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Il padrino Nino Rotolo al figlioccio: ''Spara sempre due-tre colpi, uno alla testa... E non ti sbrizziari''

28 giugno 2006

Killer di mafia a 25 anni
''Spara alla testa e non sporcarti''
di Giovanni Bianconi (Corriere.it, 25 giugno 2006)

''Spara sempre due-tre colpi'', raccomanda il padrino al suo figlioccio. Parlano di come si ammazza una persona, e il vecchio detta le regole: ''Non ti avvicinare assai... Non c'è bisogno di fare troppo scrusciu'', cioè rumore. I colpi possono attirare attenzioni sbagliate. ''Uno... per buttarlo a terra'', si inserisce il giovane, come a far capire di avere capito: ''Ne abbiamo già parlato di queste cose qua''. Ma il vecchio insiste: ''Quando cade a terra, in testa e basta. Vedi che in testa poi ti puoi sbrizziari'', che significa schizzare, macchiare; ''quindi subito...'', è bene fare attenzione.

C'è anche questa ''lezione di omicidio'' nei colloqui tra mafiosi intercettati dalla polizia nella baracca in lamiera costruita dietro il muro di casa da dove Antonino Rotolo, ergastolano agli arresti domiciliari, continuava a dirigere gli affari di Cosa nostra. (leggi Guidasicilia 20/06/06)
Il ''padrino'' è lui, e così lo chiama il suo figlioccio, Gianni Nicchi, giovanissimo ma già esperto uomo d'azione delle cosche palermitane. Nato nel 1981, figlio di un ''uomo d'onore'' condannato all'ergastolo, secondo l'accusa Nicchi è pienamente inserito nella ''famiglia'' mafiosa di Pagliarelli. Quando la polizia è andata a prenderlo, la sera del blitz in cui sono stati arrestati Rotolo e altre 45 persone, non l'ha trovato. A 25 anni Nicchi è già latitante.
''Gianni è mio figlioccio, però ti dico, per me è come se fosse figlio mio'', spiegava Rotolo a un altro mafioso: ''Con Giovanni, quando parli con lui è come se parlassi con me. È la stessa cosa...''. L'investitura del boss al ragazzo risale a meno di un anno fa, ottobre 2005. Un mese prima, nello stesso casotto c'era stata la ''lezione di omicidio''. Nicchi raccontava le mosse programmate per uccidere ''uno o più soggetti non meglio identificati'', come recita l'ordine d'arresto della Procura di Palermo.

Rotolo: ''Con chi lo vuoi fare questo lavoro?''.
Nicchi: ''Non abbiamo bisogno di nessuno, dobbiamo essere solo due''.
Rotolo: ''Parla piano! Due chi, tu...?''.
Nicchi: ''Io con Enzo, o io e Totò, e basta. Non abbiamo bisogno... Lo sa perché? Non mi devono blindare le strade, perché... la strada di passaggio libera fino in via Roccella...''.
Rotolo s'informa sulle armi: ''Un revolver l'uno'', ordina, e si raccomanda: ''Ma si devono provare''. Poi s'intrattiene sul numero dei colpi e dice a Nicchi di fare attenzione a non sporcarsi quando sparerà in testa alla vittima. Il ragazzo passa a descrivere l'abbigliamento: ''Pantaloni in cerata che appena lo tiro si strappa tutto, quello coi bottoni. E un k-way in cerata. Sempre col casco messo, e basta''.
Rotolo: ''E i guanti?''.
Nicchi: ''Quelli che ho io, in lattice, tipo quelli degli infermieri''.
Rotolo: ''Ma dico, hai provato a tenere il revolver con i guanti di lattice?''.
Nicchi: ''Sì, tutto, per vedere se mi scivola. Già lei me lo ha spiegato... abbiamo fatto tutto''.

Rotolo ha altre istruzioni per il dopo omicidio: ''Poi, tutto quello che hai messo si deve bruciare, o sennò vruricari'', cioè sotterrare, ''e vedi che facendo un fatto di questo, due tre giorni ti devi andare a chiudere, perché una traccia... rimane la polvere''.
Il vecchio capomafia teme la prova ''stub'', quella per rilevare le tracce di polvere da sparo sulla pelle di chi ha usato un'arma, e suggerisce al giovane una contromisura: ''Non ti scordare mai... Eventualmente il concime delle piante (...). Metti un poco di questo concime in un sacchetto...''. ''Già me lo sto andando a prendere...'', risponde Nicchi.
A Cosa Nostra il ragazzo non serve solo per sparare. Negli stessi giorni pianificava con Rotolo le estorsioni ai danni di commercianti cinesi di Palermo: sui negozi e sui rifornimenti di merce al porto. ''Padrino - diceva Nicchi a Rotolo - qui noi gli mettiamo non solo la tassa di rione... Gli mettiamo pure la tassa sugli sbarchi e negli imbarchi che loro fanno''.
Il programma per convincere i riottosi a pagare era pronto: ''Da giovedì prossimo gli facciano danno ai cinesi (...). Ora fuoco non gliene si può dare?'', domanda il figlioccio, ma il padrino dice che ''no, non ci si deve dare''. Il ragazzo ripiega su una soluzione più blanda: ''Giovedì notte, il corso dei Mille, tutti! Mettiamo l'Attak in tutti i negozi che ci sono''.
La registrazione è del 21 ottobre 2005. Il riscontro è arrivato con la nota di polizia della settimana successiva: ''Il 27 ottobre alcuni cittadini cinesi, titolari di esercizi siti nella zona della stazione di Palermo, denunciavano di aver subito il danneggiamento delle serrature dei rispettivi esercizi commerciali a mezzo dell'inserimento nelle stesse di colla''.

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28 giugno 2006
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