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Il pm Di Matteo ha chiesto il trasferimento

Impegnato nel processo sulla trattativa Stato-mafia ha chiesto di lasciare la Procura di Palermo per passare alla Direzione nazionale antimafia

06 marzo 2014

Il pm Nino Di Matteo, pubblica accusa al processo sulla trattativa Stato-mafia, di recente vittima di gravi minacce da parte del boss Totò Riina, ha chiesto il trasferimento alla Direzione Nazionale Antimafia.
La sua è una delle 68 domande presentate dai magistrati di tutta Italia per tre posti da sostituti procuratori della Dna.
Anche un altro pm del processo, Francesco Del Bene, ha chiesto di lasciare la Procura di Palermo. Il pool che ha istruito il dibattimento sul patto tra pezzi delle istituzioni e Cosa nostra ha già perso due magistrati: Antonio Ingroia, che dopo essersi candidato alle politiche ha lasciato la toga, e Lia Sava trasferita alla Procura di Caltanissetta.

Della squadra fanno parte ora anche l'aggiunto Vittorio Teresi e il sostituto Roberto Tartaglia. La domanda per la Dna a Palermo è stata presentata, tra gli altri, anche dal gup Lorenzo Matassa e dai pm palermitani Laura Vaccaro, Paolo Guido e Gaetano Paci.
"Da parte mia non c'è alcuna intenzione di lasciare il lavoro cominciato. La mia - ha spiegato Di Matteo - è solo una domanda e nel caso in cui fosse accolta, il procuratore nazionale antimafia, come più volte è avvenuto in passato, potrebbe anche applicarmi a Palermo per continuare le indagini e i processi di cui mi occupo da anni".

Intanto, tre dei dieci imputati del processo sulla trattativa (gli ex ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno) hanno firmato un'istanza per fare spostare il processo in una sede giudiziaria diversa da Palermo. Questo il motivo: "Il processo sulla trattativa Stato-mafia costituirebbe un rischio per l'incolumità pubblica".
Il succo è tutto qui, anche se le argomentazioni a sostegno della richiesta di trasferimento del dibattimento attualmente in corso davanti alla corte d'assise del capoluogo, sono molto più articolate.
La richiesta, che tecnicamente il codice definisce di "rimessione", probabilmente sarà illustrata all'udienza fissata per oggi dal legale dei tre imputati che in una quarantina di pagine hanno tentato di spiegare quali fatti giustificherebbero il paventato rischio per l'incolumità, tra le cause che l'articolo 45 del codice di procedura penale elenca come ipotesi di possibile rimessione del processo. Con l'istanza, che prima della riforma si chiamava di "legittima suspicione", gli imputati hanno chiesto anche la sospensione del processo in corso che per la legge è prerogativa facoltativa del giudice di merito o della Cassazione a cui la corte girerà la richiesta nei prossimi giorni. Il dibattimento, dunque potrebbe andare avanti fino alla pronuncia dei giudici romani perché la legge impone lo stop solo se si fosse giunti alla fase delle discussioni delle parti o se la Cassazione avesse deciso di investire della questione le sezioni unite.

Ma quali sono i timori rappresentati dagli imputati? Nell'istanza i tre ex ufficiali elencano tutta una serie di circostanze dalle quali, a loro dire, si può dedurre il rischio per l'incolumità pubblica. Dalle minacce rivolte in carcere dal boss Totò Riina al pm Nino Di Matteo, alle intercettazioni in cui il capo dei capi esclamava "facciamolo grosso, chi piglio piglio" alludendo a un attentato in preparazione. E ancora ai vari anonimi arrivati in Procura, alle incursioni a casa di uno dei pm del pool Roberto Tartaglia, all'allarme derivato dai propositi di Riina che spinse il procuratore di Palermo a volare a Roma dal ministro dell'Interno con le intercettazioni segrete dei dialoghi in cella del capomafia: prassi possibile solo in casi, appunto, di rischio per l'incolumità pubblica. A rischio sarebbe, dunque, non solo la sicurezza di pm e giudici, ma anche quella generale. Nell'istanza si cita, ad esempio, la partecipazione al processo di pubblico e scolaresche.
Per la legge se la Cassazione accogliesse l'istanza, dovrebbe trasferire il processo a Caltanissetta. Ma, si chiedono in Procura, la "grave situazione locale" richiesta dal codice per la rimessione, a Caltanissetta cesserebbe? E dove si potrebbe celebrare serenamente e senza pericoli il processo sulla trattativa? [Informazioni tratte da ANSA]

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06 marzo 2014
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