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Il grande depistaggio sulla strage di via D'Amelio

Il procuratore Ilda Boccassini ascoltata al processo per la strage Borsellino

22 gennaio 2014

"La prova regina del fatto che Vincenzo Scarantino era un mentitore era già nel suo pentimento, nel suo background criminale. Diceva cose assurde, chiamava in causa collaboratori di giustizia di caratura ben più elevata che non era in grado neanche di riconoscere in foto. Con il collega Roberto Sajeva mettemmo nero su bianco le nostre perplessità, scrivemmo che si stava imboccando una pista pericolosa, lo dicemmo al procuratore Tinebra, ai colleghi Anna Palma e Nino Di Matteo, lo segnalammo in una nota inviata anche alla Procura di Palermo".
Ilda Boccassini, procuratore aggiunto a Milano, è tornata ieri a Caltanissetta, dove per due anni, dal 1992 al '94, fu applicata per indagare sulla strage di via d'Amelio. E’ tornata a Caltanissetta perché chiamata a deporre al nuovo processo per l'omicidio del giudice Borsellino, e qui ha confermato che già nel '94 c'erano tutti gli elementi per capire che il pentimento di Vincenzo Scarantino era un bluff. "Scarantino - ha raccontato la Boccassini - dal carcere faceva arrivare messaggi tramite la polizia penitenziaria. Accennava alla possibilità di parlare, poi si tirava indietro. Oscillava. Fino a giugno quando ci fu la ciliegina finale, decise di collaborare e andammo a Pianosa a sentirlo".

Nessuno però prese in considerazione le sue osservazioni e la pista Scarantino, portata avanti per 18 anni, finì per deviare il corso delle indagini mandando all'ergastolo otto innocenti ora in attesa della revisione del processo.
Di chi fu la responsabilità di quel depistaggio? Del defunto Arnaldo La Barbera, allora coordinatore del gruppo dell polizia che indagava sulle stragi, come sembrano ipotizzare le più recenti acquiszioni della Procura di Caltanissetta che ha iscritto nel registro degli indagati alcuni investigatori della polizia ipotizzando le loro responsabilità nella manipolazione di Scarantino? La risposta della Boccassini lo esclude tassativamente: "La responsabilità delle scelte investigative che furono fatte è della Procura, non certo delle forze di polizia. Se si è scelto di continuare su questa pista vuol dire che i colleghi si sono convinti cosi".

Già nel '94, ha rivelato ancora la Boccassini, si sarebbe potuta imboccare, cosa che si è fatta solo l'anno scorso dopo il suo pentimento, la pista di Gaspare Spatuzza, l'uomo di fiducia dei Graviano. "Fui io a fare acquisire il suo tabulato già nel '94. Il suo numero veniva fuori dalle intercettazioni di altri personaggi coinvolti nella strage". "Tramite l'analisi dei cellulari già nel giugno del 1994 uscì fuori l'utenza di Gaspare Spatuzza nelle indagini sulla strage di via D'Amelio. Fino ad allora c'erano collegamenti che potevano portare allo spunto investigativo che ora si persegue". "Scoprimmo - ha aggiunto Boccassini - che il 19 luglio del '92 (giorno della morte di Borsellino ndr) c'erano telefonate tra Gian Battista Ferrante e Fifetto Cannella e da lì si risaliva a Spatuzza". Spatuzza, che ha cominciato a collaborare con la giustizia nel 2008, ha riscritto la storia della strage di via D'Amelio svelando il depistaggio, che coinvolge i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta, Calogero Pulci, tra gli imputati del processo, sulla fase esecutiva dell'attentato. Grazie alla collaborazione del pentito, che si è autoaccusato della strage in cui fu ucciso Borsellino, è stato possibile ricostruire le fasi preparatorie dell'eccidio e scagionare i sette innocenti accusati da Scarantino, Pulci e Andriotta.

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22 gennaio 2014
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