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Il Csm si spacca sul fascicolo su Ingroia

Il procuratore aggiunto di Palermo: "Per i magistrati è un diritto-dovere partecipare a dibattiti sulla mafia"

21 settembre 2012

Il Consiglio superiore della magistratura torna a dividersi sul procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. Stavolta il tema del contendere riguarda l'inserimento nel suo fascicolo personale della delibera con la quale il plenum nel febbraio scorso lo ha bacchettato per la partecipazione "inopportuna" al congresso del Pdci. Una scelta che, potrebbe pesare negativamente sulla carriera del pm titolare dell'inchiesta sulla presunta trattativa tra Stato e mafia. Il nodo è nelle mani della Quarta Commissione, che ieri ha cominciato a discuterne, senza però arrivare a una posizione univoca. Tutt'altro: sembra possibile che alla fine si giunga a due proposte diverse, una favorevole, l'altra contraria all'inserimento. La decisione è stata comunque rimandata a martedì prossimo.

La querelle verte intorno all'interpretazione di una circolare del Csm del 1988, che disciplina, appunto, la tenuta e l'aggiornamento dei fascicoli personali dei magistrati, di cui si tiene conto in occasione sia delle valutazioni sulla loro professionalità, sia quando si tratta di assegnare incarichi direttivi. Una parte della Commissione ha sostenuto che la delibera che bacchettava Ingroia non può essere inserita nel suo fascicolo personale, perché vi possono entrare solo atti relativi allo svolgimento delle funzioni giudiziarie; l'altra invece che nel fascicolo di un magistrato possono far ingresso a pieno titolo anche atti che riguardano comportamenti extragiudiziari, come in questo caso l'intervento a un congresso di partito. Intervento che un anno fa fece molto rumore: Ingroia disse di non poter essere imparziale nei confronti di forze che, cercano "quotidianamente" di introdurre "privilegi e immunità" a vantaggio di pochi, in spregio al principio di uguaglianza, e di sentirsi "partigiano" della Costituzione (LEGGI). E il plenum del Csm reagì censurando quella presa di posizione "particolarmente vistosa e inopportuna", non solo per gli "accenti di forte polemica" usati nei confronti di programmi e leggi di forze politiche "facilmente riconoscibili", ma anche perché si trattava del congresso ufficiale di un partito (LEGGI).

"Il Csm ha tutti i diritti e i poteri per valutare. Io sono sereno, sono sicuro di avere esercitato un mio diritto, di non aver violato alcuna regola". A parlare, a margine dell'incontro su "Lotta alla mafia oggi: crisi e poteri criminali" nell'ambito della Festa della Liberazione di Rifondazione comunista, a Palermo, è il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. "Rivendico la partecipazione al dibattito politico quando si parla di mafia e si parla di giustizia - ha aggiunto -. È un diritto che tocca a tutti i cittadini e anche ai magistrati. E quando si parla di questo argomento, soprattutto i magistrati hanno non solo il diritto, ma persino avrebbero il dovere di partecipare a questo tipo di dibattiti".
Commentando poi il documento di Magistratura democratica che classifica come "inaccettabile la sollecitazione da parte di magistrati del 'consenso' ad indagini o all'esito di processi in corso" ed è inopportuna la "ricerca esasperata di esposizione mediatica" (LEGGI), il procuratore aggiunto ha detto: "Non tocca a me interpretare il comunicato di Magistratura democratica. Chi lo ha scritto se ne assuma la responsabilità".

[Informazioni tratte da ANSA, Repubblica.it, Corriere del Mezzogiorno]

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21 settembre 2012
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