Il federalismo è legge
Via libera del Senato al disegno di legge. Maggioranza e Idv votano sì, il Pd si astiene, l'Udc contraria
Ieri il Senato ha approvato il ddl sul federalismo, che diventa legge. A favore 154 voti, 87 gli astenuti, 6 i voti contrari. A fronte del voto a favore della maggioranza e dell'Idv, il Pd si è astenuto mentre l'Udc ha votato contro.
Il gruppo della Lega si è alzato in piedi in aula per applaudire il ministro Umberto Bossi "mente e regista", come lo definisce il capogruppo Federico Bricolo, del federalismo fiscale che il Senato si appresta ad approvare in via definitiva. Bricolo ha salutato il provvedimento come "una svolta epocale", il "provvedimento più importante di questa legislatura" in base al quale "i soldi delle tasse resteranno sul territorio, nessuno più deciderà a Roma come saranno spesi: saremo padroni in casa nostra". Il capogruppo leghista ha commentato positivamente il clima "sereno, costruttivo, senza contrapposizioni muro contro muro" che ha caratterizzato l'iter della riforma nei rapporti con l'opposizione.
Più autonomia per Regioni, Province e Comuni, un tetto alla pressione fiscale; 'bicameralina' per il parere sui decreti attuativi, maggiore trasparenza nei meccanismi finanziari; istituzione di 10 città metropolitane. Questi i punti cardine del provvedimento.
Secondo le nuove norme, le autonomie locali per finanziare i servizi erogati potranno avvalersi di un fondo perequativo e della compartecipazione a tributi erariali e a tributi propri. Per i Comuni è previsto un sistema misto di compartecipazione a Iva e Irpef. Con questa riforma si punta a dare autonomia tributaria agli enti territoriali evitando di aumentare la pressione fiscale.
Fissati criteri di quantificazione dei fondi perequativi nella fase transitoria che garantiscono agli enti locali di ricevere, nel complesso, lo stesso ammontare di risorse di cui dispongono attualmente. Attraverso i decreti attuativi, quindi, dovrà essere garantita l'individuazione di un tetto limite massimo della pressione fiscale e del suo riparto tra i vari livelli di governo.
In arrivo norme specifiche per la Capitale: il Consiglio comunale di Roma infatti sarà chiamato ''assemblea capitolina'' e il suo status sarà regolato da una apposita legge dello Stato. Per il via libera definitivo di Roma città metropolitana, a differenza di quanto accade per le altre, servirà l'accordo tra il Comune e la Provincia. Oltre a quelle attualmente spettanti al comune di Roma, sono attribuite alla Capitale nuove funzioni amministrative: concorso alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali, previo accordo con il ministero per i Beni e le attività culturali; sviluppo economico e sociale di Roma capitale con particolare riferimento al settore produttivo e turistico; sviluppo urbano e pianificazione territoriale; edilizia pubblica e privata; organizzazione e funzionamento dei servizi urbani, con particolare riferimento al trasporto pubblico e alla mobilità; protezione civile, in collaborazione con la presidenza del Consiglio dei ministri e la regione Lazio.
Con la riforma viene definito il percorso per l'istituzione di 10 città metropolitane: Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. L'iter, che prevede anche un referendum consultivo della popolazione, potrebbe anche portare alla cancellazione delle corrispondenti Province.
Con la riforma viene istituita una Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale. Sarà composta da trenta membri tra deputati e senatori e sarà affiancata da un Comitato delle autonomie locali. Il Comitato è composto da dodici membri dei quali sei in rappresentanza delle regioni, due in rappresentanza delle province e quattro in rappresentanza dei comuni.
Al via anche una commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, con il compito di acquisire ed elaborare elementi conoscitivi per consentire all'esecutivo di predisporre gli schemi dei decreti legislativi di attuazione. Ne fanno parte 30 componenti, dei quali 15 rappresentanti tecnici dello Stato e 15 rappresentanti tecnici degli enti territoriali. Partecipano inoltre alle riunioni un rappresentante tecnico della Camera e uno del Senato e un rappresentante tecnico delle Assemblee legislative regionali e delle Province autonome.
Con la nuova legge viene cancellata la riserva di aliquota Irpef tra le fonti che le Regioni utilizzano per finanziare le spese essenziali, sostituita da compartecipazioni ai tributi erariali e, in via prioritaria, al gettito Iva. Sì al Patto di stabilità in sostituzione del precedente Patto di convergenza e via libera all' istituzione di un tavolo confronto nell'ambito della Conferenza Stato-Regioni tra Governo e singole Regioni a Statuto speciale. Entro due anni saranno emanati i decreti legislativi attuativi. La fase transitoria durerà 5 anni. [Adnkronos]