Il Governo approva il decreto anti-scarcerazioni
Via libera del Consiglio dei ministri al dl che scongiura gli effetti della legge ex Cirielli del 2005
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge per scongiurare il pericolo di un ritorno in libertà di boss e criminali in base alla decisione della Cassazione del 21 gennaio che ha attribuito alle Corti di Assise, e non più ai tribunali, la competenza a processare capimafia imputati di reati in presenza di particolari aggravanti con previsione di pena di 24 o più anni (LEGGI).
Il provvedimento era stato preannunciato domenica scorsa dal ministro della Giustizia Angelino Alfano (LEGGI) allo scopo di "sterilizzare" quanto stabilito dalla legge ex Cirielli del dicembre 2005 che ha inasprito le pene per gli esponenti di spicco di Cosa Nostra stabilendo il passaggio di competenza.
Gli uffici del ministero hanno elaborato due bozze di provvedimento. La prima, con un intervento sull’art. 33 bis del codice di procedura penale sulle competenze dei Tribunali: il decreto darebbe una interpretazione autentica sulla competenza in materia di associazione mafiosa (416 bis), escludendo qualsiasi attribuzione alle Corti di Assise. Trattandosi di una norma interpretativa, avrebbe valore retroattivo con effetti anche sui processi in corso. La seconda ipotesi, invece, prevede un intervento sull’art. 5 del cpp (competenza delle Corti di Assise che giudicano reati con pene non inferiori nel massimo a 24 anni): il primo articolo della bozza esclude delitti di "associazione di tipo mafioso, anche straniera, comunque aggravati"; nel secondo articolo viene aggiunta una norma transitoria per far sì che la nuova disciplina si applichi anche ai processi in corso, ad esclusione di quelli per i quali il dibattimento è già iniziato in Corte di Assise, e anche per riconoscere efficacia agli atti compiuti e ai provvedimenti emessi prima dell’entrata in vigore della nuova legge.
Inoltre, sempre la norma transitoria del decreto che interviene sulle competenze delle Corti di Assise, dichiara prive di effetto le sentenze dichiarative dell’incompetenza per materia del tribunale emesse prima dell’entrata in vigore del dl. E ancora: alle parti che abbiano già sollevato impugnazioni lamentando l’incompetenza dei Tribunali, verrebbero concessi altri 60 giorni per nuove impugnazioni per nuovi motivi.
La strada che si sceglierà ha implicazioni non solo tecniche ma anche politiche. Nel ddl di riforma del codice di procedura penale presentato lo scorso anno dal ministro Alfano, e ora in Commissione Giustizia al Senato, si prevede che la competenza del reato 416 bis passi alle Corti di Assise, composte anche di giudici popolari, fortemente caldeggiati dalla Lega Nord. Qualora il governo opti per un intervento sull’art. 5 cpp sarà un implicito disconoscimento di quel principio di partecipazione dei cittadini all’amministrazione della giustizia contenuto nel ddl Alfano rispetto al quale l’opposizione insorge per il pericolo di influenzabilità dei giudici popolari. Viceversa, intervenire con una norma interpretativa sulle competenze dei Tribunali avrebbe il duplice effetto di salvare i processi a rischio dopo la pronuncia della Cassazione, ma allo stesso tempo non precluderebbe una futura attribuzione dei reati di mafia alle Corti di Assise. [ La Stampa.it]