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Il confronto-scontro tra Martelli e Mancino

I due ex ministri sentiti dai pm palermitani che indagano sulla stagione delle stragi del 1992

12 aprile 2011

Più che un confronto è stato uno scontro quello tra gli ex ministri, della Giustizia e dell'Interno, Claudio Martelli e Nicola Mancino, che ieri pomeriggio sono stati messi l'uno davanti all’altro dai magistrati palermitani, che indagano sulla stagione delle stragi del 1992, per capire da che parte stia la verità.
Martelli sostiene di aver informato Mancino, ai primi di luglio del 1992, un paio di settimane prima della strage di via D’Amelio, dei contatti del Ros con l'ex sindaco mafioso Vito Ciancimino: "Dopo averne avuto notizia dall'allora direttore degli Affari penali del ministero Liliana Ferraro (che a sua volta lo aveva saputo dal colonnello dei carabinieri Giuseppe De Donno, ndr), gli dissi, 'guarda che i carabinieri stanno prendendo delle iniziative che non sono autorizzati a prendere' - ha messo a verbale Martelli, il 15 febbraio scorso - Mancino mi rispose, 'sono appena arrivato, fammi vedere di che si tratta'". L'ex ministro dell'Interno ha sempre negato questo colloquio. Anche ieri ha ribadito la sua versione: "Escludo di avere mai ricevuto lamentele sul Ros da parte del ministro della Giustizia. Ricordo di aver parlato con lui in quei giorni, ma solo di questioni politiche. Mai sono stato messo a conoscenza di una qualsivoglia trattativa con la mafia".
Per quasi due ore il procuratore Francesco Messineo e i sostituti Nino Di Matteo, Paolo Guido e Lia Sava hanno assistito, nella sede romana della Direzione investigativa antimafia, al botta e risposta tra i due ex ministri che sono rimasti sulle loro posizioni iniziali. Solo una delle due versioni può essere vera e adesso i pm dovranno valutare i verbali per decidere se indagare uno dei due ex politici.

E' soprattutto la posizione di Nicola Mancino ad essere al vaglio dei magistrati di Palermo che indagano sulla trattativa fra mafia e Stato: l'ex ministro dell'Interno è stato chiamato in causa anche dal pentito Giovanni Brusca, come il "terminale ultimo della trattativa avviata col papello". "Riina mi parlò di lui - ha spiegato l'ex capomafia di San Giuseppe Jato - come del soggetto che gli aveva fatto sapere, 'Cosa volete per finirla con le stragi?'. Dell'allora ministro dell'Interno mi parlò anche Leoluca Bagarella, dopo l'arresto di Riina: voleva fargli un attentato. C'eravamo sentiti usati, traditi".
Secondo la ricostruzione dei magistrati di Palermo, i colloqui avvenuti nell'estate 1992 fra l'ufficiale del Ros Mario Mori e Vito Ciancimino sarebbero stati un pezzo significativo della trattativa di cui parla Brusca. Ma poi, le aspettative di Cosa nostra sarebbero andate deluse. "Ecco perché dopo l'arresto di Riina, nel gennaio 1993, Bagarella voleva fare un attentato a Mancino", ha spiegato Brusca. L' ex ministro Mancino ha replicato: "L' unica cosa che volevo era l'arresto di Riina. È assolutamente risibile che il ministro dell'Interno potesse interloquire con il capo della mafia. Mai sono stato messo a conoscenza di una qualsivoglia trattativa con la mafia". Mancino ha annunciato di avere denunciato per calunnia il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca.

[Informazioni tratte da LiveSicilia.it, Repubblica/Palermo.it]

 

 

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12 aprile 2011
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