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Il mobbing, è ormai risaputo, può rovinare la vita ma non è un reato previsto dal nostro codice penale

31 agosto 2007

Dopo la fatica fatta per far riconoscere il ''mobbing'' come vero e proprio problema sociale, chi malauguratamente incappa in vessazioni sul luogo di lavoro, può soltanto intraprendere una causa civile e chiedere il risarcimento del danno. Sì perché il mobbing non è un reato previsto dal nostro codice penale.
E' quanto ci spiega la Corte di Cassazione (quinta sezione penale, sentenza n.33624) confermando la decisione del gup di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) che aveva pronunciato il non luogo a procedere dei confronti di un preside. Il dirigente scolastico era stato accusato da una docente di ''lesioni personali volontarie gravi in ragione dell'indebolimento permanente dell'organo della funzione psichica'', in una sola parola: mobbing.
Il giudice, però, aveva ritenuto ''insostenibile'' la tesi, espressa dall'accusa e dal consulente tecnico, rilevando che non era possibile individuare un atto a cui fossero riconducibili le cause della malattia della docente.

''La condotta di mobbing - ha spiegato ancora il Collegio - suppone non tanto un singolo atto lesivo, ma una mirata reiterazione di una pluralità di atteggiamenti, anche se non singolarmente connotati da rilevanza penale, convergenti sia nell'esprimere l'ostilità del soggetto attivo verso la vittima sia nell'efficace capacità di mortificare e di isolare il dipendente nell'ambiente di lavoro''.
Al più il preside avrebbe potuto essere condannato per maltrattamenti, ma l'insegnante non è riuscita a provare la continuità nel tempo delle vessazioni subite e la correlazione con la patologia lamentata. Infatti, ''la figura di reato maggiormente prossima ai connotati caratterizzanti il cosiddetto mobbing è quella descritta dall'articolo 572 c.p. (maltrattamenti, ndr) commessa da persona dotata di autorità per l'esercizio di una professione''.
Nel caso in questione, la Suprema Corte, ha dunque ritenuto corretta ed esaustiva la motivazione addotta dal gup, poiché ''non è dato vedere - sottolineano i giudici - quale azione possa ritenersi illecita e causativa della malattia della docente''.

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31 agosto 2007
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