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Il catanese Angelo D'Arrigo, l'amico delle aquile, spicca il volo dalla vetta più alta del mondo

Insieme alle amiche aquile, Chumi e Gea, su su in cima al monte Everest

21 aprile 2004

Angelo D'Arrigo, il catanese con il vizio di volare, amico delle aquile, è partito l’altro ieri sera in aereo per il Nepal, portando con sè Chumi e Gea, due esemplari di "aquila nepalensis", quasi estinta nel versante sud dell'Himalaya, che lui ha allevato volando con loro e che libererà nella vallata del Khumbu, nel versante sud dell'Everest, nella speranza che nidifichino.
Perché un uomo deve gettarsi dalla montagna più alta del mondo e volare, come è normale facciano le aquile, sfidando ogni legge del volo a vela? Perché "La follia è un po' in tutti noi. Ma va contenuta, strutturata perchè non ci rovini". Questa è la risposta data da Angelo D'Arrigo per spiegare il perché abbia deciso di salire dove osano solo le aquile, con un deltaplano in volo libero, fino a sorvolare la vetta dell'Everest.

Quarantatre anni, siciliano di Catania, questo Icaro del nuovo millennio ha utilizzato il deltaplano per avvicinarsi agli uccelli e carpire i segreti della loro tecnica di volo. Per farlo ha utilizzato il metodo dell'Imprinting, appreso da Konrad Lorenz: ha fatto ascoltare per 10 minuti al giorno alle uova di aquila "covate" da un'incubatrice la sua voce e il sibilo del cavo del deltaplano. Così quando gli aquilotti hanno dischiuso il guscio gli è bastato parlare per farsi riconoscere come genitore. E da brava "mammaquila", D'Arrigo ha insegnato loro, col deltaplano, i primi rudimenti del volo.
"All'inizio - spiega con l'accento di chi ha vissuto per molti anni a Parigi - facevano errori veramente madornali. Poi, man mano che imparavano, gli allievi hanno cominciato, com'è naturale, a superare il maestro". E hanno insegnato, questa volta loro a lui, nella zona intorno all'Etna, a migliorare la sua tecnica di sfruttamento delle correnti ascensionali. La stessa che D'Arrigo utilizzerà per salire in cima all'Everest.

Ma per affrontare l'impresa, quando uno è abituato ad andare al di là del limite, poteva limitarsi solo a questo. Certo che no.
"Tre - spiega oggi a Milano, davanti ai giornalisti - le difficoltà più grosse: la prima è la penetrazione dell'aria, perché dovrò contrastare un vento che potrà raggiungere i 150 chilometri orari, quindi ho dovuto studiare l'aerodinamica migliore; la seconda riguarda la temperatura dell'aria, che oscillerà tra i -55 e i -60 gradi, e in base a questo ho dovuto testare e scegliere i materiali più adatti. Terzo: la difficoltà di respirare, ad altezze dove l'aria è assai rarefatta e l'ossigeno scarso".
Le prime due difficoltà, D'Arrigo ha potuto superarle grazie alla Fiat, che gli ha messo a disposizione, a Orbassano, la Galleria del Vento utilizzata per studiare il Cx delle auto e la Galleria Climatica Fredda. Nella prima ha studiato anche la forma oblunga del casco, oltre che ottimizzato l'aerodinamica del suo deltaplano. Nella seconda Galleria ha testato i materiali che, se di struttura inadatta, a temperature polari potrebbero andare in mille pezzi. Per la terza difficoltà gli è stata d'aiuto l'Aeronautica militare: nella base di Pratica di Mare (Roma) ha svolto simulazioni di volo d'alta quota nella camera ipobarica, la stessa utilizzata per l'addestramento dei piloti militari da caccia: salita programmata fino a 42mila piedi (13.000 metri) respirando in una maschera ossigeno al 100%. discesa è stata effettuata una sosta a 25mila piedi (8000 metri-quota Everest) di altitudine, alla quale è stata tolta la maschera per sperimentare la resistenza all'ipossia. Anche se per la sua impresa, D'Arrigo userà una maschera ad ossigeno.

Appuntamento con Icaro e le sue aquile, quindi, tutti a Katmandu. E l'avventura ricomincia, continua….


La preparazione

A 9.000 mt di quota la temperatura è davvero molto bassa tra i 40 ed i 50 gradi sotto lo zero. In volo l'effetto deI raffreddamento dovuto al vento relativo fa scendere ulteriormente la temperatura di 15/20 gradi. In più, a quelle quote, la carenza di ossigeno è rilevante. II 12 Gennaio 2004 presso il Reparto di medicina Aeronautica e Spaziale è stato eseguito su Angelo il cosiddetto "profilo alto" in camera ipobarica che noi solitamente prevediamo per l'addestramento dei piloti da caccia. Si è trattato di una salita simulata fino a 13.000 metri respirando in una maschera ossigeno al 100%. Durante la successiva discesa è stata effettuata una sosta a 8.000 metri, quota alla quale è stata tolta la maschera e sono state eseguite le prove di tolleranza all'ipossia. Un normale organismo non allenato avrebbe perso conoscenza da li a poco. Angelo sorprendentemente non solo è riuscito a mantenersi perfettamente lucido ma, cosa più interessante, il valore ha cominciato a risalire verso la normalità semplicemente con l'esecuzione di una tecnica psicofisiologica di rilassamento. Questa è stata la prova definitiva dell'ottima integrazione tra psiche e fisico allenato. II 6 Marzo 2004 a Guidonia abbiamo avuto la prova sul campo: Angelo ha stabilito nei cieli romani il nuovo record mondiale in volo libero arrivando alla quota di 7814 metri. l'analisi dei parametri biomedici ha confermato un elevato livello di preparazione psicofisica. Il volo sull'Himalaya rimane comunque ad alto rischio in cui tutto deve funzionare alla perfezione.
Marco Bosio
Ufficiale Medico dell'Aeronautica Militare
(da La Sicilia)

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21 aprile 2004
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