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Il governo ha ottenuto la fiducia

316 i sì, 301 i no: Berlusconi ottiene la fiducia alla Camera con la maggioranza assoluta

14 ottobre 2011

AGGIORNAMENTO
Il governo Berlusconi ottiene la fiducia alla Camera: 316 i sì, 301 i no.
Ovvero la maggioranza assoluta. L'opposizione non ha partecipato alla prima "chiama", tentando di non far raggiungere il numero legale (315) per la votazione. Il tentativo non sarebbe andato comunque a buon fine perché la maggioranza avrebbe avuto lo stesso il numero esatto di presenti ma, in ogni caso, la strategia è stata fatta saltare da cinque deputati radicali e da due dell'Svp. Questi ultimi, infatti, sono entrati in aula e hanno votato (315 sì e 7 no i risultati della prima chiama). Tanto che al secondo "appello", al resto dell'opposizione non è rimasto che prendere parte al voto.
Feroce la reazione di Rosy Bindi. "Ora che hanno votato i radicali, entrate, non restate qui. Fate presto" le dice un sorridente Maurizio Lupi (Pdl), vicepresidente della Camera. La presidente dell'Assemblea del Pd, Rosy Bindi, allarga sconsolata le braccia e poi, quando Lupi con una battuta le fa presente che "i voti sono voti", replica ironica: "No, gli stronzi sono stronzi".

Secondo le previsioni, il governo avrebbe dovuto ottenere la maggioranza. Il problema era la sua consistenza, ovvero raggiungere la maggioranza assoluta di 316 deputati che garantisse una maggior forza per governare: risultato ottenuto.
"Ho la fiducia dopo aver sventato la figuraccia dell'opposizione che ha sbagliato i suoi calcoli mettendo in atto i vecchi trucchi del più bieco parlamentarismo e offrendo una immagine su cui gli italiani rifletteranno" ha commentato Silvio Berlusconi ancora prima che finisca la seconda "chiama".
Non sono bastate a far cadere il governo le assenze dei cosiddetti "scajoliani" Fabio Gava e Giustina Destro. L'ex ministro invece ha votato sì. In precedenza aveva rassicurato: "Oggi ci sarà la fiducia". Pur chiedendo un'inversione di rotta: "Se non si cambia, i nomi dei deputati che non voteranno la fiducia si moltiplicheranno e si andrà a sbattere".

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"Berlusconi ha fatto un discorso penoso sul piano politico. Non ha risposto in alcun modo al presidente della Repubblica". Questo il commento del segretario del Pd Pierluigi Bersani subito dopo la conclusione dell'intervento di ieri del premier alla Camera (LEGGI). Insomma "acqua fresca", ha detto "parole al vento". "Al di là della fiducia - ha proseguito Bersani - Berlusconi come intende operare?".
Quanto al rendiconto, ha sottolineato il segretario del Pd, "stiamo assistendo a un escamotage altrettanto penoso. Siamo nella situazione di un governo che non è in grado di reggere e rimane inchiodato alla sedia attraverso dei meccanismi, tecniche di sopravvivenza". "Siamo al tramonto, drammatico, fiammeggiante. Ma comunque tramonto", ha aggiunto.
"Prima o poi l'appuntamento arriva" e "noi stiamo predisponendo il nostro progetto", ha proseguito ancora. "Noi ci rivolgiamo al Paese, stiamo organizzando per il 5 novembre una grande manifestazione, stiamo predisponendo il nostro progetto perché prima o poi l'appuntamento arriva, bisognerà decidere: vogliamo ancora un salvatore della patria o un democrazia rappresentativa?". "Affidarci a una persona ci ha portato al punto in cui siamo - ha proseguito il leader del Pd -. Adesso ci vuole una grande opera di ricostruzione, riformare i partiti, ma i partiti ci vogliono, cambiare la legge elettorale, stiamo nel solco della Costituzione che è la più bella del mondo e costruiamo un progetto sociale".

"Avete notato che Bossi sbadigliava? Avete contato gli sbadigli? Quanti sono stati? Sei? Sette", ha detto Francesco Rutelli che ha replicato in questo modo a chi gli ha fatto notare che magari questo no significava una rottura: "Forse una rottura di p...", ha detto. Poi, sempre riferito a Bossi: "Sembrava demotivato mentre Berlusconi dava un messaggio assurdo". "La mia previsione è che il governo domani avrà la fiducia e dalla settimana prossima tutto sarà da capo: ci saranno parlamentari che si assenteranno e che faranno mancare i loro voti e da dopodomani il governo sarà in una condizione ancora più critica", ha concluso aggiungendo sulla scelta dell'opposizione dell'Aventino: "Un gesto forte, radicale, importante, per sottolineare l'estrema gravità della gestione della crisi, che però non si deve ripetere".
"Mi sono rifiutato di ascoltare una Wanna Marchi della politica che continua a vendere fumo e illusioni ai cittadini", ha detto invece Antonio Di Pietro. "Il governo non esiste più e l'Italia ha bisogno di un governo vero, non di un po' di Wanna Marchi e un po' di sistema mafioso". "Idv è pronta, se il capo dello Stato lo chiede, ad un breve governo di transizione per la legge elettorale, ma poi si vada subito a elezioni", ha aggiunto. "Abbiamo il dovere di costruire l'alternativa", ha sottolineato Di Pietro.

