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Il governo italiano chiede con forza alla Libia di fare il proprio dovere per bloccare l'ondata di clandestini

22 agosto 2006

E' arrivato ieri nella tarda mattinata a Lampedusa il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, per una visita nell'isola e nelle acque al largo della quale si sono verificati i due naufragi di barconi di immigrati. Il ministro, accompagnato dal comandante della Guardia Costiera Ammiraglio Dassatti, ha visitato il centro di accoglienza presente sull'isola per ascoltare gli immigrati giunti dall'Africa e successivamente ha incontrato le autorità locali.

Ed è stata chiara e poco diplomatica l'accusa che il ministro Bianchi, a conclusione di una riunione, ha rivolto al governo libico che non farebbe nulla per bloccare l'ondata di emigrazione che dalle coste del paese di Gheddafi si riversa sull'isola di Lampedusa.
Un'accusa poi in serata smorzata dal premier Romano Prodi. Il presidente del Consiglio ha raccontato infatti che ''i contatti sono stati frequenti, la Libia coopera e la sua cooperazione è importantissima''. Prodi ha spiegato: ''Deve essere costruita anche nel lungo periodo e deve arrivare anche a livello europeo, perché la Libia chiede di fermare l'immigrazione prima che questa arrivi nel suo territorio''. In ogni caso ''il problema è trovare accordi in modo che non partano. Su questo stiamo lavorando con Amato in prima fila''.

Inoltre il ministro dei Trasporti ha annunciato un intervento ''immediato e straordinario'' di circa 10 milioni di euro per potenziare l'operatività della Guardia Costiera: ''La situazione ha aspetti di vera drammaticità - ha spiegato il ministro - e nelle condizioni attuali il servizio essenziale e prezioso della Capitaneria di Porto non può essere svolto come dovrebbe. Per questo c'è necessità di un intervento. Sono qui - ha aggiunto Bianchi - per portare l'impegno del governo a prendere provvedimenti nei prossimi giorni. Abbiamo la necessità di rafforzare il presidio di uomini e mezzi in mare per far fronte alle situazioni di emergenza e fare un salto di qualità''.
''Cercheremo di fare in modo di convincere il governo libico che il fenomeno dei migranti
- ha affermato Bianchi a Lampedusa - è un problema che non può essere oggetto di discussione sul dare e avere''. Alla Libia il ministro chiede una ''più opportuna vigilanza'' sulle coste africane dove altre migliaia di disperati sono in attesa di partire e ribadisce che su questa drammatica vicenda ''non si può contrattare un 'do ut des': è un terreno che vede folle di disperati buttati in mare su carrette a costante rischio di naufragio''.
La linea del ministro Bianchi, come già detto smorzata dalle parole di Prodi, ha riceveto il consenso dell'Airl (Associazione italiana rimpatriati dalla Libia). ''Se si vuole davvero voltare pagina una volta per tutte - fa sapere il presidente dell'Airl, Giovanna Ortu - dopo tanti maldestri tentativi di firmare protocolli poco dignitosi, bisogna affrontare la questione con serenità e concretezza''.

''Contro gli scafisti e tutti coloro che materialmente si mettono alla guida delle carrette del mare - ha poi detto il ministro Bianchi - che trasportano in Italia migliaia di disperati è necessario un provvedimento particolare'': è questa la richiesta che il ministro Bianchi rivolgerà nei prossimi giorni al collega Clemente Mastella. ''Nel generale ripensamento della legge sull'immigrazione (la Bossi-Fini, ndr), che ha bisogno di modifiche profonde se non di un azzeramento, il discorso sugli scafisti deve essere oggetto di un provvedimento particolare''. Bisogna quindi, ha spiegato Bianchi, ''introdurre norme particolari per questo tipo di reato''.
Nel corso della sua visita a Lampedusa, il ministro ha anche chiesto un maggiore impegno della Comunità Europea, come nei giorni scorsi aveva già fatto il ministro dell'Interno Giuliano Amato. ''Serve un'azione forte, coesa e decisa dell'Ue, provvedimenti di più ampio respiro che portino ad un'azione combinata con gli altri partner dell'Unione Europea per una politica più incisiva nei confronti del fenomeno''.

E mentre l'emergenza immigrazione continua ad essere il quotidiano per l'isola di Lampedusa, lo scontro politico sulla Bossi-Fini sale ancora di tono. La miccia è stata accesa dal leghista Roberto Calderoli che ha invocato il ricorso all'uso della forza, come previsto dalla legge del governo Berlusconi: ''Altro che tirare in ballo la legge Bossi-Fini, per sopprimerla o comunque modificarla: va soltanto applicata fino in fondo e la legge parla chiaramente di respingimento alle frontiere e, nel caso, anche dell'utilizzo della forza, una salva davanti, una salva dietro al limite delle acque territoriali e vedrete che non solo le navi ritorneranno sui loro passi ma inizieranno a non partire nemmeno più sapendo ciò che li attende nelle acque intermedie''. Calderoli ha criticato anche la nota con cui il Viminale ha voluto smentire l'intenzione di interrompere i rapporti con il paese del Maghreb: ''Errare è umano, perseverare è diabolico'', ha detto Calderoli. Che poi ha attaccato Gheddafi: ''Non si può continuare a cedere ai ricatti di un dittatore che utilizza l'arma dell'immigrazione irregolare come strumento di influenza politica e per i suoi interessi. I paesi civili possono dialogare soltanto con i paesi democratici e in Libia la democrazia non c'è visto che lo ha proprio ieri sostenuto il figlio del dittatore, Islam Gheddafi''.

Per Alleanza Nazionale l'esodo massiccio di queste ultime settimane è anche frutto della ''politica demagogica del governo'', mentre per l'ex ministro forzista Pisanu la Bossi-Fini è ''perfettibile, anche se l'unico modo per risolvere l'emergenza è quello di impedire la partenza delle carrette''. Di tutt'altro avviso il centrosinistra. Per il Pdci il superamento della Bossi-Fini e dei centri di permanenza sono un ''passaggio necessario''. ''Le ultime tragedie che hanno causato purtroppo ancora morti dimostrano - afferma Marco Rizzo - il totale fallimento della legge Bossi-Fini che va abrogata. Vanno chiusi i cpt e rivisti bene i patti di Libia''. E su questa posizione convergono Udeur, Italia dei valori e Verdi perché, sostengono, la legge ''ha fallito''. Mentre il radicale Capezzone chiede che si accertino le ''gravissime'' responsabilità del leader libico Gheddafi.

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22 agosto 2006
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