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Il Csm sulle espressioni denigratorie di Berlusconi

Il Consiglio superiore della magistratura ha rinviato la risoluzione sul premier

25 luglio 2008

Il plenum del Csm ha deciso all'unanimità di rinviare a settembre, alla ripresa dell'attività dopo la pausa estiva, la risoluzione in cui si contestava a Silvio Berlusconi di aver usato «espressioni denigratorie» nei confronti dei magistrati di Milano del processo Mills, in cui il premier è accusato di corruzione in atti giudiziari. L'assemblea ha accolto la proposta del vicepresidente Nicola Mancino, secondo cui «spetta a noi contribuire a rasserenare i rapporti istituzionali superando polemiche strumentali che hanno investito non tanto le lacune, sempre possibili del nostro lavoro, ma direttamente la legittimazione del Consiglio». «La democrazia si regge se la magistratura è autonoma e indipendente - ha aggiunto Mancino nel suo intervento -. Ogni ferita che si arreca all'ordine giudiziario nuoce alla democrazia».

«Gravi accuse» - All'ordine del giorno della seduta c'era la risoluzione approvata dieci giorni fa dalla Prima Commissione del Csm, che accusa il presidente del Consiglio di aver usato «espressioni denigratorie» e di aver rivolto «gravi accuse» delegittimanti nei confronti del pm e dei giudici del suo processo e lo invita a rispettare la magistratura. A Berlusconi il documento - messo a punto dal togato di Magistratura Indipendente Antonio Patrono e approvato a maggioranza con il voto contrario del laico di An Gianfranco Anedda - rimprovera non solo le espressioni che ha usato nella lettera al presidente del Senato Renato Schifani, e cioè l'accusa al pm Fabio De Pasquale, e al collegio presieduto da Nicoletta Gandus di agire per finalità politiche. Ma anche gli attacchi alle toghe rivolti nei giorni successivi, nella conferenza stampa di Bruxelles e all'assemblea annuale della Confesercenti: in quelle occasioni Berlusconi parlò di «giudici e pm politicizzati» che «vogliono sovvertire la democrazia in Italia» e che rappresentano una «metastasi».

«Attacchi indebiti» - «Gli atti dei magistrati possono certamente essere discussi e criticati, e chi è imputato in un processo, chiunque sia, ha il diritto di difendersi nella maniera più ampia», sottolinea la risoluzione; tutt'altro, è però «adoperare espressioni denigratorie verso il singolo magistrato o l'attività giudiziaria» ed è quanto accaduto in questo caso. Proprio in queste ipotesi, difendere i magistrati da «attacchi e condizionamenti indebiti, da qualunque parte provengano e in qualunque modo vengano attuati» è per il Csm un «dovere istituzionale a cui non si può abdicare», recita il documento, e il compito del Consiglio è «riaffermare, nell'evidente interesse della generalità dei cittadini, l'esigenza che da tutti siano rispettati la professionalità e il prestigio dei magistrati, perché la loro lesione incide direttamente sull'indipendente esercizio delle loro funzioni».

Mancino: «Piena assonanza con Napolitano» -
«Anch'io voglio mantenere serenità. Il mio rapporto con il Capo dello Stato è di piena assonanza». Il vice presidente del Csm Nicola Mancino ha riposto così a chi gli ha chiesto se nella scelta di rinviare in autunno la discussione in plenum sul documento che riguarda il presidente del Consiglio abbia pesato l'auspicio espresso dal Presidente della Repubblica per una distensione dei rapporti tra politica e magistratura. «Condivido metodo e contenuto delle riflessioni ad alta voce del Capo dello Stato - ha sottolineato Mancino - e io stesso sono venuto qui al Csm come espressione dell'esigenza di un raccordo tra politica e giustizia».

Fonte: Corriere.it

- Metastasi della Democrazia (Guidasicilia.it, 26/06/08)

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25 luglio 2008
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