Il nuovo processo per la strage di via D'Amelio
Rinvio a giudizio per i due boss Madonia e Tutino e per tre falsi pentiti
Il nuovo processo per la strage di via d'Amelio, in cui morirono il giudice Borsellino e gli agenti della scorta, si aprirà il 22 marzo davanti alla Corte d'Assise di Caltanissetta. Lo ha deciso il Gup David Salvucci che ha disposto il rinvio a giudizio per i capimafia palermitani Salvatore Madonia e Vittorio Tutino, accusati di avere avuto un ruolo chiave nella preparazione e nella fase esecutiva dell'attentato, e con l'accusa di calunnia aggravata, i falsi pentiti Vincenzo Scarantino e Francesco Andriotta, autori di un clamoroso depistaggio che ha portato alla condanna, per l'eccidio, di 7 innocenti. A giudizio, sempre per calunnia, anche l'ex pentito Calogero Pulci.
Una sorte processuale separata avrà, invece, il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza che con le sue dichiarazioni ha consentito ai magistrati di riscrivere la storia delle fasi preparatorie dell'attentato. Spatuzza ha chiesto l'abbreviato che è stato fissato per domani, venerdì 15 febbraio.
Una scelta analoga a quella di Salvatore Candura, un altro falso pentito della prima ora, come Scarantino e Andriotta, rivelatosi poi inattendibile.
Secondo la ricostruzione dell'accusa, basata oltre che sugli spunti offerti da Spatuzza da numerosi riscontri investigativi, Paolo Borsellino venne ucciso perché era un ostacolo alla trattativa che pezzi di Cosa nostra avevano avviato con lo Stato. La strage venne anticipata. Riina aveva, infatti, l'esigenza di fare subito l'attentato anche a costo di sacrificare molte vite umane.
Numerose le parti civili costituite che saranno presenti al processo: oltre ai familiari delle vittime della strage, Gaetano Murana e Gaetano Scotto, due dei sette condannati ingiustamente per l'eccidio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il ministero dell'Interno e quello della Giustizia, la Regione siciliana, il Comune di Palermo e il centro studi Pio La Torre.
Nella sua requisitoria l'aggiunto Domenico Gozzo, che sostiene l'accusa insieme ai colleghi Stefano Luciani e Gabriele Paci, e al procuratore Sergio Lari, non aveva lesinato stoccate a Massimo Ciancimino, teste dalle alterne vicende giudiziarie arrestato dai pm di Palermo per calunnia: "È inattendibile ha gestito le sue dichiarazioni centellinandole e dividendole in circa cento interrogatori".
E mentre manca poco più di un mese all'apertura del nuovo processo resta ancora aperta l'inchiesta sui poliziotti Mario Bo, Vincenzo Ricciardi e Salvatore La Barbera che facevano parte del pool che coordinò l'inchiesta sulla strage. Sono indagati per avere indotto i "pentiti" a fare le false dichiarazioni sugli organizzatori e sugli esecutori dell'attentato.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Corriere del Mezzogiorno]