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Il ''capo dei capi'' etneo non parla

Santo La Causa, indicato come reggente del clan Ercolano-Santapaola, si è avvalso della facoltà di non rispondere

13 ottobre 2009

Dopo aver catturato, giovedì scorso, Santo La Causa, uno dei 30 ricercati più pericolosi d'Italia (LEGGI), la polizia ha scoperto un altro covo dove si nascondeva il superlatitante: una casa vicina alla villetta dove è stato eseguito il blitz, a Belpasso.
L'alloggio è stato scoperto dalla squadra mobile della Questura di Catania che aveva indagini in corso. Nel covo sono stati trovati proiettili dello stesso calibro della pistola che è stata sequestrata a La Causa, indicato come il reggente della cosca Ercolano-Santapaola e ritenuto il capo dei capi di Cosa nostra a Catania.
Il secondo covo sarebbe stato utilizzato sia da La Causa sia dall'altro latitante arrestato, Carmelo Puglisi, inserito nella lista dei 100 ricercati più pericolosi del Paese, e accusato di avere avuto un ruolo negli attentati all'imprenditore antiracket Andrea Vecchio.

Davanti al Gip di Catania, Laura Benanti, Santo La Causa si è avvalso della facoltà di non rispondere. Durante il brevissimo interrogatorio il suo legale, l'avvocato Carmelo Calì, ha contestato la consistenza giuridica della flagranza di reato per il reato di associazione mafiosa ipotizzato per il suo assistito.
Nei confronti di La Causa sono pendenti una condanna definitiva a sette anni di reclusione per estorsione  e un'ordine di carcerazione per associazione mafiosa emesso nell'ambito di un'inchiesta contro Cosa nostra.
La Causa era stato scarcerato il 2 agosto del 2006 in applicazione dell'indulto. Il boss era detenuto nel carcere di Parma in regime di 41 bis per scontare un residuo di condanna per ricettazione inferiore ai tre anni di detenzione e per questo potè usufruire dei benefici di legge. La notizia è stata confermata in ambienti qualificati.
Il presunto "capo dei capi" di Catania fu condannato nel maggio 2007, con sentenza definitiva passata in Cassazione, a sette anni di reclusione per estorsione (ai titolari di un parcheggio nel centro di Catania), ma nel frattempo si era reso irreperibile. Per questo la Procura generale di Catania emise nei suoi confronti un ordine di custodia cautelare in carcere, facendolo diventare ufficialmente un latitante. Nel dicembre dello stesso anno è stato emesso nei suoi confronti un ordine di arresto per associazione mafiosa nell'ambito dell'inchiesta 'Plutone'. Nel gennaio del 2004 è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Salvatore Vittorio a conclusione del processo di primo grado dell'inchiesta Orione, ma è stato prosciolto in secondo grado dalla Corte d'assise d'appello di Catania.
12/10/2009

Oltre a La Causa restano in carcere tutti e sette gli esponenti di spicco della cosca Santapaola, e un fiancheggiatore del clan, fermati nel blitz della scorsa settimana. Lo ha deciso il Gip Benanti che ha convalidato il loro fermo e emesso un ordine di carcerazione. Restano così detenuti anche l'ormai ex latitante Carmelo Puglisi; Ignazio Barbagallo, indicato come esponente di alcuni paesi etnei della cosca Santapaola; Francesco Platania, ritenuto il referente del rione San Cristoforo; Rosario Tripodo, 'reggente' di Picanello; Sebastiano Laudani, esponente di spicco dell'omonima famiglia; due esponenti storici di Cosa nostra a Catania, indicati come luogotenenti di fiducia del capomafia Benedetto 'Nitto' Santapaola, Enzo Aiello e Venerando Cristaldi; e Antonino Botta, un fiancheggiatore, che secondo i carabinieri aveva messo a disposizione la villa di Belpasso dove si teneva il summit. Per tutti la Dda della Procura etnea aveva chiesto, e ha ottenuto, gli arresti cautelari in carcere.

Uno degli arrestati sta collaborando - Uno degli arrestati nel blitz dei carabinieri dell'8 ottobre scorso che interruppe un summit di mafia del gotha di Cosa nostra di Catania sta collaborando con la giustizia. E' Ignazio Barbagallo, indicato come reggente della cosca Ercolano-Santapaola in alcuni paesi dell'Etna. Le sue dichiarazioni sono state utilizzate dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura che le ha inserite nella richiesta di ordine di custodia cautelare in carcere al Gip Laura Benanti che ha disposto l'arresto di Santo La Causa, di sette esponenti di spicco di Cosa nostra, compreso lo stesso Barbagallo, e un fiancheggiatore. La notizia della collaborazione di Barbagallo, che è stato trasferito in una località protetta sotto scorta, è stata confermata in ambienti legali e giudiziari. Barbagallo era un affiliato alla cosca Pulvirenti, poi transitato con il clan Ercolano-Santapaola, che, secondo l'accusa, controllava per conto di Cosa nostra i paesi di San Pietro Clarenza, Belpasso e Mascalucia.

[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it, Ansa.it, Adnkronos/Ing]

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13 ottobre 2009
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