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Il declino Italiano

L'Eurispes per spiegare come vanno le cose in Italia prende come esempio Aristotele, Mastro Don Gesualdo e Cassano

28 gennaio 2006

L'Italia descritta dall'Eurispes nel Rapporto 2006, è un Italia in declino. Nello studio l'Eurispes scrive di un Paese incapace di trasformare la propria potenza in energia, che accumula 'robba' che mai si traduce in ricchezza collettiva, che durante l'inevitabile cammino in avanti si perde per strada talenti propri e importati, per l'incapacità di valorizzarli.
Nel Rapporto viene spiegato che l'Italia, pur restando tra le prime dieci economie mondiali, è incapace, per esempio, di sfruttare il grande patrimonio di arte e cultura (ha il 60-70% dei beni culturali mondiali); vede aumentare la povertà, 7 milioni e 588 mila persone, e il rischio di povertà per altre 8 milioni; vive un'incertezza economica per la fine di un ciclo di sviluppo, in cui cala il potere d'acquisto e aumenta del 23,7% l'inflazione. In più, cresce lo lo stress: 2 milioni e 700 mila persone hanno speso 4,9 miliardi di euro per curare la propria psiche. Insomma, in una sola parola: l'Italia è in declino.
Un declino che che si mette in netta contrapposizione all'immagine descritta dal Rapporto Censis che nega l'esistenza di questo nel Paese, e che parla anzi di segnali, sia pur deboli, di cambiamento. L'Eurispes afferma senza mezzi termini (con un'affermazione che sarà reputata da tanti impopolare) che ''l'Italia è già declinata', almeno quella alla quale eravamo abituati, e ne sta nascendo un'altra che gli osservatori stranieri non vedono e non considerano'', e alla quale si applicano inutilmente ''analisi a scoppio ritardato e ricette politiche bipartisan ancora legate ai modelli della tradizione economica, che hanno mostrato il loro sostanziale fallimento nel corso degli ultimi cinquant'anni''.

Per descrivere tale condizione, certo non rinfrancante, l'Istituto di studi politici, economici e sociali prende come esempio tre personaggi-metafore, lontani tra di loro, anzi lontanissimi: il filosofo Aristotele, il personaggio verghiano Mastro Don Gesualdo e infine il calciatore Cassano.
Aristotele: del filosofo greco si cita la fisica, la trasformazione dell'essere in potenza ad un essere in atto. L'Italia, spiega il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara, è ''un Paese dalle grandi risorse e dalle grandi potenzialità che non riesce ad esprimere e ad affermare un progetto di crescita e di sviluppo. Che non riesce ad individuare un percorso originale al quale affidare il proprio futuro''.
Mastro Don Gesualdo: per cui la ricchezza accumulata, non traducendosi in benessere e progresso per il Paese, diventa inutile come la 'robba' di Mastro Don Gesualdo, che avrebbe dovuto garantire al personaggio verghiano la sognata elevazione sociale, e invece rimane lì, pronta per essere dilapidata dal genero nobile e squattrinato.
Cassano: e così anche quello che avrebbe pregio, che meriterebbe di essere valorizzato diventa inutile, improduttivo. Come il giocatore della Roma Cassano, ricorda l'Eurispes, acquistato dalla Roma nel 2001 per 30 milioni di euro, un talento poco o nulla valorizzato dalla squadra, alla quale alla fine non rimane che venderlo.

