Il presidente che resta e non tace
Fini: ''Berlusconi accetti il dissenso''. Berlusconi: "Fini si faccia un partito e si vada a votare"
Gianfranco Fini resta presidente della Camera e non tace. Anzi è prontissimo ad organizzare il dissenso all'interno del Pdl e a questo dare voce. "Ho posto questioni di tipo politico, non sull'organigramma interno", né "per gelosia" e "non ho intenzione di togliere il disturbo e di stare zitto".
Così il presidente della Camera durante la riunione con una quarantina di parlamentari ex An che si è svolta ieri nella sala Tatarella di Montecitorio.
"Non credo di attentare al governo e al partito se dico che c'è distacco con la nostra gente - ha detto Fini -. Il dissenso è legittimo o siamo il partito del predellino in cui bisogna dire che le cose vanno bene?". Arriva un momento in cui "ci si deve guardare allo specchio". "Se non si è disposti a rischiare per le proprie idee o non valgono le idee o non vale chi le esprime". Il presidente della Camera ha però criticato "chi ha cercato di interpretare il pensiero di Fini, incendiando il dibattito politico". "Il progetto - ha proseguito Fini parlando del Popolo delle libertà - non è in sintonia con quanto stabilito all'inizio. C'è una scarsa attenzione alla coesione sociale, alla coesione nazionale, il Sud è scomparso dal dibattito politico, sono temi che una grande forza deve trattare, per garantire i suoi valori strategici". Non si tratta, ha precisato, di "una riproposizione degli attriti con Tremonti, che ha fatto un ottimo lavoro, anzi senza Tremonti saremmo come la Grecia". Quanto alla Lega, "è un alleato strategico importantissimo e leale, ma in questo momento sta dimostrando di essere il dominus". Per quanto riguarda gli equilibri interni tra le due anime del Pdl, "si apre una nuova fase, anche per quanto riguarda la ripartizione 70-30, chi ha più filo da tessere, tesserà". Fini ha quindi espresso "soddisfazione perché per la prima volta è stata convocata la direzione del partito". Inoltre, "pare che si vada verso un congresso e questo è positivo".
Gli ex di An hanno ascoltato la relazione del presidente della Camera e hanno firmato un ordine del giorno per assicurare il loro sostegno a Gianfranco Fini per dire no a scissioni e al voto ancipato. Ora è il momento di "riportare il confronto su un piano costruttivo, isolando quanti più o meno consapevolmente stanno in queste ore lavorando per destabilizzare il rapporto tra i cofondatori del Pdl. Per questi motivi confermiamo la fiducia al presidente Fini a rappresentare tali istanze". "In merito alle polemiche che l'incontro Fini-Berlusconi ha suscitato nei media e nell'opinione pubblica - hanno scritto gli ex di An - riteniamo necessario esprimere solidarietà a Fini contro il quale sono stati espressi giudizi ingenerosi con toni a volte astiosi. Per parte nostra, riteniamo che le questioni poste da Fini meritino un approfondimento e una discussione attenta nelle competenti sedi di partito". "Nel corso della Direzione di giovedì prossimo - hanno sottolineato - sarà lo stesso presidente della Camera a chiarire le sue proposte, aprendo un dibattito che ci consentirà di articolare e aggiornare un progetto di rilancio del Pdl, aperto alla partecipazione di tutte le componenti del partito". "La prospettiva di una escalation e anche il solo parlare di scissioni ed elezioni anticipate risultano incomprensibili per noi e per l'opinione pubblica che invece si aspetta una fase più incisiva dell'azione del nostro governo. Bisogna, quindi, riportare il confronto su un piano costruttivo".
Prima della riunione, però, in Transatlantico, alla Camera, è andato in scena un duro botta e risposta tra Roberto Menia e Italo Bocchino. Il sottosegretario all'Ambiente si è fermato a parlare nel cortile interno di Montecitorio e si è sfogato così: "Ho detto a Bocchino di smetterla, perché ha già fatto abbastanza danni, l'ultimo è la rissa in tv che lo ha visto protagonista... Sono stufo, non mi sento rappresentato da queste persone. E non mi presto a ricatti e doppi giochi".
