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Il discredito e la calunnia

Il pm Nino Di Matteo: "Chi ci accusa di essere delle star non ha davvero capito nulla"

10 aprile 2014

"Io per Di Matteo ho grande rispetto e stima. Potrà cambiare ufficio ma non sarà un gettare la spugna, questo non lo farà mai". Così il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, in un intervista a Radio Capital, parlando delle minacce al pm Nino Di Matteo e della sua richiesta di trasferimento alla Direzione nazionale antimafia.
E non ha alcuna intezione di gettare la spugna Di Matteo, preoccupato di più casomai, dalle minacce provenienti non dalla criminalità organizzata ma dall’interno delle istituzioni. In un'intervista pubblicata sull'opuscolo 'Le memorie del male', all'interno della collana 'I quaderni dell'antimafia' curata dall'associazione Contrariamente e presentata nell'aula magna di giurisprudenza di Palermo, il magistrato ha detto: "Da sempre c'è un tentativo di screditare, se non di azzerare, il fenomeno delle collaborazioni con la giustizia. Per fare questo strumentalmente vengono agitati sempre gli stessi argomenti: l'inaffidabilità di alcuni collaboratori e i depistaggi avvenuti in certi casi anche attraverso alcuni collaboratori di giustizia".

"La storia di Spatuzza è emblematica - prosegue il pm nell'intervista - perché fino a quando le dichiarazioni dello stesso si limitavano a ricostruire gli aspetti della partecipazione materiale di cosa nostra alla strage di via D'Amelio, non vi fu alcuna polemica, anzi venne consolidata la figura di collaboratore attendibile. Diversamente, quando le sue dichiarazioni hanno evidenziato la possibilità che alla strage avessero partecipato anche soggetti esterni a Cosa nostra e, soprattutto, quando le sue dichiarazioni hanno riguardato le sue conoscenze in merito ai rapporti con Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, non sono iniziate solo le polemiche, ma sul presupposto della cosiddetta tardività rispetto al termine di queste dichiarazioni, venne, dall'apposita commissione del ministero dell'Interno, quindi da un organismo politico, rigettata la richiesta del programma di protezione che tre procure della Repubblica, Palermo, Caltanissetta e Firenze, avevano avanzato".

"I collaboratori hanno capito - si legge ancora nell'intervista - che fin quando le loro dichiarazioni riguardano aspetti ordinari della mafia militare le loro dichiarazioni sono accettate dall'opinione pubblica; laddove invece le loro dichiarazioni riguardino le collusioni tra mafia e politica o mafia e istituzioni inevitabilmente a livello mediatico e politico scattano vere e proprie campagne di discredito, quando non ancora di diffamazione e calunnia nei loro confronti".

"Ci dicono che siamo magistrati alla ricerca del consenso e della popolarità. Ci accusano di essere star. Non hanno capito nulla", ha detto poi il sostituto procuratore presso la Dda di Palermo, intervenendo alla facoltà di Giurisprudenza di Palermo, in occasione della terza edizione della Giornata Universitaria dell'Antimafia organizzata dalla Rete Universitaria Mediterranea e dalla associazione Contrariamente. "L'attenzione della gente non è per il magistrato-personaggio - ha aggiunto - ma è una pretesa di verità e giustizia contro chi pensa che il potere perpetui se stesso, e contro chi pensa che il potere, specialmente quello mafioso, sia inestinguibile. Io sono convinto che tutto questo cambierà anche se ci vorranno anni e generazioni di uomini e donne che antepongano il coraggio e la dignità alla propria carriera".

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, LiveSicilia.it]

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10 aprile 2014
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