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Il ministro Frattini ringrazia Israele...

Dopo averli arrestati e picchiati, Israele ha iniziato ad espellere gli attivisti trattenuti dopo l'assalto alla Freedom Flottilla

03 giugno 2010

Ieri Israele ha iniziato a espellere gli attivisti trattenuti dopo l'assalto alla 'Freedom Flottilla' (LEGGI). Anche i sei nostri connazionali bloccati (Angela Lano, Giuseppe Fallisi, Ismail Abdel Rahim Qaraqe Awin, Marcello Faracci Zani e Manolo Luppichini)  sono stati liberati e si apprestano a rientrare in Italia.
Il ministro degli Esteri Franco Frattini si è detto "particolarmente grato al governo israeliano per la collaborazione offerta e alla nostra ambasciata a Tel Aviv per l'impegno con cui ha sin dall'inizio seguito la vicenda adoperandosi per la rapida liberazione dei nostri connazionali e affinché i loro diritti fossero tutelati al massimo".
"Non so quanto possiamo realmente dire 'grazie Israele'", ha detto invece all'Adnkronos Fernando Lattarulo, marito di Angela Lano, la giornalista di 'Infopal.it'. "Ho sentito Angela ieri sera per 15 secondi - ha raccontato ieri Lattarulo - e abbiamo dovuto parlare in inglese perché ad Angela è stato vietato di usare la lingua italiana. Gli italiani hanno avuto un trattamento diverso nel periodo di detenzione, considerando che non potevano chiamare nessuno e non potevano parlare con nessuno, mentre una volontaria brasiliana ha potuto addirittura rilasciare interviste". "Certamente ora sono più tranquillo, tutto si è risolto e non vedo l'ora di riabbracciare Angela", ha aggiunto.

Intanto, mentre il ministro Frattini ancora ringrazia Israele, i sei pacifisti italiani che sono sulla via di casa (cinque nella notte sono arrivati a Istanbul e in mattinata dovrebbero raggiungere la loro patria insieme al sesto che dovrebbe arrivare direttamente da Tel Aviv), denunciano le violenze e raccontano come hanno vissuto questo incubo: prima l'assalto alla nave su cui viaggiavano, la '8.000', poi l'arresto e la permanenza in prigione.
"Siamo stati picchiati". "Prima sulla nave dai militari e poi ancora poco fa all'aeroporto di Tel Aviv" dalla polizia. E' questo il racconto di Giuseppe Fallisi. "Ci picchiavano ad esempio se non ci sedevamo, e dopo averci picchiati ci mandavano i medici a visitarci", afferma il tenore milanese. "Siamo stati portati in un carcere in mezzo al deserto, appena finito di costruire: sembrava lo avessero costruito apposta per noi. In prigione non ci sono state violenze, avevamo a disposizione anche una doccia", ha raccontato ancora Fallisi.
Manolo Luppichini, l'unico dei sei attivisti italiani rimasto in Israele perché privo di passaporto, è rimasto coinvolto in una "violenta discussione" con le forze di polizia israeliane, ha raccontato al suo arrivo in Turchia Fallisi. "Un ragazzo di origine palestinese di nome Osama si è messo a discutere con la polizia, sono cominciate a volare parole grosse e qualche sberla, a quel punto Manolo è intervenuto per difenderlo. I poliziotti lo hanno portato via", ha detto Fallisi. "Quando stavamo per muoverci per l'aeroporto, io ho chiesto che fine avesse fatto Manolo, la polizia mi ha risposto che sarebbe arrivato di lì a poco e invece non l'ho più visto".
"Abbiamo subito un vero e proprio rapimento". "Sia sulla nave che in prigione, dove non avevamo nessun tipo di diritto: non potevamo fare telefonate, chiamare i nostri avvocati", ha aggiunto Angela Lano. "Sono anni che mi occupo di Palestina - ha affermato la giornalista torinese, 47 anni - ma la violenza che ho visto su quelle navi è stata incredibile". "Ho già chiamato mio marito: ora è molto più tranquillo", ha aggiunto la Lano. La giornalista fa sapere di non aver firmato "alcun foglio del governo israeliano prima di uscire da Israele".
"L'assalto dei soldati israeliani che si sono avvicinati alla nostra nave a bordo dei gommoni sembrava una scena di 'Apocalypse now'", racconta citando il film di guerra di Francis Ford Coppola il trentenne Manuel Zani, il più giovane tra gli attivisti italiani fermati durante il blitz israeliano e arrivati stanotte a Istanbul dopo l'espulsione da Tel Aviv. "Vedere tutti quei soldati bardati, col volto coperto... Avevo paura - continua il videomaker romagnolo - ma per una po' mi sono goduto la scena". "Quando abbiano capito che ci stavano per aggredire ci siamo separati in due gruppi. Io sono andato con i giornalisti nella cabina di pilotaggio per cercare di filmare quello che stava succedendo, ma ci hanno sequestrato tutto: ho perso diecimila euro di attrezzature e non so se le recupererò mai", spiega Zani. "In Israele non ci torno neanche morto - conclude il trentenne, per la prima volta a bordo della flottiglia Free Gaza -, ma voglio tornare in Palestina al più presto".
E c'è chi, a solo pochi minuti dal suo rilascio, già pensa al prossimo viaggio. Come l'italo palestinese Ismail Abdel-Rahim Qaraqe Awin: "Abbiamo fatto questo sacrificio per la gente di Gaza - dice con rabbia -, per quel milione e mezzo di palestinesi che sono in galera. Vogliamo farlo ancora. Vogliamo che il governo italiano e di tutto i Paesi del mondo capiscano. Basta con il silenzio: end the siege on Gaza".

