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Il Paese dei condoni

In Italia, dal 1980 a oggi, incassati grazie alle sanatorie ben 62,5 miliardi

01 novembre 2011

Italia, paese di condoni. Negli ultimi 30 anni l'erario ha incassato 62,5 miliardi di euro, grazie alle sanatorie che sono state messe in campo dai governi che si sono alternati alla guida del paese. In media, quindi, nelle casse dello Stato sono entrati 2,1 miliardi l'anno, con la punta massima raggiunta nel 2003 quando sono stati incassati 17,6 miliardi. E' quanto emerge dai dati dell'Istat, sulle imposte delle amministrazioni pubbliche negli anni 1980-2010, elaborati dall'Adnkronos.
Il bottino più ricco arriva dal condono tombale del governo Berlusconi, che nel biennio 2003-2004 ha fatto incassare 25,1 miliardi. Mentre dagli scudi fiscali sono arrivati 2,1 miliardi nel biennio 2003-2004 e 5,7 miliardi nel 2009-2010. Il condono edilizio ha garantito 4,6 miliardi, mentre dalle altre sanatorie è arrivato il resto del bottino. In particolare la regolarizzazione dei ritardati e omessi versamenti delle imposte ha portato 264 milioni di euro dal 1997 al 2002 mentre dalle sanatorie degli anni pregressi delle imposte dirette, indirette e dall'accertamento con adesione sono arrivati complessivamente 27 miliardi nel trentennio.

Ben il 55,1% del gettito complessivo è arrivato negli ultimi 10 anni, in cui sono stati incassati 34,4 miliardi. Il primo condono dall'inizio della serie storica è arrivato nel 1982 con il governo Spadolini, che l'anno successivo ha portato nelle casse dello Stato 3,3 miliardi di euro. Nel 1991 è stata la volta del condono targato dal governo Andreotti, che nei due anni successivi ha garantito 9,4 miliardi di entrate. Nel 1995 ci ha pensato il governo Dini a mettere in campo una sanatoria, che ha portato 6,9 miliardi di gettito. Mentre gli ultimi due condoni, del governo Berlusconi, sono quelli del 2003 (condono tombale) e 2009 (scudo fiscale) che complessivamente hanno fatto incassare 33,1 miliardi.
L'ipotesi di un terzo condono targato governo Berlusconi è tornata alla ribalta, come possibile strumento per incassare liquidi da investire nel decreto sviluppo. Ad avvalorare le indiscrezioni c'è stata la bozza circolata in settimana, che conteneva diverse diverse ipotesi.

Il coro di no, che si è sollevato appena sono iniziate a circolare indiscrezioni su possibili sanatorie, è composto da molte voci, che vanno dai commercialisti alla Banca d'Italia, passando per sindacati e opposizione. Palazzo Koch, nell'ultima audizione al Senato, ha ribadito i propri dubbi sull'utilizzo delle sanatorie: in Italia - si è fatto notare - ci sono stati tanti condoni negli anni passati, per questo sarebbe meglio essere "cauti" nell'utilizzo delle sanatorie.
"Sarei cauto sull'utilizzo dei condoni - ha affermato il capo dell'area ricerca economica di Bankitalia, Daniele Franco - nel senso che in questo Paese ne abbiamo avuti tanti ed è un Paese in cui l'evasione fiscale è molto ampia". Di qui "il rischio che un condono possa in qualche modo non aiutarci a uscire da questa situazione". Le sanatorie, ha aggiunto Franco, "hanno ovviamente pro e contro: avere gettito, chiudere situazioni passate e avere risorse per interventi utili" sul lato dei pro. Mentre dall'altro lato ci sono "effetti distorsivi che vengono dal segnale che viene mandato al contribuente".
A stigmatizzare l'utilizzo del condono, per trovare le risorse necessarie allo sviluppo, sono stati anche i commercialisti: "Questo tipo di iniziative - ha sottolineato il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Claudio Siciliotti - portano tanto gettito ma tolgono tanta credibilità, distruggono il già precario, per non dire inesistente, rapporto di fiducia tra fisco e contribuenti".

Un altro stop a possibili sanatorie arriva dalla Corte dei conti, secondo cui "un gettito una tantum può essere utile ma nel caso di specie va tenuto conto che ci sono dei gettiti attesi dalle misure di lotta all'evasione che, in caso di adozione dei condoni, naturalmente verrebbero vanificati". Il presidente di sezione della magistratura contabile, Luigi Mazzillo, a margine di un'audizione, ha sottolineato che vanno inoltre considerati "i vincoli derivanti dalla normativa europea".
A più riprese anche il sindacato di corso d'Italia ha criticato l'ipotesi di un nuovo condono: "Sono un incentivo a una nuova immersione" che, unite alle ipotesi sulla riforma delle pensioni, "tendono a far pagare di più chi già paga", ha sottolineato il leader della Cgil, Susanna Camusso. "Siamo un paese che ha uno straordinario problema di evasione. Continuare ogni due per tre a sollecitare il fatto che tanto poi si viene condonati - ha spiegato Camusso - è un modo per favorire l'evasione".
La bocciatura è arrivata anche dalla Uil, secondo cui "bisogna combattere l'evasione fiscale: quella è la vera riforma fiscale, il condono è esattamente il contrario di quello che serve", ha affermato il segretario Luigi Angeletti. Mentre la Cisl ha sottolineato di essere "in forte disaccordo sul condono perché sarebbe un invito a continuare con l'evasione fiscale che è la più alta d'Europa", ha affermato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. Categorico, infine, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che ha annunciato: "Noi ci metteremo di traverso, condoni basta". [Adnkronos/Ign]

 

 

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01 novembre 2011
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