Vicino a Menia Amedeo Laboccetta che ha lanciato un avvertimento al presidente della Camera: "Sono pronto a dimettermi da parlamentare se Fini dovesse fare questa follia politica di creare gruppi autonomi". Secondo Domenico Nania, coordinatore di 'Destra Pdl', "ha fatto bene Menia a ribadire i principi che appartengono al futuro della destra".
"Tra Berlusconi e Fini le differenze di carattere" sono note e "si sono manifestate in questi anni in maniera sempre crescente", ha detto il ministro della Difesa Ignazio La Russa all'indomani dello strappo di Fini nella riunione con gli ex An. Ma, per il coordinatore del Pdl, la causa dell'inasprimento dei rapporto tra i due è stata la scelta di Fini di ricoprire la presidenza della Camera: "L'errore non di Fini, ma che abbiamo fatto quasi tutti è stato di non contrastare la sua decisione di fare il presidente della Camera, anziché rimanere nel partito", dove sarebbe stato "il numero uno o numero due". Il ruolo di presidente della Camera, secondo La Russa, "lo ha posto in una condizione che ha accentuato le diversità rispetto a Berlusconi e impedito di intervenire nel partito se non con esternazioni che finivano con essere dei momenti di rottura". Le tensioni nei partiti sono normali, ha osservato ancora La Russa, ma "è incomprensibile che questo avvenga all'indomani di una vittoria elettorale e a solo un anno dalla nascita del Pdl". Ma ''cosa accadrà domani alla Direzione? Non so ma vorrei che si confermi che tutte le posizioni politiche sono utili al Pdl purché si capisca, però, che il modo per dirimere le questioni è quello della democrazia e alla fine si accetti il parere della maggioranza". "Nessuno - ha aggiunto La Russa ragionando su eventuali scenari - può obbligare né impedire che qualcuno lasci il partito, possiamo solo sperare che non avvenga. E nessuno può impedire che si costituisca una corrente minoritaria fortemente contestatrice che crei problemi alla vita del partito e del governo, possiamo solo auspicare che questo non accada".
E Berlusconi? Il premier dopo gli sviluppi della giornata ha convocato a palazzo Grazioli il vertice di maggioranza per discutere la preparazione della direzione nazionale e la questione Fini. Alla riunione hanno partecipato i ministri Roberto Calderoli e Roberto Maroni, Altero Matteoli, Angelino Alfano, la vice presidente del Senato Rosy Mauro; Denis Verdini e il sottosegretario Aldo Brancher. Giunti anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, il coordinatore nazionale del Pdl Sandro Bondi e il sottosegretario alla Presidenza, Paolo Bonaiuti, il capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri, il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto e il vicecapogruppo al Senato, Gaetano Quagliarello. Secondo quanto sintetizzato da uno dei partecipanti Berlusconi non intende più trattare con il cofondatore del Pdl e soprattutto non vuole riconoscere che all'interno del partito si possa dar vita ad un'opposizione interna. "Altrimenti - avrebbe ragionato - meglio che si faccia un partito e si vada al voto, non possiamo andare avanti con questo continuo stillicidio. Il Pdl è nato per restare unito e non per dividersi", è la linea del presidente del Consiglio. A sconsigliare di rompere però è Umberto Bossi che non vuole mettere in gioco la legislatura. Infatti, nessun esponente del Carroccio ha commentato la situazione all'interno del Pdl. Del resto Umberto Bossi, in una recente intervista a 'El Pais' aveva sottolineato la necessità di trovare un'intesa con Fini. L'obiettivo primario dei lumbard è di portare a casa le riforme. E una guerra intestina nel Pdl non aiuterebbe. Ecco perché, Roberto Calderoli, ha cercato di minimizzare: "Ho sentito dai telegiornali notizie fantasiose, oggi non c'è nessun vertice della Pdl a cui abbia preso parte la Lega ma semplicemente un incontro, già programmato, che abbiamo avuto con Berlusconi e Verdini, mio omologo nel Pdl".
Insomma, la partita si sposta a domani: se i finiani presentassero il documento firmato martedì, la maggioranza del partito potrebbe votare contro.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it, Corriere.it]