Intanto è caccia al 'disertore in pectore'. Ufficialmente nel Pdl c'è molto ottimismo per il voto di oggi sulla fiducia, ma sottotraccia resta la paura delle assenze in Aula. Una vera e propria roulette russa, con tutte le variabili e incognite del caso. Il deputato pidiellino Mario Pepe, da sempre termometro dei maldipancia interni, lo dice a chiare lettere: "Tutto si giocherà sulle assenze, il voto non è affatto scontato, vedo tanti parlamentari perplessi, penso a Versace, Soglia, Sardelli... Comunque, Berlusconi alla fine dovrebbe farcela". Maurizio Grassano, esponente di 'Popolo e territorio', da giorni critico verso il governo, assicura che non tradirà: "Ho sempre detto che non farò mancare mai il mio sostegno durante la fiducia e anche stavolta sarò coerente, ma questo non significa che voterò i provvedimenti che non mi piacciono e sono molti". Grassano azzarda una previsione: "Ho visto molti visi scuri dopo l'intervento del premier, ma scommetto che alla fine passerà con 320 voti, anche con quello di Sardelli".
Nel Pdl c'è preoccupazione perché potrebbero mancare all'appello 6-7 voti. Qualcuno 'confida' in una mano dei radicali, anche se i pannelliani hanno detto a chiare lettere che di votare la fiducia non se ne parla. Non a caso Pepe butta lì: "La delegazione dei parlamentari radicali ha dimostrato ancora una volta di avere uno spiccato senso istituzionale". Le varie anime pidielline alla fine dovrebbero ricompattarsi. In attesa della vera partita, quella sul decreto sviluppo: il nodo resta quello dei soldi per finanziare le misure. Nel partito continua il 'braccio di ferro' tra i sostenitori del 'costo zero' e quelli della 'spesa'.

Berlusconi sa bene che molti parlamentari potrebbero sfilarsi se non arriverà un cambio di passo per uscire dall'emergenza economica. Non è passato inosservato il suo appello all'unità lanciato durante la replica a Montecitorio: "Sono pronto ad accogliere le suggestioni di tutti per la formulazione e la preparazione del dl. Sono disponibile a colloqui e incontri in questi giorni". E dopo il vertice di mercoledì sera a Palazzo Grazioli, il premier torna a vedere Giulio Tremonti subito dopo l'intervento in aula.
Franco Frattini, ministro degli Esteri e tra i leader di 'Liberamente', sposa in pieno la linea di Berlusconi: "Il dl sviluppo non può essere a costo zero". E quando gli fanno notare che il responsabile dell'Economia la pensa diversamente, il titolare della Farnesina assicura: "Sono convinto che troveremo un accordo, ma, ripeto, nel decreto in questione c'è una parte a costo zero e una parte che comporterà degli oneri".
In Transatlantico, a Montecitorio, i parlamentari pidiellini non parlano d'altro. Tutti scommettono su un voto di fiducia sul filo di lana. I 'bookmakers' azzurri puntano su quota 316 o al massimo 318, in pochi 'vedono' il 320 che Silvio Berlusconi avrebbe auspicato durante il Cdm. Tra gli ex responsabili in bilico viene considerato Michele Pisacane, mentre sarebbero congelate per ora le perplessità di Luciano Sardelli (in contatto con i centristi). Anche i fedelissimi di Gianfranco Miccichè dovrebbero assicurare l'appoggio per conto di Forza del Sud.

Continua a circolare la voce sull'assenza in Aula di alcuni scajoliani, ma l'ex ministro dello Sviluppo avrebbe 'sondato' uno per uno i suoi uomini per non fare brutti scherzi oggi. Raccontano che Scajola abbia convinto in zona Cesarini Giustina Destro, Roberto Antonione e Fabio Gava a votare la fiducia a Silvio Berlusconi. Resta l'incognita di Santo Versace che ha già annunciato che non voterà la fiducia e che forse oggi resterà a Milano, senza presentarsi a Montecitorio (una soluzione vista di buon occhio nel Pdl).
Tre le assenze certe: quelle di Alfonso Papa (agli arresti a Poggioreale), Pietro Franzoso (in ospedale) e Antonio Gaglione (assente ormai da tempo alle votazioni in aula). Secondo chi aggiorna il pallottoliere, non si potrà contare nemmeno sull'ex democristiano Calogero Mannino, che ha votato contro sul rendiconto generale dello Stato. Tra gli 'scontenti' resta anche Francesco Nucara: pur mantenendo le perplessità, il segretario del Pri assicura il voto di fiducia, dopo aver riunito la direzione del partito.
Nessun dubbio, invece, sulla lealtà della Lega. Marco Reguzzoni, presidente dei deputati è convinto che non si saranno divisioni interne: "Tutti i nostri deputati voteranno la fiducia al governo Berlusconi". Gli fa eco Sebastiano Fogliato, vicepresidente del gruppo del Carroccio a Montecitorio: "Voteremo compatti".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign]

 

 

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14 ottobre 2011
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