Il caso di Paolo Dorigo. In carcere per terrorismo, fa lo sciopero della fame dal settembre scorso
Paolo Dorigo, 45 anni, arrestato nel '93 per terrorismo, si è sempre dichiarato innocente
Il 2 settembre 1993, una bottiglia incediaria viene lanciata contro la base Usa di Aviano, senza causare morti né feriti. Un presunto complice dell'organizzazione che rivendica l'attentato, ora pentito, fa il nome di Paolo Dorigo, e lo accusa anche di una rapina compiuta qualche mese prima nel friulano. Ma sono accuse che arrivano solo durante le indagini. Al processo, nessuno parla. La condanna arriva ed è impietosa: 13 anni e mezzo di carcere per associazione con finalità di terrorismo.
Sono passati dieci anni dall'inizio della detenzione e Dorigo, che si è sempre dichiarato innocente, continua a lottare per la sua libertà con tutti i mezzi. Per due volte dà fuoco alla sua cella, provocandosi ustioni tali da essere operato d'urgenza. È da quel momento che la situazione fisica e psichica del paziente-prigioniero peggiora vertiginosamente. Violenze e torture, mai smentite in maniera assoluta dagli agenti di polizia penitenziaria, fanno il resto.
È dal 22 settembre 2004 che Paolo Dorigo ha scelto volontariamente di non toccare cibo. E ora il ''militante comunista e prigioniero dello Stato'' (come lui si definisce) Paolo Dorigo, 45 anni, in carcere da quasi dieci anni per reati di terrorismo, sta morendo.
Centinaia di persone hanno già sottoscritto un appello per salvarlo. Ma la risposta delle istituzioni, le uniche in grado di risolvere questa vicenda, tarda ad arrivare. A Venezia, città natale di Dorigo, parlamentari ed esponenti della società civile si sono offerti nei mesi scorsi di digiunare a staffetta per assumersi personalmente l'onere dello sciopero e permettere una pausa al detenuto. Ma Dorigo non molla.
La Commissione europea per i diritti dell'uomo già nel 1998 aveva accolto il suo ricorso che chiedeva un nuovo processo, perché quello che nel 1994 lo aveva condannato a 13 anni e mezzo di reclusione non fu equo. Nessun interrogatorio agli altri imputati, una dichiarazione d'innocenza inascoltata, e un trattamento carcerario che applica una sorveglianza da boss mafioso.
Diversi sono stati gli appelli fino ad ora lanciati, affinché venga concesso a Dorigo quello che gli spetta, fra i firmatari dell'ultimo appello anche ventisei intellettuali e personaggi della cultura internazionale, tra i quali il premio Nobel Josè Saramago, Mario Luzi, Claudio Abbado, Enzo Biagi, Luca Ronconi, Massimo Cacciari, Franco Cardini, Inge Feltrinelli, Pietro Ingrao, Ermanno Olmi, Maurizio Scaparro, Emanuele Severino, Antonio Tabucchi, Leopoldo Elia, Silvio Garattini, Vittorio Gregotti, Paolo Sylos Labini e Andrea Zanzotto.
Tutti si sono detti ''tesimoni vigili del diritto di Paolo Dorigo alla salute e a un giusto processo, secondo quanto sanciscono la costituzione italiana e la convenzione europea dei diritti dell'uomo, ricordando che la corte di Strasburgo ha sentenziato nel 1999 la necessità di ricelebrare in questo caso un nuovo processo. Attendiamo da chi deve - concludono nell'appello - un provvedimento che gli salvi la vita''.
E proprio nei giorni scorsi, come il Presidente del Comitato dei Ministri aveva preannunciato nell'ottobre 2004, rispondendo ad un'interrogazione dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, la Presidenza invierà prossimamente una lettera al Ministro degli Esteri italiano per richiamarne l'attenzione sull'urgenza di metter fine rapidamente, nel caso Dorigo, alle conseguenze della violazione del diritto ad un equo processo penale, conseguenze di cui il ricorrente continua ad essere vittima oltre cinque anni dopo l'accertamento della violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
Dorigo sta ancora scontando la detenzione alla quale era stato condannato nel 1993 sulla sola base di dichiarazioni unilateralmente rese da coimputati "pentiti", in assenza di esame contraddittorio a favore del ricorrente. Il Comitato dei Ministri aveva già adottato, rispettivamente nel 2002 e nel 2004, due risoluzioni interinali nelle quali sollecitava l'Italia a riparare le conseguenze della violazione in questo caso.
In base alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, le sentenze della Corte europea implicano per gli Stati messi in causa l'obbligo di adottare, sotto il controllo del Comitato, ogni misura necessaria al fine di rimediare adeguatamente la situazione dei ricorrenti e di prevenire nuove violazioni simili in futuro.
www.paolodorigo.it
(Nella foto, una scultura di Michel Roux)