Il futuro di Mario Monti
Il premier al Washington Post: "Non ho ancora riflettuto sul futuro, ma sono preoccupato che i miei sforzi vengano vanificati"
"Non ho ancora riflettuto del tutto su questo argomento". Così il premier Mario Monti, in un'intervista al Washington Post concessa lo scorso weekend a Cernobbio risponde a una domanda sul suo futuro e sulla possibilità che gli venga chiesto da una coalizione di partiti, dopo le prossime elezioni, di rimanere alla guida del governo. "Sono stato talmente impegnato a governare il Paese in questi difficili mesi", dice il premier, da non aver potuto riflettere su una tale ipotesi e su quale risposta dare a una richiesta del genere. "Il futuro politico sul quale sono concentrato - aggiunge Monti - finisce nella primavera del prossimo anno con le elezioni".
Alla domanda se ha avuto esitazioni davanti alla richiesta di diventare primo ministro, "no", risponde secco il professore che rivela anche di essere stato fin dal primo momento consapevole della difficoltà del compito che gli veniva affidato.
Il presidente del Consiglio è "preoccupato" che gli sforzi fatti dal governo e i progressi compiuti dal Paese siano vanificati dopo l'uscita di scena del suo esecutivo. "Naturalmente sono preoccupato", aggiunge Monti. "Ma ho la speranza che questo non accadrà perché i politici hanno avuto il tempo di riflettere e stanno lavorando al loro rinnovamento", prosegue. Inoltre, ha detto il professore, "l'Italia, come altri Paesi, sta operando nell'ambito di regole europee che limitano il grado di politiche creative che possono essere introdotte da qualsiasi nuovo governo o Parlamento".
Monti dice anche che per completare il processo di riforme avviato dal governo tecnico ci vorranno "anni". E, parlando dei sacrifici richiesti agli italiani, sottolinea come sia "doloroso per il governo chiederli e doloroso per i cittadini accettarli". "Forse - continua - se fossimo un normale governo politico sarebbe ancora più difficile". "Per questo - aggiunge - è importante per me in quanto primo ministro e per i miei ministri distanziarci da qualsiasi speculazione sul futuro, finché ricopriamo questi incarichi... la gente capirà che questi sacrifici sono necessari e avrà la speranza che questo consentirà all'Italia di mettersi su un cammino nuovo, più solido e produttivo". Il ricorso al governo tecnico, rimarca il premier, è un fatto "insolito" e dà la misura "di quanto grave fosse la situazione".
Quanto alla Grecia, ''non credo che possa uscire dall'eurozona senza danneggiare altri paesi" europei, afferma nell'intervista, nella quale sottolinea tuttavia che è "irrealistico" aspettarsi che Atene possa completamente riformarsi. "E' anche nel massimo interesse di tutti gli altri Paesi che la Grecia sia nell'eurozona e che, naturalmente, prosegua con il profondo processo di disciplina fiscale e riforme strutturali che ha iniziato - dice Monti - Quello che i greci stanno facendo non raggiunge quanto richiesto dall'Ue, ma è comunque molto notevole. Normalmente serve una generazione per avere un cambiamento di cultura e politica del tipo che si vuole far raggiungere alla Grecia in tre o quattro anni". Alla domanda se ciò sia irrealistico, Monti risponde: "E' irrealistico che lo facciano pienamente. Che lo facciano ad un sufficiente alto grado è realistico, doloroso ma necessario. A queste condizioni, e questa sarà la posizione dell'Italia, dobbiamo sostenere la Grecia e il suo mantenimento nell'Ue". E quando gli viene chiesto se l'uscita della Grecia dall'eurozona solleverebbe domande su chi sarebbe il prossimo, risponde che "questa è una delle ragioni perché è nell'interesse generale che la Grecia vi rimanga".
Riguardo poi alla Germania, con il cancelliere tedesco Angela Merkel "non vi è stato uno scontro", ma "discussioni lunghe e costruttive". La Merkel "mi ha sempre sostenuto personalmente e ha sostenuto gli sforzi del mio governo. Allo stesso tempo - prosegue Monti - io e altri nell'Unione Europea volevamo migliorare la governance nell'eurozona e su alcuni aspetti la Germania non era completamente d'accordo".
Al Washington Post il professore spiega che una migliore governance significa "strumenti per la stabilità, compresa la possibilità di un intervento della Bce". "L'Italia e altri volevano più strumenti per la Ue, compreso il meccanismo di stabilità europeo... Inizialmente, Germania e Italia avevano due opinioni diverse. Poi, con diverse discussioni nel corso di settimane e infine al Consiglio europeo di giugno, abbiamo trovato un accordo. Da allora ho incontrato la Merkel varie volte e lavoriamo insieme in modo armonioso e costruttivo". [Adnkronos/Washington Post]