Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

Il crollo della ''cosa'' pubblica

Cominciano le perizie sui palazzi lesionati. Comincia l'inchiesta per individuare i responsabili

14 aprile 2009

All'Aquila la terra continua a tremare, con diverse scosse la più intensa delle quali, ieri sera alle 23:14, ha raggiunto magnitudo 4.9. Secondo le rilevazioni dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si è trattato della scossa più forte dopo quella distruttiva della notte del 6 aprile, di magnitudo 5.8, e quelle del 7 e del 9 aprile, rispettivamente di magnitudo 5.3 e 5.1.

Intanto ieri squadre miste di ingegneri e tecnici dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile hanno iniziato a svolgere le verifiche tecniche dei danni del terremoto: insieme dovranno stilare una serie di valutazioni in merito al grado di inagibilità e alle lesioni subite dalle strutture colpite dal sisma. Dopo l'analisi di mille edifici - secondo i dati diffusi dalla Protezione civile - tra L'Aquila e provincia, il 30% risulta inagibile, il 50% agibile e il 20% agibile con interventi. Si sta inoltre procedendo a cinturare i centri storici, ma, spiegano fonti della Protezione civile, per le stime complessive ci vorrà tempo, qualche settimana ancora.
L'obiettivo è quello di stilare una sorta di 'pagella' relativa ad ogni singola casa lesionata, che conterrà gli esiti delle verifiche tecniche e che sarà consegnata ai Comuni nei quali è ubicato ogni singolo stabile. "E' un'attività di tipo 'speditivo', effettuata sulla base di una prima verifica immediata e sulla base di una check list elaborata per avere criteri uniformi di valutazione", ha spiegato l'ingegner Paolo Qualizza, coordinatore della task force di circa cento Vigili del Fuoco mobilitati per questo servizio specifico. L'obiettivo è quello di "effettuare una valutazione degli aspetti strutturali degli edifici per giungere alla fine ad un esito codificato in base a quello che si riesce a rilevare".
Gli esperti (ingegneri dei Vigili del Fuoco, tecnici comunali, regionali e provinciali coordinati dalla Protezione Civile, specialisti universitari), agiscono in squadre da due o tre tecnici esaminando una serie di edifici in determinate aree di competenza assegnate, sia all'Aquila che nei paesi limitrofi devastati dal terremoto. Per ogni casa lesionata si arriverà quindi a stabilire il grado di agibilità o di inagibilità derivante dall'ammontare complessivo dei danni strutturali.

Parallelamente all'inizio dei controlli di inagibilità, ha cominciato a muovere i primi passi l'inchiesta aperta dalla Procura dell'Aquila per accertare eventuali responsabilità penali nei crolli avvenuti con il sisma: un pool di esperti è stato incaricato di effettuare perizie su palazzi pubblici e privati. [Adnkronos/Ing]

E' INAGIBILE UN PALAZZO SU DUE
di
Fiorenza Sarzanini (Corriere.it, 14 aprile 2009)

È molto peggio di quanto si pensava. Perché le prime mille verifiche avviate dalla Protezione civile sugli edifici rimasti in piedi mostrano che uno su due è inagibile. E ciò basta a confermare che nel centro storico de L'Aquila e nei paesi epicentro del sisma, la situazione rischia di essere catastrofica. Per questo l'indagine avviata dalla Procura si concentra sulle tre strade dove maggiore è stato il numero delle vittime - via XX settembre, via Luigi Sturzo, via generale Francesco Rossi - e sugli edifici pubblici che sono crollati o hanno avuto gravi danni, nonostante risulti che erano stati costruiti seguendo i criteri antisismici.
Il sospetto è che siano stati utilizzati materiali non idonei oppure che siano rimaste senza seguito le segnalazioni di chi aveva rilevato seri problemi e dunque ne aveva sollecitato lo sgombero o la ristrutturazione. La scelta della Protezione civile di far partire i controlli dalle aree meno colpite ha come obiettivo quello di far uscire dalle tendopoli chi ha abbandonato la propria casa per paura, e adesso non rischia nulla a farvi rientro. I magistrati procedono invece al contrario e quindi danno priorità agli stabili crollati dove ci sono state vittime e poi esamineranno quelli meno lesionati.

