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Il paradosso di Palermo

Nel capoluogo cresce il numero dei visitatori ma in pochi vanno a visitare i musei

02 dicembre 2015

Cresce il numero dei turisti a Palermo ma diminuiscono i visitatori nei musei. Un dato che sembrerebbe un ossimoro e che è invece uno dei paradossi della città fotografato in uno studio di Maurizio Giambalvo e Simone Lucido, fondatori di "Next - Nuove Energie per il territorio", finanziato dalla Fondazione Sicilia.
Si scopre così che negli ultimi 15 anni Palermo ha assistito a un aumento, lieve ma costante, dei flussi turistici: gli arrivi in porti e aeroporti sono aumentati dal 2000 in poi del 10,25%, mentre le presenze in strutture ufficiali sono cresciute del 9,29% (a cui aggiungere le presenze in strutture informali). Eppure nel periodo 2000-2014 i principali siti museali regionali hanno perso circa il 50% dei visitatori crollando da punte superiori alle 460 mila persone del 2001 fino ai 210 mila del 2014, cioè poco più di quante persone (circa 196 mila) avevano visitato nel 2000 il solo sito di San Giovanni degli Eremiti. Questo mentre in tutta Italia crescono i visitatori nei musei pubblici.

Come spiegare questa tendenza? I due studiosi individuano la causa nel "debolissimo indicatore di attivazione" (pari al 10,2%) dei flussi turistici che colloca Palermo al 78° posto in Italia, sebbene su 112 città italiane il capoluogo siciliano risulti settimo per risorse culturali-naturali. In sostanza, non è capace di "convertire" il gran numero di visitatori in fruitori dell’offerta culturale. Nel periodo analizzato nello studio tutti i musei hanno avuto un calo drastico delle presenze, eccetto la Cappella Palatina. Un’eccezione che spiega già alcune cause. La strutture di Palazzo dei Normanni, infatti, è tra "gli esempi virtuosi di una programmazione culturale efficiente", segnalato anche da Federculture: è passata dai circa 200 mila visitatori del 2004 agli oltre 360 mila nel 2014 con un incremento dell’84% in un decennio. "Altrettanto positivo - sottolineano nello studio Giambalvo e Lucido - l’andamento degli incassi della biglietteria che nel 2013 hanno toccato i circa 2 milioni di euro per un incremento di oltre il 30% rispetto al 2012".

Altro esempio positivo è quello del Teatro Massimo che ha adottato una "diversificazione delle strategie di valorizzazione del patrimonio con l’apertura al pubblico e l’efficiente servizio di visite guidate (in 4 lingue oltre all’italiano: inglese, francese, spagnolo e tedesco)".

Esempi non seguiti da altre strutture museali della città. "In alcuni casi - si legge nello studio - hanno certamente inciso nell’andamento dei flussi i periodi anche prolungati di chiusura per restauro che hanno coinvolto i siti più importanti: San Giovanni degli Eremiti, Palazzo Abatellis, chiusi entrambi nel corso del 2008 e riaperti tra la metà e la fine del 2009. Inoltre, non esiste una strategia di comunicazione complessiva e le informazioni sui beni visitabili sono poco aggiornate e difficilmente accessibili".

Giambalvo e Lucido suggeriscono anche l’attivazione di "driver" in grado di dare nuovo impulso alla valorizzazione delle risorse culturali palermitane. Si tratta del circuito arabo-normanno riconosciuto dall’Unesco; di nuovi punti di riferimento legati alla cultura del contemporaneo come potrebbero essere la galleria d’Arte Contemporanea del Comune di Palermo (ZAC - Zisa Arte Contemporanea) e il Palazzo Branciforte della Fondazione Sicilia. Infine, il terzo driver potenziale è costituito dalle culture materiali: dai mercati storici all’Opera dei Pupi.

Secondo il sindacato Cobas-Codir, il calo delle presenze nei musei è da attribuire all’incapacità della politica. Il sindacato autonomo dei regionali in una nota, sottolinea che "se i dati rivelati dalla società Next fossero confermati, evidenzierebbero innanzitutto l'incapacità della politica di convertire il gran numero di visitatori in fruitori dell'offerta culturale, oltre al dubbio che il fatto che alcune categorie di visitatori prima ammesse alla gratuità adesso rinunciano alle visite perché a pagamento (per esempio gli over 65)".

"Peraltro - prosegue il comunicato - vengono tradite anche le aspettative create dall'introduzione della prima domenica del mese gratuita introdotta dalla norma voluta dal ministro Franceschini. Certamente è improcrastinabile il riordino del sistema delle biglietterie per creare una politica di marketing anche al fine di eliminare qualunque circolazione di denaro contante".  
Ma il Cobas-Codir sospetta anche "un eventuale fenomeno legato all'infedeltà di qualche soggetto disonesto che potrebbe intascare una parte degli incassi non registrando le effettive presenze nei musei con vari raggiri". Pertanto il sindacato invita l'assessore regionale ai Beni Culturali ad attivarsi immediatamente per stroncare eventuali fenomeni criminali e licenziare le eventuali mele marce che buttano fango sulla Regione e sui lavoratori regionali. [Informazioni tratte da €conomiaSicilia.com, Travelnostop Sicilia]

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02 dicembre 2015
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