Il Cdm vara la riforma della Giustizia
Soddisfatto Silvio Berlusconi: "Volevo questa riforma dal '94". E precisa che il nuovo testo "non c'entra con i processi in corso"
Il Consiglio dei ministri ha dato il proprio ok alla riforma costituzionale della giustizia. Per Silvio Berlusconi "un punto di svolta" questo disegno di legge - messo a punto dal ministro Angelino Alfano - che il governo ha salutato con un applauso.
Il testo varato dal Cdm è esattamente quello proposto dallo stesso Guardasigilli e discusso ieri pomeriggio nel corso di un colloquio di quasi due ore al Quirinale con il capo dello Stato Giorgio Napolitano.
"E' dal 1994 che volevo questa riforma, è dai tempi della nostra discesa in campo, finalmente riusciamo a realizzare un punto fondamentale del nostro programma", ha commentato Berlusconi con i colleghi del governo. "Abbiamo una maggioranza solida e contiamo di arrivare a 330 deputati a Montecitorio", ha aggiunto nel corso del Consiglio dei ministri, secondo quanto riferito da fonti governative. Il presidente del Consiglio durante la riunione avrebbe poi sottolineato che il nuovo testo è "una riforma organica, di prospettiva e di profondo cambiamento che non ha nulla a che fare con i processi in corso e non è contro nessuno".
Poi, intervenendo in conferenza stampa, Berlusconi ha ribadito che "per la prima volta nella storia della nostra Repubblica presentiamo un testo di riforma completo, organico, chiaro, convincente. Lo portiamo all'attenzione del Parlamento che lo discuterà, lo approverà e intendiamo sostenere questa riforma con una larga comunicazione. E' una riforma che va nell'interesse dei cittadini. Sono già pronte dieci leggi di attuazione, che presenteremo in successione al Parlamento".
Il Ddl costituzionale contiene la separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri, l'estensione della responsabilità civile del giudice, nonché due Csm separati, entrambi presieduti dal presidente della Repubblica. Il cardine, ha illustrato in conferenza stampa Alfano, è la divisione tra giudici e pm. La riforma, ha sottolineato, "pone al centro la parità tra accusa e difesa. E' un impegno che abbiamo assunto con i cittadini. Ed è quello che stiamo sostenendo dal 1994". Il giudice, ha aggiunto, diventa colui che è davvero sopra le parti perché non è più pari al pm. Giudice e pm, ha insistito il ministro, "svolgono mestieri differenti. Il giudice deve valutare cosa gli vengono a dire accusa e difesa".
Per questo, ha detto ancora, il Guardasigilli, "giudici e pm devono avere un organismo di governance del tutto autonomo e indipendente rispetto ai giochi interni alle correnti della magistratura e alla politica". La responsabilità disciplinare dei di giudici e pm è stata però "estrapolata dal Csm", con la creazione di un'Alta Corte di disciplina "composta per metà da da magistrati e per metà da eletti da Parlamento tra coloro che abbiano competenze giuridiche consolidate". Quanto alla responsabilità civile, la riforma prevede che "il cittadino possa citare in giudizio il magistrato che ha sbagliato". "Il principio di responsabilità è un principio di libertà", ha sostenuto Alfano.
Altri punti destinati a scatenare polemiche sono sicuramente il divieto ad appellarsi ad una sentenza di assoluzione in primo grado e la revisione del principio di obbligatorietà dell'azione penale. Quest'ultima sarà mantenuta, ma secondo "i criteri previsti dalla legge". "Si partirà prima dalle priorità - dice Alfano - e poi il resto. Se il giudice non potrà perseguire tutto, le priorità le definirà il parlamento". Alfano, come aveva già fatto il premier, è tornato quindi ad assicurare che la riforma non riguarderà i procedimenti in corso. "Questi principi non si applicano ai procedimenti in corso alla data dell'entrata in vigore della legge", ha ricordato il ministro.
L'opposizione resta comunque sulle barricate. Per il leader Idv Antonio Di Pietro: "Questa riforma è peggio delle leggi ad personam. E' una riforma a favore del sistema piduista, delle lobby e di coloro che vogliono negare ai magistrati il controllo della legalità. E' una violazione dello Stato di diritto e dello Stato democratico" dunque "Idv presenterà un solo emendamento, completamente abrogativo di tutta la riforma e poi chiederà il referendum perché il corpo elettorale mandi a casa la riforma e chi l'ha fatta" annuncia Antonio Di Pietro. .
Il segreatrio del Pd, Pierluigi Bersani, già ieri aveva parlato di una "manovra per dare copertura sul piano politico al bricolage domestico di aggiustamento delle leggi ad personam utile per continuare a non parlare dei problemi seri dell'ordinamento".
La riforma, ha sottolineato Nichi Vendola (Sel), serve solo a "blindare il potere di un sovrano medievale, l'inquilino di Palazzo Chigi". "Sul terreno malato dei rapporti tra giustizia e politica - ha aggiunto Vendola - il governo agisce con l'idea di poter costruire circuiti di privilegio per i potenti, mentre i temi veri della giustizia, quella che viene negata ai cittadini, non vengono affrontati da questa riforma".
Critico anche Fabio Granata di Fli. "Sulla riforma della giustizia - spiega - si discuterà in sede parlamentare. Mi sembra comunque che presentarla, da parte del premier, sostenendo che se fosse stata vigente non ci sarebbe stata 'mani pulite' e che il pm per parlare con il giudice dovrà fissare l'appuntamento e battere con il cappello in mano, non sia un buon inizio".
Pesantemente negativo anche il giudizio dei magistrati. Il presidente e il segretario dell'Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara e Giuseppe Cascini, definiscono il ddl una "riforma punitiva", fatta "contro i giudici" e che "riduce le garanzie per i cittadini". In una nota i due leader del sindacato delle toghe ribasdiscono che il testo "mina l'autonomia e l'indipendenza della magistratura" e "altera sensibilmente il corretto equilibrio tra i poteri dello Stato".
[Informazioni tratte da Repubblica.it, Adnkronos/Ing]