Per entrambe le esigenze le prime cifre non appaiono confortanti. Su 162 «edifici residenziali privati» ispezionati a L'Aquila, 81 - vale a dire esattamente la metà - non sono abitabili. Non va meglio in provincia con 643 verifiche e 248 esiti negativi. Anche i primi risultati che riguardano le strutture pubbliche non lasciano ben sperare: su 78 controlli effettuati nel capoluogo, in 45 casi non è stato possibile concedere il nulla osta. Una media che si riscontra anche per quanto riguarda le scuole: su 25 istituti de l'Aquila, 14 non sono agibili, mentre in provincia ne sono stati controllati 6 e la metà non è utilizzabile. È soltanto l'inizio.
Del resto le stime della Protezione civile dicono che sono almeno 22.000 gli stabili irregolari e anche questo numero sembra destinato a crescere. La quantificazione del danno richiederà mesi, però anche i tempi dell'indagine penale non potranno essere brevi.

«La madre di tutte le inchieste» l'ha definita il procuratore Alfredo Rossini. Il suo sostituto Fabio Picuti ha presieduto ieri la riunione con la squadra di periti e investigatori incaricati di svolgere gli accertamenti nei palazzi. Ma entrambi i magistrati sanno che per individuare eventuali responsabilità potrebbero trascorrere settimane, perché bisogna attendere la relazione degli ingegneri e l'esame chimico sui materiali prima di poter contestare reati specifici che - in questo caso - vanno dal disastro colposo all'omicidio colposo. E, soprattutto, bisogna recuperare la documentazione relativa agli stabili crollati o gravemente lesionati che si trova nelle sedi delle amministrazioni locali, a loro volta dichiarate inagibili. Un lavoro affidato ai poliziotti della squadra mobile coordinati da Salvatore Gava.
I primi accertamenti effettuati alla casa dello Studente e all'ospedale San Salvatore hanno dimostrato che i piloni di cemento armato sarebbero stati costruiti senza seguire la normativa, dunque utilizzando una quantità di ferro inferiore a quella prevista, e adesso bisogna verificare la composizione del calcestruzzo. Alcuni volontari del soccorso alpino speleologico - che per la prima volta hanno utilizzato microcariche esplosive per lo sgombero delle macerie - hanno raccontato di aver riscontrato «la friabilità delle strutture, tanto che il telaio veniva via con le mani».
- "Indagheremo sugli abusi in casa nostra" di A. Bolzoni
- "L'ospedale a L'Aquila? Sconosciuto al catasto" di G. Caporale e M. Ponte

L'allarme del procuratore Grasso: "Attenzione agli appalti pubblici" - «L'esperienza del passato per le ricostruzioni del dopo terremoto nell'Irpinia ci serve da esperienza per valutare e prevenire quello che può accadere in Abruzzo». A dirlo è il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, sul rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata nelle operazioni di ricostruzione nelle zone colpite dal terremoto. «Occorre considerare che l'Abruzzo - spiega Grasso - non è certo la Campania, dove vi è una presenza massiccia della criminalità organizzata, e il territorio è controllato dalle cosche. In Abruzzo la presenza delle mafie non è rilevante». «L'esperienza - aggiunge il procuratore nazionale - impone di rendere più trasparenti gli appalti del dopo-terremoto, facendo anche attenzione a come vengono gestiti i fondi milionari e a quali imprese vengono affidati i lavori con trattativa privata».
- "L'ombra dei clan sulla ricostruzione" di Roberto Saviano

LE OPERE PUBBLICHE CON IL CEMENTO TRUCCATO
di
Emanuele Lauria (Repubblica/Palermo.it, 14 aprile 2009)

La richiesta della Procura di Caltanissetta è arrivata negli uffici del consorzio autostradale siciliano alla vigilia di Pasqua: servono nuove verifiche sulla qualità del cemento della galleria Cozzo Minneria, un traforo di due chilometri e mezzo sulla A-20 fra Messina e Palermo, in territorio di Pollina. Nei prossimi giorni la galleria, in direzione del capoluogo peloritano, sarà chiusa nuovamente al traffico.
L'ombra del "calcestruzzo depotenziato" torna ad allungarsi su una delle grandi opere pubbliche siciliane, già sequestrata nel febbraio del 2008, e rilancia l'allarme sulla solidità degli edifici siciliani, proprio mentre infuria la polemica per i palazzi venuti giù come cartapesta in Abruzzo. Cemento "truccato", costruzioni fatte con troppa sabbia nella miscela di calcestruzzo. I casi, in un'Isola in cui il novanta per cento del territorio è classificato «ad alto rischio sismico», aumentano. Come aumentano le indagini della magistratura.

