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Il Papa lancia l'obiezione di coscienza farmaceutica

Benedetto XVI ai farmacisti cattolici: ''Non vendete medicine contro la vita''

14 settembre 2009

I farmacisti cattolici non possono rinunciare alle esigenze della loro coscienza in nome delle leggi del mercato e devono sempre rispettare la legge morale della Chiesa sul rispetto della vita umana.
È questa la grave preoccupazione del Papa riportata dall'arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, durante il Congresso Mondiale della Federazione Internazionale Farmacisti Cattolici, in corso a Poznan, in Polonia, sul tema "La sicurezza del medicinale: etica e coscienza per il farmacista".
Benedetto XVI nel suo messaggio ricorda anche "nella distribuzione delle medicine il farmacista non può rinunciare alle esigenze della sua coscienza in nome delle leggi del mercato, né in nome di compiacenti legislazioni. Il guadagno, legittimo e necessario, deve essere sempre subordinato al rispetto della legge morale e all'adesione al magistero della Chiesa".

"Per il farmacista cattolico - prosegue il pontefice nel suo messaggio - l'insegnamento della Chiesa sul rispetto della vita e della dignità della persona umana sin dal suo concepimento e fino ai suoi ultimi momenti, è di natura etica e morale". Nelle parole di Benedetto XVI c'è poi un riferimento abbastanza esplicito alla pillola abortiva, agli anticoncezionali e ai farmaci in grado di favorire di fatto l'eutanasia: "Non è possibile anestetizzare le coscienze, ad esempio sugli effetti di molecole che hanno come fine quello di evitare l'annidamento di un embrione o di abbreviare la vita di una persona. Il farmacista deve invitare ciascuno a un sussulto di umanità, affinchè ogni essere sia tutelato dal suo concepimento fino alla sua morte naturale e i farmaci svolgano veramente il ruolo terapeutico".

All'Angelus della mattina, il Papa aveva affrontato anche della necessità della rettitudine per i cattolici. "Uno può anche avere una retta fede nel Padre e nel Figlio, così come nello Spirito Santo, ma se non ha una retta vita, la sua fede non gli servirà per la salvezza" aveva detto citando le severe parole di San Giovanni Crisostomo per commentare l'affermazione del Vangelo "Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio", facendo suo l'invito dell'antico padre della Chiesa a "non pensare che questo verso basti a salvarci: sono necessari una vita e un comportamento purissimi".
"Gesù - ha ricordato il Pontefice - non è venuto a insegnarci una filosofia, ma a mostrarci una via, anzi, la via che conduce alla vita. Questa via è l'amore, che è l'espressione della vera fede. Se uno ama il prossimo con cuore puro e generoso, vuol dire che conosce veramente Dio". Invece, "se uno dice di avere fede, ma non ama i fratelli, non è un vero credente. Dio non abita in lui», perchè, come «afferma chiaramente» san Giacomo nella seconda lettura della messa di questa domenica, ha ricordato il Papa teologo, «se non è seguita dalle opere, la fede in se stessa è morta". [Corriere.it]

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14 settembre 2009
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