Metafore a parte, l'Eurispes indica i segnali del declino italiano portando i risultati di analisi che hanno attinto elementi dall'andazzo reale del vissuto quotidiano degli italiani, come l'indebitamento delle famiglie o la continua disparità che si è venuta a creare fra ricchi e poveri.
I più ampi ed espliciti segnali di declino sono naturalmente la stagnazione economica, il cattivo andamento della produzione industriale, la diminuzione delle esportazioni, il debito pubblico, etc. etc. Tutti dati già ampiamente noti, mentre vale la pena di soffermarsi sulla crisi dei bilanci familiari, e sul conseguente aumento esponenziale dell'indebitamento delle famiglie stesse.
Nel 2005, si legge nel Rapporto Eurispes, il credito al consumo ha avuto una crescita del 23,4%, pari quasi a 47 miliardi di euro. Ma all'impennata dei debiti non ne corrisponde una analoga dei consumi, cresciuti a malapena nello stesso periodo dell'1%. Questo perché le famiglie vi fanno ricorso ''solo per mantenere il vecchio, dignitoso livello di vita''.
Negli ultimi anni si è registrato inoltre un allungamento dei crediti al consumo: quelli la cui restituzione è prevista entro i cinque anni sono passati dai 5.802 milioni di euro del 2001 ai 17,5 miliardi del 2005, con un aumento del 200%. Oggi sempre più famiglie italiane ricorrono al credito ''soprattutto per far fronte ai bisogni essenziali (cure mediche e specialistiche, automobili, elettrodomestici, servizi per la casa, ecc) piuttosto che per acquistare beni e servizi voluttuari quali, ad esempio, viaggi e vacanze. Peraltro si sta diffondendo sempre più la pratica di credito al consumo per l'acquisto di beni di prima necessità come quelli alimentari''. Pertanto, prevede l'Eurispes, nel 2006 la percentuale delle famiglie italiane che vi farà ricorso aumenterà dell'11,8%.

Dopo la disamina impietosa del declino italiano, il Rapporto Eurispes passa a parlare delle potenzialità nazionali, che sono tante, o per meglio dire, che sono sempre state tante. E allora si parla del patrimonio culturale che, nelle stime dell'Unesco, assomma al 60-70% di quello mondiale, e del turismo, e del suo matrimonio fruttuoso con l'agricoltura. ''La via d'uscita dalla crisi è legata - si sostiene nel Rapporto - alla riscoperta e alla valorizzazione delle peculiarità e delle vere vocazioni del nostro Paese. Trasformare la potenza in atto significa dunque realizzare il passaggio da un sistema produttivo orientato alla produzione di beni di consumo individuali, materiali o immateriali, verso la produzione di 'ben vivere collettivo' in termini di riqualificazione urbana; energie pulite e rinnovabili; salvaguardia del territorio, dell'acqua e dell'aria; salute e prevenzione sanitaria; agricoltura e sicurezza alimentare; ristrutturazione della mobilità dei passeggeri e delle merci; ristrutturazione disinquinante dei processi produttivi e uso più efficiente delle risorse''.

E gli italiani, di fronte al declino del proprio Paese, che dicono? Beh, in una situazione piuttosto nera, e benché non manchino mai lamentele continue, gli italiani amano vivere nel loro Paese: oltre il 75% degli intervistati, infatti, si è detto soddisfatto di vivere in Italia, e il 67,6% sostiene che vivere in questo Paese e ''una fortuna''. Il piacere di vivere nel Belpaese, però, diminuisce con l'aumentare del livello di istruzione, e infatti il 71,9% dei cittadini felici è in possesso della sola licenza elementare. Chi ha un livello di istruzione superiore, invece, è più scontento. Quanto all'appartenenza politica (appunto che in periodo preelettorale non fa mai male), i più soddisfatti risultano essere gli elettori di centro, seguiti da quelli di destra e di centrodestra. I più critici, invece, quelli di centrosinistra.
Ma quali sono i motivi di tanta soddisfazione? Per un terzo del campione, sono le bellezze naturali del Paese, per il 31% la libertà d'opinione e di espressione e per il 28,9% la tradizione artistico-culturale. Il 16,7% poi indica il clima piacevole, il 15,8% il benessere economico e il 14,3% la buona cucina. Tutta questa soddisfazione si traduce nel fatto che solo il 37,8% degli intervistati è disposto a trasferirsi all'estero.

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28 gennaio 2006
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