Il pm Nino Di Matteo non seguirà il processo d'appello al generale Mori
La decisione è del procuratore generale Roberto Scarpinato che rappresenterà personalmente la pubblica accusa
Il pm Nino Di Matteo non seguirà in appello il processo al generale dell'Arma Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu, imputati di favoreggiamento aggravato alla mafia. Lo ha deciso il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato che, rigettando la richiesta di applicazione formulata dallo stesso Di Matteo nell'appello alla sentenza di primo grado che ha assolto i due ufficiali, ha deciso di rappresentare personalmente la pubblica accusa insieme al sostituto procuratore Luigi Patronaggio.
Nel provvedimento Scarpinato, che sarà presente in aula fin dalla prima udienza fissata per il 9 giugno, spiega in dettaglio la sua decisione. Il verdetto - si dice nella motivazione - è stato appellato dal pm presso la Procura, cioè da Di Matteo, ma anche, autonomamente dalla Procura generale che il 17 aprile ha acquisito tutto il fascicolo per avere una piena conoscenza della vicenda. Scarpinato ricorda inoltre il carattere eccezionale della norma - l'articolo 570 del codice di procedura penale - che consente al pubblico ministero che ha concluso il processo di primo grado di essere applicato in appello.
Infine il pg ritiene che non sia "opportuno incrementare ulteriormente il coefficiente di rischio a cui è soggetto Di Matteo" ricordando che le misure di sicurezza alle quali il magistrato è sottoposto sono state aumentate proprio a seguito delle minacce subite nel corso dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, strettamente connessa al processo Mori.
E, senza attendere la risposta del Csm, a cui aveva presentato un quesito sulla circolare recentemente decisa da Palazzo dei Marescialli, a meno di 2 mesi dalla sua scadenza dalla guida della Procura, Francesco Messineo ha deciso di confermare Di Matteo e il sostituto Roberto Tartaglia come coordinatori della nuova indagine sul patto tra pezzi delle istituzioni e Cosa nostra. Una decisione quella del procuratore che cozza con la circolare con cui il Csm ha ristretto le maglie dell' applicazione ai procedimenti di mafia ai magistrati che, come Di Matteo, non fanno più parte, per scadenza dei termini, della Direzione distrettuale antimafia. Sulla circolare, le scorse settimane Messineo aveva posto un quesito al Consiglio superiore, ma il procuratore, evidentemente, ha deciso di non attendere la risposta di Palazzo dei Marescialli ritenendo che la nuova inchiesta fosse comunque scaturita dalla vecchia indagine già assegnata a Di Matteo. Il nuovo fascicolo, dunque, sarà assegnato, oltre che a Di Matteo e a Tartaglia, all'aggiunto Vittorio Teresi e al sostituto Francesco Del Bene, prossimo alla scadenza dalla Dda.
A tal proposito il Comitato Addiopizzo ha inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, ai presidenti di Senato e Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini, al premier Matteo Renzi e al presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Rosy Bindi.
Appello alle Alte Cariche dello Stato affinché ai magistrati di Palermo finora interessati sia consentito di proseguire le indagini sulla trattativa
Sebbene in astratto la ratio di certe norme possano essere condivisibili, capita però che per i tempi e le situazioni straordinarie in cui si collocano non risultano essere assolutamente opportune. È il caso dei nuovi effetti della circolare del marzo scorso del Consiglio Superiore della Magistratura, su chi a Palermo sta indagando sugli ulteriori filoni di indagine sulla trattativa tra Stato e mafia.
Addiopizzo ritiene che tali procedimenti in corso rientrino nel novero di quei "casi eccezionali" previsti dalla citata circolare per cui si può, quindi si deve, consentire ai magistrati interessati di proseguire il loro lavoro anche se fuori dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.
La rilevanza storica e politica di tale situazione giudiziaria impone delle valutazioni e delle scelte che sianoancorate soprattutto al senso di opportunità politica.
Addiopizzo crede infatti sia assolutamente opportuno che l'organo di governo della magistratura consenta a Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, nei loro ruoli di Sostituti Procuratori, di proseguire le indagini finora portate avanti.
Per tali ragioni, ci rivolgiamo alle massime autorità istituzionali del Paese perché facciano politicamente proprio lo spirito e le ragioni dell'indirizzo proposto dal Procuratore della Repubblica di Palermo.
Auspicando che di tale orientamento ne promuovano il senso politico, affinché non si disperda il patrimonio di conoscenza maturato in questi anni dai magistrati impegnati nel processo e nelle indagini sulla trattativa.
Palermo,04/06/2014
Comitato Addiopizzo