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Il faraonico dissalatore di Porto Empedocle: prende l'acqua dal mare, la potabilizza e... la ributta a mare (?!)

13 febbraio 2007









E l'acqua per Agrigento finisce di nuovo in mare

di Gian Antonio Stella (Corriere, 12 febbraio 2007)

Buttano via l'acqua potabile mentre dai rubinetti di interi quartieri di Agrigento, a dispetto delle luccicanti promesse intorno al nuovo dissalatore, non esce una goccia da una settimana o addirittura da dieci giorni. Come succede nelle estati più sahariane e roventi.
Non potevano scegliere un posto simbolicamente più adatto, per piazzare quel dissalatore che dovrebbe dissetare, così dicono, l'antica Girgenti. E' a Kaos, la frazione della città dove Luigi Pirandello nacque e dove è sepolto sotto il celebre pino che una tromba d'aria si portò via una decina di anni fa lasciando soltanto un tronco. Ricordate cosa si dice in ''Sei personaggi in cerca d'autore''? Che «la vita è piena d'infinite assurdità, le quali sfacciatamente non han neppure bisogno di parer verosimili; perché sono vere».
Tutta pirandelliana è questa storia. Che parte appunto dalla grande sete di Agrigento dove già venti anni fa, come ricorda Nicola Scialabba (il primo commissario a metter un po' di ordine a costo di fare arrestare gente che si rubava ettolitri senza pagare una lira) «arrivavano 400 litri al giorno pro capite. Come ad Amsterdam! Solo che poi quest'acqua non arrivava in casa».
Colpa della rete idrica. Così vecchia, trascurata, malandata che dopo l'addio dell'ultimo fontaniere andato in pensione nessuno sa più esattamente ''dove'' passino i tubi perché una mappa come si deve non è mai stata fatta e i fontanieri ricordavano tutto a memoria.

La prima missione di ogni sindaco, ogni assessore, ogni dirigente dell'acquedotto avrebbe dovuto da anni essere quella: sistemare le condotte di una città che, ricca di testimonianze storiche grandiose, è però poverissima di sorgenti. Tanto da spingere la gente, nei momenti di crisi, quando proprio non ne può più, a chiedere aiuto a San Calogero e ordinare messe di preghiera e organizzare perfino processioni. Macché, un progetto serio di restauro della rete non è mai stato varato.
E così l'acqua che arriva da posti lontani decine di chilometri come dal dissalatore di Gela, dalla sorgente di Favara di Burgio e da Santo Stefano di Quisquina, appena entra nelle sgarrupate condotte girgentine esce e se ne va disperdendosi attraverso mille crepe e mille saldature incrinate e mille tubi marci. Una stima esatta dell'acqua persa in questa emorragia non è possibile: oltre la metà, pare. Fatto sta che gli agrigentini si sono adattati. E chi sta ai margini della campagna o ha un giardino ha interrato enormi cisterne anche da cinquemila litri. Chi sta in certi condomini ha piazzato cisterne più piccole sui terrazzi. E chi non aveva la possibilità di fare né l'una né l'altra cosa si è attrezzato comprando taniche e damigiane e recipienti di ogni tipo che tiene lì. Pronti per il momento in cui, una volta alla settimana o ogni dieci giorni, per alcune ore, senza preavviso (una volta le fornivano, le previsioni, ma siccome la gente si arrabbiava perché erano sempre sbagliate, hanno lasciato perdere) i rubinetti cominciano a buttare. Al che il primo che se ne accorge, anche in piena notte, esce sul pianerottolo e urla: «L'acqua! È arrivata l'acqua!». Così che tutti possano mettersi all'opera e riempire tutto ciò che si può riempire.

Ci campano da anni, ad Agrigento, sulla promessa di portare l'acqua. Il «profeta» più famoso in zona era Vincenzo Lo Giudice, un assessore regionale poi finito in cella per mafia. Lo chiamavano «Mangialasagna», faceva «'u commissariu» all'emergenza idrica, irrompeva nei paesi con una corte di portaborse e galoppini e tirava fuori un bastone donato (così giurava) da un rabdomante sudamericano e lo batteva per terra tuonando: «Acqua! Dove sei, acqua? L'acqua vi dugnu! Io l'acqua vi do!». E il bastone, assicuravano i seguaci, «suonava davvero come il gorgoglio di un ruscello».
A farla corta, le alternative erano due. Una capillare revisione della rete idrica seguita da una faticosa e oscura manutenzione quotidiana, cosa che non si può spacciare con la banda musicale sul mercato elettorale. Oppure un impianto grande e costoso e nuovo di zecca che si prestasse a una bella cerimonia e desse ad Agrigento tanta di quell'acqua ma tanta da poter continuare a perderne la metà. Va da sé che, nell'attesa di fare un domani la prima cosa, hanno optato per la seconda. E così, un mese fa, il 13 gennaio, le agenzie di stampa rilanciavano entusiaste: «Basta con la penuria di acqua nell'Agrigentino. È stato inaugurato oggi, durante una cerimonia presieduta dal Presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro, il dissalatore di Porto Empedocle. L'impianto sarà in grado di erogare circa 100 litri al secondo, corrispondenti ad un apporto di 3 milioni di metri cubi d'acqua all'anno».
E tutti in coro: tre milioni di metri cubi! Certo, caruccio: 14.868.000 euro. Investiti dalla ''New Ctida Hydro Sistet'' in base a un contratto con il Comune di Agrigento in cui garantisce «la fornitura triennale dell'acqua al prezzo di 1,18 euro al metro cubo, per complessivi 10,6 milioni di euro, di cui 0,57 euro al metro cubo coperti dal comune di Agrigento e 0,61 euro al metro cubo integrati per tre anni dal commissario per l'Emergenza (per un totale di 5,5 milioni) in ragione dell'aumento del costo derivante dalla dissalazione». Una follia, per le opposizioni: tanto più «con la prossima realizzazione del raddoppio delle condotte della dissalata di Gela e del Favara di Bugio che porteranno ad Agrigento un maggiore quantitativo di acqua che nel giro di poco tempo vanificherà la produzione di 100 litri al secondo del dissalatore rendendolo praticamente superfluo ed inutile».

Chi ha ragione? Si vedrà. Ciò che è certo è che a distanza di un mese non si è vista una goccia. «Dove sono i cento litri d'acqua al secondo che dovevano fare uscire la città dall'emergenza?», ha chiesto polemico 'Il Giornale di Sicilia', ricordando come oggi arrivino dalle vecchie condotte solo 175 litri al secondo. La solita storia: proprio come successe con l'autostrada Messina-Palermo (e la faccenda è finita in un'inchiesta giudiziaria) anche il dissalatore di Kaos era stato inaugurato ad uso dei fotografi e delle cineprese. Senza che fossero completate tutte le procedure, senza il collaudo finale e pare addirittura senza la messa in funzione di tutte le pompe necessarie a portar l'acqua ad Agrigento. Così, da allora, raccoglie l'acqua di mare, la potabilizza e la ributta nel Mediterraneo.

 

 

 

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13 febbraio 2007
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