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Il Capo dello Stato non può essere intercettato

Ingroia, Di Pietro, Grasso e Borssellino dopo la sollevazione del conflitto di attribuzione da parte del Quirinale

18 luglio 2012

"Ad essere sinceri non ci aspettavamo" da parte del presidente Napolitano una reazione simile e comunque "siamo sereni". Lo ha detto in un'intervista al direttore del Tg di La7, Enrico Mentana, il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, commentando lo scontro con il Colle. Secondo Ingroia, i magistrati di Palermo ritengono di "aver applicato la legge nel migliore dei modi, di non aver leso in alcun modo le prerogative del Capo dello Stato e anzi di aver usato il massimo delle cautele consentite dalla legge". La 'prova' delle cautele usate dalla procura, secondo Ingroia, è nel fatto che "non è uscita una riga sul contenuto delle intercettazioni e neppure sul numero delle intercettazioni di cui si discute". "Questa vicenda - ha proseguito il procuratore aggiunto - ci trova sereni e attenderemo la decisione della Corte Costituzionale con la dovuta serenità. Credo che quello che più conta è che a 20 anni dalla scomparsa di Borsellino ancora non tutta la verità è venuta a galla e che l'impegno della magistratura e, ci auguriamo, di tutte le componenti dello Stato e della società italiana, è di conquistare questa verità".
Che un problema vi sia, però, lo ammette lo stesso Ingroia visto che parla di un "vuoto di disciplina legislativa sul quale il Parlamento non ha mai legiferato benché sollecitato nel lontano 1997 dall'allora ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick per un caso analogo che si era verificato". Per questo l'auspicio è che "la Corte Costituzionale possa dirimere ogni dubbio ulteriore, se ce ne sono". Quel che è certo, conclude Ingroia, è che "la posizione della presidenza della Repubblica è finalizzata a ristabilire le regole su un punto in cui ci sono opinioni controverse".

Per l'ex pm e leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, il Colle ha mortificato le istituzioni. "Si rende conto che una scelta così drastica non nobilita le istituzioni, ma le mortifica? Ecco perché mi sento mortificato per la sua scelta molto chiusa nell'interpretare la Costituzione. Noi IdV invitiamo i giudici di Palermo a: 'Resistere, resistere, resistere'". Così Di Pietro in un video-messaggio rivolto al capo dello Stato. "Nel merito, signor presidente della Repubblica, stiamo parlando di un'indagine che riguarda la trattativa tra Stato e mafia - ha dichiarato ancora Di Pietro nel video-messaggio - e c'é il dubbio che persone di altissimo rango istituzionale, in questo caso stiamo parlando dell'allora ministro degli Interni, di altri esponenti del governo di allora e dell'allora ministro della Giustizia, abbiano raggiunto un accordo al ribasso con elementi di spicco della mafia al fine di garantirsi l'incolumità personale, mentre altre persone, tra cui Falcone e Borsellino, venivano ammazzate".
"In una situazione di questo genere, ma proprio su questo processo, signor presidente, lei ha trovato opportuno sollevare una questione di conflitto di attribuzione? Sicuramente, come gli stessi giudici hanno riconosciuto, lei non ha nulla da temere da quelle telefonate. E allora - aggiunge il leader dell'Idv - in uno Stato democratico, in uno Stato di diritto, non è più eticamente accettabile che chi gode delle immunità faccia un passo indietro per un fine nobile? Ossia quello di scoprire la verità sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, mettendo a disposizione tutto ciò che può essere messo a disposizione in un processo alle parti processuali?"

Ad intervenire dopo la sollevazione del conflitto di attribuzione da parte del Quirinale sulle intercettazioni, anche il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso. "I magistrati di Palermo hanno agito in buona fede, secondo come ritenevano fosse giusto applicare la legge. Ora la questione è in buone mani, deciderà la Consulta".
- ha spiegato Grasso a proposito del conflitto tra Colle e procura - una questione giuridica, il nostro ordinamento non prevede una norma specifica, bisogna aspettare il giudizio della Consulta. Il capo dello Stato - ha aggiunto - non può essere intercettato, lo è stato in modo occasionale. È giusto che un giudice terzo, la Consulta, decida come bisogna comportarsi in questi casi".
Dal Quirinale "sono stato chiamato a dare contezza della mia funzione istituzionale di coordinamento, non ho subito alcuna pressione a proposito dell'inchiesta sulla cosiddetta trattativa e neanche i magistrati di Palermo hanno subito pressione, come dichiarato fin dall'inizio". Chi cerca la verità, ha rilevato Grasso a margine di un'audizione alla commissione Giustizia della Camera, "non la può cercare sotto pressione, ci vuole collaborazione da parte degli altri. Per una vicenda così datata servono dichiarazioni spontanee che devono venire fuori da parte di chi sa". "Speriamo - ha aggiunto - che si possa fare luce su un passato buio della storia d'Italia. La magistratura deve continuare su questa linea, le questioni giuridiche sono in buone mani".

Per Rita Borsellino il conflitto di attribuzione sollevato da Napolitano è una scelta "inopportuna" che le ha suscitato una brutta sensazione. "Mi sento stordita, come se fossi stata schiaffeggiata". "Il rischio è", ha sottolineato la sorella del magistrato ucciso in via D'Amelio, "che il gesto del capo dello Stato venga percepito come un ostacolo alla ricerca della verità su ciò che accadde vent'anni fa, e anche dopo". Era inopportuno, ha insistito Rita Borsellino, "che Napolitano si facesse promotore di questa iniziativa in un momento cruciale della vita del Paese: la crisi incalza, le istituzioni vacillano, la politica non trova le risposte necessarie". "La situazione - ha concluso - è anche peggiore che nel 1992. Per questo occorre evitare che la giustizia si blocchi proprio mentre si sforza di fare «finalmente chiarezza su fatti molto gravi".

[Informazioni tratte da ANSA, LiveSicilia.it, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzogiorno]

- Conflitto di attribuzione (Guidasicilia.it, 17/07/12)

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18 luglio 2012
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