Ad Agrigento una equipe di esperti nominata dalla Procura e guidata da Attilio Masnata, docente alla facoltà di Ingegneria di Palermo, ha appena concluso l'analisi sul cemento utilizzato per realizzare il nuovo ospedale San Giovanni di Dio in contrada Consolida, inaugurato appena cinque anni fa. Siamo in grado di anticiparne l'esito: la «resistenza alla compressione» è di molto inferiore ai valori indicati nel progetto. Struttura fragile, insomma. E una delle cause potrebbe essere proprio l'eccessiva quantità di sabbia nel calcestruzzo utilizzato. Non c'è pericolo di crollo imminente, avvertono i tecnici che hanno prelevato 120 campioni di cemento. Ci saranno nuovi esami ma l'esito degli accertamenti sin qui eseguiti denota «forti criticità». L'inchiesta giudiziaria è partita dalla verifica delle condizioni del pavimento che, già poco dopo l'inaugurazione, presentava evidenti segni di cedimento. E ha partorito nei giorni scorsi 22 avvisi di garanzia per imprenditori, progettisti, direttori dei lavori e manager.

Sono sette, finora, le opere finite nel mirino della magistratura in Sicilia. Oltre a quella di Agrigento, c'è l'inchiesta-principe condotta dai pm di Caltanissetta che coinvolge due colossi come Calcestruzzi e Italcementi e sta tentando di mettere a fuoco le connessioni con Cosa Nostra. È nell'ambito di quest'indagine che, nel febbraio scorso, fu sequestrata la galleria Cozzo Minneria.
Secondo la Procura nissena anche le fondamenta del nuovo padiglione dell'ospedale Sant'Elia di Caltanissetta sarebbero state realizzate con cemento "allungato". La relazione parla chiaro: 77 cubetti dei 119 prelevati per le prove di compressione non hanno retto alla prova. Ma in quel caso, essendo i lavori ancora in corso, l'impresa ha eseguito delle modifiche per consolidare la struttura. Il cantiere è tuttora aperto.
Restano sotto sequestro, conferma la Procura nissena, le altre opere al centro dell'inchiesta sul calcestruzzo depotenziato: la strada a scorrimento veloce Licata-Torrente Braemi, la diga foranea e il palazzo di giustizia di Gela, oltre al viadotto dello svincolo di Castelbuono, messo però in sicurezza prima ancora dei provvedimenti giudiziari.

I magistrati e i tecnici più qualificati che stanno svolgendo gli accertamenti con la consegna ufficiale del silenzio si affrettano ad avvertire che non ci sono rischi immediati per la sicurezza, anche per evitare che dalla sottovalutazione del problema si passi a un ingiustificato panico. Di certo, l'inchiesta di Caltanissetta sulla Calcestruzzi spa prosegue e potrebbe riservare presto sviluppi importanti: sotto esame, attraverso le bolle informatiche, l'effettiva "pesatura" delle forniture fatte dall'azienda.
Un filone di indagine che dovrebbe confermare se davvero nelle opere eseguire sia stato impiegato meno cemento del dovuto. Ma il sospetto dei magistrati è che il cemento utilizzato sia stato anche, in molte occasioni, più "friabile". Questo perché nella miniera Billiemi di Riesi è stato riscontrato un minor quantitativo di solfati. Calcestruzzi ha sempre respinto ogni accusa. Il pool di tecnici guidato dal professor Masnata, consulente delle procure di Caltanissetta e Agrigento, sta facendo accertamenti su altre opere che rimangono rigorosamente top secret.
È vasta la portata dell'allarme in Sicilia, come l'emozione per il terremoto abruzzese. Del sisma più recente, quello del 2002, Palermo porta ancora i segni. La soprintendente ai Beni culturali Adele Mormino in una relazione mette in evidenza «la tempestività degli interventi sui monumenti più danneggiati, con dodici cantieri per la messa in sicurezza degli edifici». Ma, dice, «chiese come San Carlo, Santa Ninfa dei Crociferi e Sant'Anna necessitano di nuovi lavori, perché il sisma e scriteriati interventi in cemento armati fatti negli anni, ne mettono in pericolo la sopravvivenza».
E il centro storico è un malato incerottato: dall'inizio di quest'anno sono state 130 le ordinanze di messa in sicurezza di edifici disposte dal sindaco Cammarata. Un altro triste record della Sicilia d'argilla.

- Le opere fatte col cemento mafioso... (Guidasicilia.it, 28/02/08)

 

 

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

14 aprile 2009
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia