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Il ''patto nucleare'' tra Italia e Francia

L'Italia torna all'energia dell'atomo dopo 21 anni dal referendum del 1987

25 febbraio 2009

E' arrivato il "patto nucleare" tra Italia e Francia. Il premier Silvio Berlusconi e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno firmato ieri, martedì 24 febbraio 2009, a Roma l'accordo che vedrà le due nazioni "cugine" più vicine nella produzione di energia dall'atomo. L'intesa - raggiunta a Villa Madama al termine del vertice italo-francese - getta le basi per un'ampia collaborazione in tutti settori della filiera, ricerca, produzione e stoccaggio ed è accompagnato da due "memorandum of understanding" tra i due gruppi elettrici Enel ed Edf.
Il documento definisce le linee direttrici per lo sviluppo in Italia della tecnologia Epr, ovvero quella del reattore di terza generazione che ricalca il modello francese. Enel dovrebbe poi entrare con una quota del 12,5% nel progetto per la costruzione di un secondo reattore nucleare in Francia a tecnologia Epr.
In conferenza stampa Sarkozy ha definito "storico" l'accordo e ha affermato che se l'Italia conferma l'intenzione di aprire al nucleare, la Francia "propone una partnership illimitata". "Noi vogliamo sviluppare l'energia pulita con voi - ha detto il presidente francese -. E' un accordo storico anche per l'Europa che deve sviluppare massicciamente le fonti rinnovabili e il nucleare. Nessuno può pensare di ottemperare agli obblighi del 2020 solo con le rinnovabili. Il gemellaggio tra Italia e Francia nel nucleare è un'ottima notizia. Vogliamo che il nucleare diventi una questione europea, perché rappresenta la chiave dello sviluppo. Siamo molto lieti di lavorare con una grande industria italiana a Flamanville, dove l'Enel partecipa al progetto Epr per una centrale nucleare di ultima generazione".
L'accordo firmato ieri prevede la realizzazione di almeno quattro centrali di terza generazione nel territorio italiano.

La soddisfazione di Silvio Berlusconi -
Il premier italiano si è detto molto soddisfatto per aver raggiunto un risultato concreto, un accordo che "comporta una politica nucleare condivisa, paritetica e di lungo periodo". "Il futuro dell'Europa è nelle energie rinnovabili e nel nucleare, - ha commentato Berlusconi - dobbiamo adeguarci intanto entrando nel capitale francese e poi dovremo affrontare la realizzazione di centrali nucleari italiane. Dobbiamo svegliarci dal nostro sonno, adeguarci, perché il futuro è nell'energia rinnovabile e nel nucleare - ha detto Berlusconi in conferenza stampa -. Collaboreremo alla realizzazione di altre centrali nucleari in Francia e in altri Paesi e affronteremo la costruzioni di centrali nucleari in Italia, con al nostro fianco la Francia che ci ha messo a disposizione il suo know-how, ciò che ci consentirà di risparmiare diversi anni e iniziare la costruzione delle centrali in un tempo assolutamente contenuto".
Il premier ha poi attaccato la sinistra: "Eravamo protagonisti del nucleare negli anni '70, poi per il fanatismo ideologico di una parte politica abbiamo interrotto la costruzione di due centrali che erano vicine ad essere completate. Ora la Francia con grande generosità apre a noi e ricordiamo che loro hanno la possibilità di produrre l'80% del loro fabbisogno con il nucleare, un'energia pulita in un sistema di sicurezza che consente ai francesi di pagare l'energia che consumano la metà di quanto pagano gli italiani".

Le quattro italiche centrali - Saranno quattro le centrali nucleari previste in Italia. La prima dovrebbe essere pronta nel 2020. Tra le ipotesi si parla di Trino Vercellese (Vercelli), Caorso (Piacenza), Montalto di Castro (Viterbo). Ma anche di zone in Sardegna, Sicilia e Puglia. Sono queste le indiscrezioni emerse dopo l'intesa siglata tra Berlusconi e Sarkozy. La procedura prevede che una commissione di saggi, nominata dal ministro dell'Intero, Claudio Scajola, valuti le candidature. L'ubicazione degli impianti di tecnologia francese EPR richiede zone poco sismiche o molto stabili, vicino a grandi bacini d'acqua, ma senza pericolo di inondazioni, possibilmente lontano da luoghi densamente popolati. In base a questi criteri, il quotidiano "La Stampa" ha interpellato alcuni esperti che hanno individuato alcune zone adatte (LEGGI). Così sono rispuntati i siti già individuati negli Anni 70, ai tempi dei Piani Energetici Nazionali. Zone dove già esistevano centrali nucleari o erano previste.

I possibili siti: restringendo il cerchio sono stati fatti i nomi di Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), perché collocati sulla Pianura Padana, caratterizzata da scarsa sismicità e disponibilità di acqua di fiume. Poi, Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, adatto per scarsa sismicità e acqua di mare. Se si considera invece la lontananza da grandi centri abitati e la stabilità del terreno si possono vagliare la Sardegna, la costa rivolta verso l'Africa della Sicilia (che si è candidata), la Basilicata ed alcune aree della Puglia. Il Veneto, prosegue La Stampa, si è fatto avanti proponendo Porto Tolle (Rovigo). A questi, il quotidiano "Il Giornale" ha aggiunto Monfalcone (Gorizia), Chioggia (Venezia), Ravenna, Termoli (Campobasso), Mola (Bari), Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento) e Oristano.
Ma la maggior parte di questi luoghi sono già occupati da impianti energetiche tradizionali: a Porto Tolle c'è già una centrale a olio combustibile da 2500 MW, a Montalto di Castro già ci sono centrali (a carbone e olio) per 3300 MW; a Trino Vercellese una a ciclo combinato da 600 MW.  Mentre non avrebbero le caratteristiche di idoneità i siti del nucleare italiano prima del referendum sul nucleare di Latina e del Garigliano.

Legambiente: "Accordo pericoloso e miope" - "Un accordo pericoloso e miope. Perché tutti gli studi internazionali mostrano che il nucleare è la fonte energetica più costosa e perché rimane aperta la questione delle scorie e della sicurezza". Così Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, valuta il protocollo intergovernativo firmato ieri a Roma e i due memorandum siglati da Enel e Edf che coprono tutta la filiera del nucleare e prevedono la costruzione di 4 centrali nucleari di terza generazione in Italia, la prima operativa dal 2020. "Il governo procede come un caterpillar per spianare la strada ai suoi progetti, nonostante il disegno di legge del ministro dello Sviluppo economico sia ancora in fase di discussione e vengano continuamente prorogati i tempi per definire i criteri di localizzazione degli impianti - ha detto Cogliati Dezza -. Ma lo scenario nucleare è una prospettiva che l'Italia, in piena crisi economica, non può verosimilmente permettersi". "Tanto per fare un esempio - prosegue il presidente di Legambiente -, i costi della centrale finlandese di Olkiluoto, l'unico reattore di terza generazione evoluta in costruzione nel mondo insieme a Flamanville in Francia, sono lievitati quasi del 50%: dai 3,2 miliardi di euro previsti ai 4,5 attuali. Autorizzato nel 2002, il cantiere è partito nel 2005 e dovrebbe chiudersi nel 2012 con tre anni di ritardo rispetto alle previsioni, se questo termine non slitterà ancora in avanti". "Dove il kWh da nucleare costa apparentemente poco, infatti, è perché lo Stato - continua - si fa carico dei costi per lo smaltimento definitivo delle scorie e per lo smantellamento delle centrali, come dimostrato dagli studi del Dipartimento Usa dell'energia e dell'agenzia di rating Moody's. Tant'è che tutti gli scenari - persino quello dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica - prevedono nei prossimi anni una riduzione del peso dell'atomo nella produzione elettrica mondiale". "L'Italia è, per di più, lontanissima dagli obiettivi vincolanti fissati dalla Ue per le emissioni di anidride carbonica - conclude Cogliati Dezza - e dirottando tutte le risorse sull'atomo e sottraendole alle rinnovabili e all'efficienza energetica, che sono di fatto le uniche soluzioni praticabili per ridurre in tempi brevi le emissioni, non rispetteremmo la scadenza del 2020 e ci ritroveremmo a pagare multe sempre più salate".

WWF: l'illusione nucleare aumenta la dipendenza enegetica - "Non più dipendenti solo dal punto di vista delle fonti energetiche, ma anche da quello tecnologico: questo il risultato del'accordo italo francese sul nucleare". Ad affermarlo è il WWF. "A pagare, in tutti i sensi, saranno i cittadini-contribuenti, che vedranno lo Stato sostenere coi loro soldi una scelta che li penalizzerà - aggiunge - sotto il profilo della dipendenza energetica e tecnologica e non consentirà al nostro Paese, ancora per decenni, di attrezzarsi davvero per la lotta contro la CO2 e i cambiamenti del clima, investendo sulle due ricette individuate a livello mondiale, dagli USA all'Europa, l'efficienza energetica e le energie rinnovabili". "L'Italia non possiede riserve di uranio, per lo più concentrate in Australia e Kazakhstan, e comunque tali riserve - osserva WWF - sono appena sufficienti ad alimentare gli attuali 440 reattori per 40-50 anni. Quindi le nuove centrali annunciate avrebbero problemi di alimentazione e arriverebbero tardi, come dimostra la vicenda dell'EPR in Finlandia (OL3), ufficialmente in ritardo di 3 anni sui tempi di costruzione e costato almeno 2 miliardi di euro in più di quanto preventivato".
Il WWF ricorda anche che il nucleare in Italia "ha problemi enormi di localizzazione, essendo un territorio fortemente sismico, pervaso dal dissesto idrogeologico e con spazi fluviali ancor più ridotti e prosciugati per buona parte dell’anno (fenomeno che aumenterà con l'acutizzarsi dei cambiamenti climatici)".
 
Quel referendum di ventuno anni fa - L'8 novembre 1987 in Italia si votò per cinque referendum, tre di questi riguardavano l'energia nucleare. Nessuno dei tre quesiti chiedeva l'abolizione o la chiusura delle centrali nucleari. I votanti furono il 65,1%, con un'altissima percentuale di schede nulle o bianche che andarono dal 12,4% al 13,4%
REFERENDUM NUCLEARE 1 -
Veniva chiesta l'abolizione dell'intervento statale nel caso in cui un Comune non avesse concesso un sito per l'apertura di una centrale nucleare nel suo territorio. I sì vinsero con l'80,6%.
REFERENDUM NUCLEARE 2 -
Veniva chiesta l'abrogazione dei contributi statali per gli enti locali per la presenza sui loro territori di centrali nuclear. I sì s'imposero con il 79,7%.
REFERENDUM NUCLEARE 3 - Veniva chiesta l'abrogazione della possibilità per l'Enel di partecipare all'estero alla costruzione di centrali nucleare. I sì ottennero il 71,9%.

[Informazioni tratte da Corriere.it, Repubblica.it, AISE, TgCom]

- Scajola: "Nucleare scelta obbligata" di Luca Iezzi

- Independent: "Le nuove centrali sono più pericolose" (Corriere.it)

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25 febbraio 2009
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