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Il boss al 41-bis è depresso? Mandiamolo a casa!

Il Tribunale di Catania ha concesso i domiciliari al presunto capo del clan mafioso Pillera

04 giugno 2009

Da lunedì scorso Giacomo Maurizio Ieni, ritenuto il capo del clan mafioso Pillera di Catania, è passato dal regime detentivo del 41bis agli arresti domiciliari perché in stato depressivo.
E' la decisione che ha preso la terza sezione penale del Tribunale del capoluogo etneo accogliendo la richeista degli avvocati di Ieni per "gravi motivi di salute". Nella precedente udienza, in videoconferenza dal centro clinico per detenuti di Parma, Ieni era scoppiato in lacrime davanti ai giudici sostenendo di "essere fortemente depresso e di non riuscire a stare in carcere". Difeso dagli avvocati Enrico Trantino e Giuseppe Lipera, gli è stato quindi concesso di scontare la pena a casa.
Secondo il Tribunale, quindi, "l'affetto dei familiari" sarà per lui la terapia migliore per riprendersi e guarire. Il presunto capo del clan Pillera è in carcere dal 30 maggio del 2006 quando fu arrestato per associazione mafiosa nell'ambito dell'operazione "Atlantide" dei carabinieri del Ros contro un vasto giro di riciclaggio, che portò al sequestro di numerose imprese ritenute dalla Procura di Catania collegate a Cosa nostra.
"Il Tribunale - è scritto nel provvedimento - stima inutile esperire un ulteriore accertamento che finirebbe col confermare quanto è stato ripetutamente acclarato, col seguito di raccomandazioni che non è possibile tradurre efficacemente lontano dall'ambiente familiare, come ben sa chi ha un minimo di esperienza in materia. L'ambiente familiare appare allo stato insostituibile".

Secondo la perizia dello psicologo clinico Marco Lipera, depositata dai legali del presunto boss il  21 maggio scorso nella cancelleria della terza sezione penale del Tribunale di Catania, "gli stati ansiosi-depressivi da cui risulta affetto Giacomo Maurizio Ieni rappresentano pericolose minacce per la sua salute" tanto che in carcere "ha perso 20 chilogrammi di peso" e per questo "le attuali condizioni psicofisiche del soggetto non sono compatibili con le attuali misure di detenzione".
Secondo il perito di parte "Ieni presenta un quadro psicopatologico grave connotato da una condizione di turbamento emotivo" e con "una forte instabilità che si manifesta in sintomi somatici e gravi stati depressivi e d'ansia generalizzata".

La decisione del Tribunale è stata "fortemente contestata" dalla Procura di Catania che si è detta "estremamente sorpresa e sgomenta" sia "per la pericolosità sociale del soggetto" e visto che "nella perizie redatte non ce n'era alcuna che stabilisse che il suo stato di salute sia incompatibile con la  detenzione in un centro medico, così come si trovava ristretto". 
Scalpore e disapprovazione anche tra gli schieramenti politici. Per il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri si tratta di "una decisione che ci indigna, crea un pericolosissimo precedente e mina fortemente la credibilità delle istituzioni". In ambienti diversi per credo politico, il capolista di Sinistra e Libertà della Sicilia, Claudio Fava ha dichiarato che per i mafiosi di Catania il 41 bis equivale a una vacanza in campeggio, e urlando alla vergogna ha espresso sgomento per la situazione che vede detenuti depressi agli arresti domiciliari, e al contempo Santapaola che pubblica impunemente le sue lettere e le sue minacce sul giornale locale.
"Trovo scandalosa la vicenda del boss Giacomo Ieni e penso soprattutto che sia lesiva della credibilità dello Stato. Mi auguro che ci sia un modo per restituirlo al più’ presto alle patrie galere" ha dichiarato il senatore Carlo Vizzini, presidente della commissione Affari costituzionali e componente della commissione Antimafia. "Il boss in galera con il 41 bis si deprime e finisce prima in infermeria e poi viene destinato dal Tribunale agli arresti domiciliari, ritenendo - ha aggiunto Vizzini - che l'affetto dei familiari sarà per lui la migliore terapia. Mi domando - conclude il senatore - qual'è a questo punto la terapia per le famiglie delle vittime della mafia che i loro affetti familiari possono solo piangerli di fronte ad una lapide, a causa di vili mafiosi che con le mani grondanti di sangue si presentano, poi, nei Tribunali come pavidi agnellini".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, La Siciliaweb.it, LiveSicilia.it]

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04 giugno 2009
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