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Il Csm smantella il pool di Palermo

"Tutti i nuovi fascicoli d'inchiesta sulla mafia devono essere affidati esclusivamente a chi fa parte della Dda"

07 maggio 2014

Una beffa per Nino Di Matteo. Una circolare del Consiglio superiore della magistratura ha praticamente azzerato il pool di Palermo, che non può più fare nuove indagini sulla trattativa fra i vertici della mafia e pezzi dello Stato.
La direttiva ordina che tutti i nuovi fascicoli d’inchiesta sulla mafia debbano essere affidati esclusivamente a chi fa parte della Dda, la direzione distrettuale.
Come scritto da Repubblica, Di Matteo è formalmente scaduto da quattro anni, ufficialmente è assegnato al gruppo che si occupa di abusi edilizi. Roberto Tartaglia, invece, non fa ancora parte della Dda. Fino ad oggi, i due magistrati che hanno istruito il processo in corso a Palermo sono stati solo "applicati" al pool. Il terzo componente del gruppo, Francesco Del Bene, è l’unico ancora legittimato a fare nuove indagini, ma fino al primo giugno, poi è previsto che scada anche lui dall’incarico decennale in Dda. Unico a rimanere, dunque, è il procuratore aggiunto Vittorio Teresi che si ritroverà a dover assegnare ad altri magistrati i nuovi filoni di indagine sulla Trattativa.

La circolare del Csm, che non ammette deroghe, è stata spedita a tutte le procure d’Italia e stabilisce che nessun nuovo fascicolo antimafia possa più essere gestito da chi non fa parte della direzione distrettuale, "salvo casi eccezionali".
Alla procura siciliana, che aveva acquisito una competenza unica a riguardo, il malumore è palpabile. Il pool di Palermo, tra le altre cose, stava cercando di chiarire il ruolo della misteriosa Falange Armata, la sigla che rivendicava gli attentati del 1992-1993 ai centralini delle agenzie di stampa e che è ricomparsa in una lettera minacciosa spedita in carcere al boss Totò Riina.

Contro la circolare del Csm i deputati del gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle all'Ars. Il commento al provvedimento è affidato alle parole dei due componenti Cinquestelle della commissione antimafia dell'Ars, Giorgio Ciaccio e Stefano Zito.
"Tutto il Movimento, dalle Alpi alla Sicilia - afferma Ciaccio - sta con Di Matteo e con gli altri magistrati del pool. Con questo atto, di fatto, il Csm sta tentando di mettere un macigno sulla verità sulle stragi, che noi e tutto il Paese attendiamo da 20 anni. Ma non sarà una pietra tombale, perché ormai l'opinione pubblica, la società civile, il nostro gruppo parlamentare non staremo inerti davanti a questa congiura".
"Alla luce di quanto accaduto - afferma Stefano Zito - cresce la nostra curiosità di conoscere il contenuto delle telefonate tra Mancino e Napolitano, che è presidente del Csm. Ora più che mai vogliamo sapere cosa si sono detti in quelle chiamate". "Ora comprendiamo - continua Zito - le lentezze e le riserve messe in campo. Forse la strategia di scaricare Di Matteo era già nell'aria e, secondo lo Stato, quella per il bomb-jammer potrebbe essere stata una spesa inutile".

"Si faccia qualcosa per non distruggere il lavoro di anni". È l'appello che lancia l'ex pm di Palermo Antonio Ingroia al Csm affinché riveda la propria circolare. "Non può vincere l'approccio burocratico sulle priorità che dovrebbero esserci nella ricerca di verità e giustizia. In questo modo si cancella la memoria storica della lotta alla mafia. Se si volesse fare dietrologia si potrebbe pensare che la circolare del Csm sia un deliberato colpo di grazia per distruggere il pool antimafia che indaga sulla trattativa tra lo stato e la mafia. È solo un caso che questo provvedimento arrivi al termine di un'altra serie di provvedimenti amministrativi, disciplinari e paradisciplinari? Un principio astrattamente condivisibile, come quello della durata degli incarichi nella Dda rischia, in una fase come questa, di trasformarsi in un pericolosissimo boomerang. Il Csm rettifichi la sua circolare".

- L'allarme di Nino Di Matteo: "Così si blocca la continuità delle indagini" di S. Palazzolo

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07 maggio 2014
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