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Il metodo Stamina e la Corte europea dei diritti dell'Uomo

A Strasburgo hanno valutato legittimo lo stop alle cure con il metodo di Davide Vannoni

29 maggio 2014

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito ieri che la decisione delle autorità italiane di rifiutare l'accesso al metodo Stamina a una donna, affetta sin dall'adolescenza da una malattia degenerativa del cervello, non ha leso i suoi diritti. Alla corte si era rivolto un cittadino italiano che si era visto rifiutare dal tribunale di Udine l'accesso al metodo Stamina, richiesto per la figlia.
Secondo il ricorrente, la pronuncia del tribunale aveva leso il diritto alla vita e quello al rispetto della vita privata. Inoltre, secondo il ricorrente, la sentenza italiana era discriminatoria, perché in altri casi simili a quello di sua figlia altri tribunali hanno autorizzato le somministrazioni.

Ma i giudici della Corte europea dei diritti umani non hanno accolto le sue tesi ed hanno invece stabilito che le autorità italiane non hanno leso alcun diritto della donna. I giudici di Strasburgo ritengono che nel rifiutare l'accesso al metodo stamina il tribunale di Udine abbia dato "ragioni sufficienti" e che la decisione non è stata "arbitraria".
Due le motivazioni del rigetto: il rifiuto, scrivono i giudici di Strasburgo, è stato imposto sulla base del decreto legge n. 24 del marzo 2013, che regola l'accesso al metodo Stamina e stabilisce che al metodo possono avere accesso solo i pazienti che hanno iniziato la cura prima dell'entrata in vigore della nuova legge. Inoltre, osserva la Corte europea dei diritti umani, "a oggi il valore terapeutico del metodo stamina non è stato provato scientificamente" e il citato decreto legge "persegue il giusto obiettivo di proteggere la salute dei cittadini".

La pronuncia è arrivata nel giorno in cui un nuovo verdetto della magistratura impone invece agli Spedali Civili di Brescia di riprendere le infusioni secondo il protocollo della Stamina Foundation di Davide Vannoni, stavolta per una bimba di Modica affetta dal morbo di Niemann Pick. Il tribunale di Ragusa, sezione Lavoro, ha intimato infatti all'ospedale bresciano di individuare entro 5 giorni un medico che possa fare il trattamento con le staminali alla bambina di 2 anni e 8 mesi per i quali i genitori hanno chiesto l'intervento della magistratura. La piccola ha già subito due infusioni e gli era stata negata la terza, da qui la decisione del giudice: "Cinque giorni di tempo per lanciare una ricerca a tappeto - si legge nella ordinanza del tribunale - fra Ordini dei medici, strutture sanitarie pubbliche ed enti di ricerca e trovare camici bianchi disposti a praticare le infusioni secondo il metodo Stamina".

I medici degli Spedali Civili, finiti nel mezzo della battaglia che sta opponendo il ministero e la comunità scientifica da un lato e diversi giudici dall'altro, hanno deciso di sospendere le infusioni in attesa che sul metodo Stamina si pronunci la nuova commissione di esperti nominata dal ministero della Salute.

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29 maggio 2014
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