Il premier denigra la magistratura
Il Consiglio superiore della magistratura ha approvato il documento che accusa Berlusconi di aver delegittimato la magistratura
Ieri il plenum del Csm ha approvato a larghissima maggioranza, con il solo voto contrario dei laici del Pdl, il documento che accusa il premier Silvio Berlusconi di aver denigrato la magistratura, delegittimandola. Tra i favorevoli alla delibera, il vicepresidente del Csm Nicola Mancino.
Il documento sottolinea che queste dichiarazioni mettono "a rischio l'equilibrio stesso tra poteri e ordini dello Stato sul quale è fondato l'ordinamento democratico di questo Paese". Inoltre si mette in luce che il Csm "ha il dovere costituzionale di ristabilire pubblicamente la credibilità e dignità della funzione giudiziaria".
Nel dibattito in plenum il togato di Magistratura democratica Livio Pepino ha sottolineato che la mancanza di rispetto verso la magistratura "mette a rischio la democrazia: se cominciamo a valutare i contenuti della giurisdizione sulla base delle utilità e non delle regole, la giurisdizione è finita". Pepino ha poi aggiunto che "se è a rischio la giurisdizione è a rischio anche la democrazia. La giurisdizione non cade da sola".
I consiglieri hanno sottolineato di condividere le preoccupazioni più volte espresse dal capo dello Stato, da ultimo nella lettera a Mancino. Per questo nel documento rivolgono "un pressante appello a tutte le istituzioni perché sia ristabilito un clima di rispetto dei singoli magistrati e dell'intera magistratura, condizione imprescindibile di un'ordinata vita democratica".
Il documento ha chiuso la ricca pratica a tutela di varie toghe accusate dal premier. Come quelle del processo Mills definite 'comuniste', o i pm che hanno riaperto le indagini sulle stragi mafiose o le toghe di Firenze che hanno messo sotto inchiesta Guido Bertolaso. Ma anche le toghe che dopo la sentenza sul caso Mills ha definito 'talebane'. Di questi magistrati il Csm elogia "la compostezza" per il silenzio con cui hanno risposto ad accuse "generiche ed ingiuste".
Prima di votare sulla delibera, Mancino ha sottolineato: "Il presidente del Consiglio è un organo istituzionale, ha responsabilità politica e non può usare un linguaggio di insulti e talvolta intimidazioni nei confronti del libero esercizio dell'attività giudiziaria". Il vicepresidente ha poi aggiunto: "non siamo una terza camera, il rispetto deve venire anche da uno che è titolato sul piano istituzionale verso altri che sono titolati sullo stesso piano". Mancino ha poi osservato che il processo "continua ad essere lungo e non giusto". Il documento licenziato ieri sera da Palazzo dei Marescialli, ha aggiunto, "non può essere considerato nei termini di un attacco e di una difesa". Ma, ha rilevato, è necessario "contribuire a un dialogo che sembra espulso dal confronto istituzionale".
Poi rivolgendosi al consigliere laico del Pdl che aveva sostenuto che non fosse offensivo dare del 'talebano' a un magistrato, ha affermato: "Non credo che Anedda nel suo intimo ritenga che dare del talebano o del 'peggio di Tartaglia' sia un'espressione uscita per caso al premier. C'è una diversità di cultura politica, c'è chi ritiene che uno investito di consenso popolare sia immune da qualunque indagine e chi no".
A stretto giro è arrivata la replica del portavoce del Pdl, Daniele Capezzone. "Poteva mancare una sortita politica, e naturalmente antiberlusconiana, del Csm e di Nicola Mancino, all'apertura della campagna elettorale? - sottolinea - No, e infatti non è mancata. Poi, però - aggiunge -, i signori magistrati non devono sorprendersi quando la stragrande maggioranza degli italiani, come attestano innumerevoli rilevazioni e ricerche, mostra sfiducia in una magistratura che appare (ed è) guidata da una frangia politicizzata e faziosa. Raccolgono i frutti della loro semina". [Adnkronos/Ing]
- Se il premier continua a denigrare la magistratura... (Guidasicilia.it, 10/03/10)