Intanto, secondo quanto riferito da una portavoce del sistema carcerario israeliano all'agenzia tedesca Dpa, Israele avrebbe già rilasciato 449 dei circa 600 attivisti stranieri. Tra loro ci sono anche 123 cittadini di stati arabi, tra cui Giordania e Kuwait, che sono stati trasportati in pullman al posto di frontiera israeliano di Allenby, sul Giordano.
Gli attivisti di tutto il mondo che hanno preso parte alla flottiglia internazionale carica di aiuti diretti alla Striscia di Gaza sono "da oggi cittadini della Palestina", ha affermato il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas durante il lungo discorso di apertura della Conferenza per gli investimenti internazionali nei Territori a Betlemme, presente anche il sottosegretario agli Esteri italiano, Stefania Craxi. "Questo sangue versato due giorni fa non sarà vano. Sono i nostri martiri - ha detto Abbas - e da oggi li consideriamo cittadini della Palestina". "Non è la prima volta che il sangue di arabi, musulmani e occidentali si mischia con quello palestinese nel lungo viaggio verso la libertà", ha aggiunto Abbas. Poi il ringraziamento diretto "alla Turchia per quanto si è esposta". Subito dopo le parole del leader dell'Anp, che ha anche ringraziato l'Egitto, i partecipanti alla conferenza, in gran parte provenienti dal mondo arabo, hanno fatto partire un lungo applauso con una standing ovation. "Credo che questa standing ovation arriverà alla popolazione turca, che sostiene i nostri diritti", ha detto Abu Mazen parlando poi di come anche i media israeliani abbiano deplorato l'assalto alla flottiglia. "La maggior parte dei media israeliani ha criticato questa stupida, brutale aggressione israeliana - ha detto - Spero che Israele abbia imparato la lezione e accetti ora il processo di pace e la soluzione dei due Stati". Abbas ha quindi espresso l'ulteriore speranza che "la risposta palestinese a questo massacro siano la riconciliazione nazionale e l'unificazione", con un chiaro riferimento alle divergenze tra le fazioni politiche palestinesi e alla riconciliazione tra il suo partito, al-Fatah, che guida la Cisgiordania, e quello di Hamas, che controlla la Striscia di Gaza.
"Andrò da Obama e gli riferirò le sofferenze del popolo palestinese - ha detto ancora Abu Mazen - Il mio messaggio durante il nostro incontro a Washington sarà che abbiamo bisogno di decisioni coraggiose per cambiare il volto della regione". Il leader palestinese si recherà a Washington il 9 giugno.

E prosegue la missione la nave 'Rachel Corrie', partita lunedì da Malta con un carico di aiuti umanitari destinati alla Striscia di Gaza. All'emittente irlandese RTE, Derek Graham, membro dell'equipaggio, ha spiegato che i 15 attivisti a bordo dell'imbarcazione, a cui è stato dato il nome di una donna americana uccisa a Gaza nel 2003, "si sono riuniti dopo i fatti di lunedì", quando le prime navi di aiuti per Gaza sono state attaccate dai militari israeliani, e ora sono ''più determinati che mai a portare a termine la nostra missione". A bordo della nave c'è anche Mairead Corrigan, pacifista nordirlandese, vincitrice del premio Nobel per la pace nel 1976.
Il governo israeliano ha fatto sapere di essere pronto a scortare la nave verso le sue coste e di farsi carico della consegna degli aiuti ai palestinesi di Gaza, aggiungendo che anche l'Egitto ha dato questa disponibilità. Ma Graham ha affermato di temere che non tutti gli auti giungano a destinazione. La 'Rachel Corrie' trasporta attrezzature mediche, cancelleria e cemento. Quest'ultimo materiale è tra quelli che Israele vieta di introdurre a Gaza, per timore che venga usato per la ricostruzione delle infrastrutture militari di Hamas.
Intanto, il Consiglio Onu per i diritti umani ha approvato una risoluzione in cui si annuncia l'invio di una missione indipendente d'inchiesta per chiarire le circostanze dell'attacco israeliano. Il testo è stato infatti votato, nel corso di una riunione straordinaria a Ginevra, sede del Consiglio, con 32 sì, 3 no e 9 astensioni. Contrari gli Usa, mentre i vari stati Ue hanno votato contro o si sono astenuti. L'Italia ha votato contro il testo di risoluzione approvato dal Consiglio dell'Onu per i diritti umani perché ritiene Israele "uno Stato democratico e perfettamente in grado di condurre un'inchiesta credibile e indipendente, il che non significa necessariamente internazionale". A puntualizzarlo è stato il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari, il quale ha spiegato che il ministro degli Esteri Franco Frattini è stato uno dei primi a chiedere che vi fosse un'inchiesta credibile e democratica per accertare i fatti. L'Italia, in tal senso, condivide pienamente il testo della dichiarazione approvato ieri mattina dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in cui si chiedeva un'inchiesta "rapida, imparziale, credibile e trasparente".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it]

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03 giugno 2010
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