso nuove modalità di distribuzione dei farmaci, anche se il 56,6% ritiene che sia necessaria la presenza di un farmacista nel punto vendita.
Gli italiani - risulta ancora dall'indagine, condotta su 1000 connazionali - sono comunque molto fedeli alla farmacia di fiducia: il 67% degli intervistati, infatti, si rivolge di solito alla stessa farmacia. E il farmacista (77%) segue il medico di famiglia (97%) come fonte di informazioni sui farmaci.

Quanto poi alla copertura farmaceutica pubblica, quasi il 61% ritiene sufficiente la disponibilità di farmaci mutuabili rispetto alle proprie esigenze di salute. Una promozione che, però, non è uniforme lungo la Penisola: si passa da oltre il 60% fra i cittadini nel Nord-ovest al 62,5% nel Nord-est, a più del 78% al Centro, per scendere sotto il 49% tra i residenti del Sud.
Dallo studio emerge inoltre che cresce la fiducia degli italiani nel medico di famiglia. Per oltre il 66% degli abitanti del Belpaese questo dottore è infatti la prima fonte di informazioni in materia sanitaria, una quota nettamente superiore rispetto al dato del 1998 (+12,9%). Il 20,4% ancora si affida ai consigli di familiari, amici o colleghi (-2,7% rispetto a dieci anni fa), mentre il 15,6% fa un salto dal farmacista (in crescita di oltre il 9% rispetto a 10 anni fa) e l'8,7% preferisce le ricerche online. In calo, invece, il ricorso alle classiche rubriche televisive (-13,8% rispetto al 1987), agli inseriti salute dei quotidiani (-12,6% dal 1987). Mentre quasi uno su quattro (il 23,4%) è ricorso alle terapie 'alternative' nell'ultimo anno: un dato che segna dal 2001 al 2008 un calo dello 0,2%.

Tuttavia esiste una linea di demarcazione netta tra sintomi gravi e sintomi lievi. Nel primo caso oltre il 73% degli italiani consulta subito il medico di base e il 16% si rivolge a uno specialista. Molto più articolato, invece, il comportamento in caso di sintomo lieve: il 47,6% tenta di curarsi stando a casa, variando l'alimentazione o riposando. Mentre in caso di piccoli acciacchi cresce la fiducia nei consigli di familiari e amici.
Infine, rileva il Censis, per gli italiani oggi star bene vuol dire "essere soddisfatti e tranquilli", poter svolgere le proprie attività quotidiane, e - sempre di piu' rispetto al passato - "non avere malattie". Ma sembra tramontare l'attenzione dogmatica agli stili di vita salutari: rispetto a 10 anni fa diminuiscono del 21,6% le persone che individuano nelle abitudini e nello stile di vita i fattori chiave per la buona salute, oggi pari comunque al 41,1% della popolazione, contro il 62,7% di soli 10 anni fa. Cresce, invece (del 10% rispetto al 1998) l'importanza e l'attenzione all'ambiente in cui si vive, ma anche ai geni (+6%) che possediamo.

Insomma, a giocare un ruolo chiave sono sempre di più aspetti che travalicano volontà e impegno dei singoli. Non sorprende, in quest'ottica, che per il 7,9% degli italiani un ruolo chiave per la buona salute lo giochino i progressi della medicina (+4,4%), mentre aumenta chi si affida alla Dea bendata: il 6,9% degli italiani (in crescita del 3,3% rispetto al 1987) è convinto infatti che il merito della propria buona salute vada, appunto, alla fortuna. [Adnkronos Salute]

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08 novembre 2008
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