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Il Caso ''Report''. L'Associazione delle piccole industre di Sicilia contro Salvatore Cuffaro

L'Api siciliana: ''L'economia dell'Isola è al collasso''

20 gennaio 2005

L'Associazione delle Piccole Industrie siciliane (API), che conta 3000 imprese nell'Isola e oltre duecento in provincia di Palermo, sostiene che nella polemica con la trasmissione ''Report'' ''Cuffaro sbaglia'' e che ''l'economia dell'Isola è al collasso, il lavoro nero è la regola e gli appalti sono discrezionali''.
''In Sicilia si investono milioni di euro, ma l'Isola resta inchiodata al 20 per cento di disoccupazione - spiega il vicepresidente regionale dell'Api, Umberto Terenghi - il lavoro nero è la regola e non l'eccezione, il lavoro minorile è dilagante, l'ombra del racket e del ricatto mafioso sempre presente''. ''Ho seguito le dichiarazioni del presidente Salvatore Cuffaro - continua Terenghi -, che accusa la trasmissione Report di avere dato una visione parziale della realtà e afferma, piuttosto, che la Sicilia vive una stagione di ripresa dal punto di vista economico, con gli investimenti di grandi imprenditori. La realtà è che negli ultimi cinque anni le imprese abilitate agli appalti pubblici si sono più che dimezzate, da cinquemila a 2200, che è tornato prepotentemente il fenomeno dell'emigrazione, che dal 2002 a oggi solo in provincia di Palermo ci sono stati oltre trecento licenziamenti nelle piccole imprese e che il sistema bancario locale si è dissolto, la scommessa del polo chimico nella zona orientale è fallita, così come quella del polo tessile nel Nisseno''.

''Non conosciamo imprenditori venuti ad animare il tessuto produttivo siciliano - aggiunge Terenghi -, ma piuttosto qualche grande gruppo straniero colonizzatore che fa piazza pulita di appalti ultramilionari, aggiudicati con criteri di assoluta discrezionalità e spesso in mano alla politica: appalti ai quali - con le leggi vigenti - le piccole e medie imprese siciliane non hanno neanche la possibilità di concorrere''. 
Nella stessa maggioranza di governo su questo aspetto il disaccordo si è sempre palesato. Anche nel novembre scorso la proposta della fiscalità di vantaggio per il Sud, lanciata dal ministro di An Gianni Alemanno e sostenuta dal suo collega di Fi Gianfranco Miccichè, è stata immediatamente bloccata dalla Lega ritenendola un inutile sperpero e affermando chiaramente che ''finché la mafia controllerà intere zone delle regioni meridionali nessun imprenditore del Nord o del resto del mondo penserà di investire al Sud''.

Continua Terenghi: ''Questa è la realtà e bene fanno le serie inchieste giornalistiche ad alzare il velo sulle difficoltà e i ricatti con cui gli imprenditori siciliani hanno a che fare ogni giorno per continuare a vivere. Non serve ai siciliani lavare i panni sporchi in casa, quanto discutere dei problemi e trovare soluzioni condivise, senza cedere al riflesso antico di chiudersi a riccio per pudore o per un malinteso senso di orgoglio territoriale. Serve che i criteri di aggiudicazione degli appalti siano finalmente univoci e trasparenti, serve che il pubblico smetta di disperdere investimenti a pioggia e foraggiare false vocazioni industriali piuttosto che sostenere la vera imprenditoria non con sussidi ma con regole certe, meccanismi burocratici limpidi e veloci, programmazione degli interventi, infrastrutture''.

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20 gennaio 2005
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