Il cuore malato dei lavoratori del mare. Ogni anno muoiono circa cento marittimi a causa delle malattie cardiovascolari
L'anno scorso l'Ipsema (Istituto di Previdenza per il Settore Marittimo) ha rilevato un dato allarmante: ogni anno cento lavoratori del mare vengono uccisi da malattie cardiovascolari.
Un appello per un aggiornamento delle normative vigenti è stato rivolto all'allora ministro della Salute, Girolamo Sirchia.
La prevenzione di questo problema sta principalmente in interventi quali l'aggiornamento delle farmacie e delle strumentazioni mediche a bordo delle navi come, per esempio, l'introduzione di un semplice defibrillatore (dal costo di circa 1500 euro) che da solo potrebbe evitare gran parte delle morti che avvengono in mare. Per questi interventi è stata chiesta la consulenza del Cirm (Centro Internazionale Radio Medico).
Inoltre, secondo un'indagine sempre realizzata dall'Ipsema, risulta che il 10% dei marittimi italiani imbarcati soffre di patologie cardiovascolari e che quindi, a bordo di navi mercantili o grandi pescherecci, rischiano la vita quotidianamente, non solo per la mancanza a bordo delle apparecchiature necessarie ma anche per via dei particolari fattori di rischio propri della categoria come il poco movimento e l'eccesso di cibo.
In poche parole, sarebbe utile rendere obbligatoria la presenza a bordo di presidi minimi diagnostici per navi da carico, pescherecci e navi da diporto e dotarli di strumentazioni in grado di garantire una moderna assistenza medica (specie in patologie cardiovascolari) e di quelle apparecchiature in grado di trasmettere a terra dati biologici, che consentano un'assistenza di telemedicina di qualità, che riduca lo svantaggio rappresentato dal fatto di non trovarsi, in caso di necessità, sulla terraferma.
Dalla fine del 2003 è al lavoro una Commissione Interministeriale (Salute, Infrastrutture e Trasporti ed esperti del settore) che si avvale anche dell'esperienza di oltre settanta anni di attività del Cirm.