Il presidente del Senato, Marcello Pera, rilancia la possibile amnistia chiesta più volte dal Papa
Più volte Giovanni Paolo II lanciò l'appello su di un possibile gesto di clemenza nei confronti dei detenuti
Con la morte del Papa, la politica comincia a riflettere sull'appello che Giovanni Paolo II lanciò più volte in vita su di un possibile gesto di clemenza nei confronti dei detenuti, appello che il Papa ripetette direttamente ai politici durante la storica visita a Montecitorio, il 14 novembre del 2002.
Possibilità che il presidente del Senato Marcello Pera ha nominato in un intervista rilasciata alla Radio Vaticana, un'amnistia che secondo Pera ''può risolvere parecchi problemi in Italia''.
''Questo è uno dei casi in cui le richieste del Papa, la missione del Papa, il suo messaggio, non hanno avuto successo durante la sua vita. E questo potrebbe essere il caso del gesto di clemenza. Sta ora ai politici svegliarsi e comprendere che quel gesto di clemenza può risolvere parecchi problemi in Italia'', ha sottolineato il presidente del Senato.
''Certo - ha ammesso il presidente Pera - l'argomento è delicato, perché c'è da tenere in considerazione varie esigenze, non ultime, l'esigenza stessa della giustizia, di coloro che sono stati colpiti, che sono feriti, delle famiglie dei morti. Credo, veramente, però, che ascoltando questo significato umanitario che il Papa aveva dato al suo richiamo, una soluzione potrebbe essere trovata''. ''Credo che Giovanni Paolo II avesse compreso che proprio attraverso quel gesto di clemenza si sarebbe potuto allentare una tensione nei rapporti che ora ci sono tra giustizia e politica", ha affermato ancora il presidente del Senato, ''per questo - ha concluso Pera - mi piacerebbe veramente moltissimo che un dibattito sereno, pacato, laico, se posso dire, cioè storico, non ideologico e non di parte, si possa veramente tenere".
Un auspicio, quello del presidente del Senato, non accolto favorevolmente da tutti i partiti.
Secondo Ignazio La Russa (An) parlare oggi di amnistia è di cattivo gusto. ''E' vero - ha aggiunto - che Giovanni Paolo II alla Camera aveva parlato del problema carcerario ma ha parlato anche di altri argomenti, come l'aborto e la fecondazione. Allora con la stessa logica, qualcuno potrebbe chiedere di cambiare anche la legge sull'aborto o di rinunciare al referendum''.
Contrari ad una possibile amnistia, prima ancora che Pera parlasse di possibili proposte, sia il ministro della giustizia Roberto Castelli sia il presidente dei parlamentari Ds Luciano Violante.
Disponibili all'attuazione di quella che sarebbe un'azione storica i socialisti di Bobo Craxi e i radicali di Marco Pannella.
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Cos'è l'amnistia
L'amnistia, come l'indulto, è un provvedimento di clemenza previsto dalla Costituzione.
Può essere applicata prima che sia intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna (amnistia propria) oppure successivamente alla condanna stessa (amnistia impropria).
Il Codice penale prevede espressamente la possibilità che l'amnistia possa essere sottoposta a condizioni ed obblighi. Diversamente dalla grazia, concessa al singolo dal Presidente della Repubblica, l'indulto e l'amnistia sono deliberati dal Parlamento.
L'amnistia, prevista dall'art. 151 del Codice penale, ''estingue il reato e, se vi è stata condanna, fa cessare l'esecuzione della condanna e le pene accessorie''. Può essere generale (cioè riferita a tutti i reati punibili con una pena detentiva non superiore ad un certo numero di anni) o particolare se comprende solo alcune categorie di reati (ad esempio delitti commessi in occasione di manifestazioni). L'amnistia non si applica ai recidivi, ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza ''salvo che il decreto disponga diversamente''.
Nella Costituzione - È l'art. 79 della Costituzione che regola gli istituti dell'indulto e dell'amnistia:
''L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. La legge che concede l'amnistia o l'indulto stabilisce il termine per la loro applicazione. In ogni caso, amnistia e indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge''.
La legge costituzionale del '92 ha previsto una maggioranza altissima (i due terzi dei componenti e non solo per il voto finale ma anche per ogni singolo articolo) per varare sia l'amnistia che l'indulto.
Questa scelta politica ha reso difficilissimo adottare questi provvedimenti. L'obiettivo era infatti quello di limitare amnistia e indulto, cui si era fatto largo ricorso nei decenni precedenti, mentre si dava il via, con il nuovo codice di procedura penale, ai riti alternativi.
Prima di questa modifica la concessione della amnistia e dell'indulto avveniva con decreto del presidente della Repubblica sulla base di una legge delega approvata dalle Camere a maggioranza semplice (come per una qualunque altra legge).
L'ultima amnistia - Risale al 10 aprile 1990. Fu concessa durante il settennato al Quirinale di Francesco Cossiga e in concomitanza con l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, approvato nel 1989.
Quella amnistia, come ricordò l'allora ministro della Giustizia Giuliano Vassalli in sede di replica in Parlamento, aveva l'obiettivo di alleggerire il sovraccarico giudiziario e il pesante arretrato che comportava l'estensione della competenza pretorile per i reati con pena massima di quattro anni.
Il provvedimento cancellò infatti in primo luogo i reati non finanziari per i quali era prevista una pena detentiva appunto non superiore, nel massimo, a quattro anni.
Vennero anche cancellati, per quanto riguarda i reati del codice penale, la violenza e minaccia a pubblico ufficiale, la rissa quando non vi fossero lesioni, la violazione di domicilio, la truffa.
Secondo un conteggio fatto dal ministero della Giustizia il 13 aprile 1990, tre giorni dopo l'approvazione, avrebbero usufruito di quella amnistia circa 13.000 detenuti.
La popolazione carceraria complessiva era infatti all'epoca di 32.000 reclusi, di cui circa 13.000 in attesa di giudizio, di primo o dei gradi successivi, e il provvedimento era applicabile solo a questi ultimi. Le prime scarcerazioni, una ventina, vennero disposte dalla Procura generale di Milano già il 12 aprile.
Le amnistie - Dal 1946 al 1986: prima di quella del 1990, erano state 19 le amnistie concesse dallo Stato repubblicano in 40 anni, la prima il 22 giugno 1946, l'ultima l'11 dicembre 1986. In media, un'amnistia ogni due anni e un mese.
Il primo Presidente della Repubblica, Enrico De Nicola, inaugurò nel 1946 la consuetudine di concedere l'amnistia in occasione dell'insediamento, firmandola il giorno stesso dell'arrivo al Quirinale.
Il suo successore Luigi Einaudi la concesse sei mesi dopo essere stato eletto, nel 1948; Antonio Segni sei mesi dopo la sua elezione, nel 1962.
Sandro Pertini, nel 1978, aspettò un mese dal suo insediamento. Francesco Cossiga, infine, attese un anno e mezzo, fino al dicembre 1986.
La tradizione si è poi interrotta con i settennati di Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi.
Le sette amnistie più importanti
22 GIUGNO 1946: è passata alla storia come ''l'amnistia Togliatti'' perché portava la firma dell'allora segretario del Pci, ministro della Giustizia. Venne varata 20 giorni dopo il referendum repubblica-monarchia, in clima di pacificazione nazionale, e ne beneficiarono infatti tutti coloro che erano rimasti compromessi con la Repubblica di Salò.
Portò alla scarcerazione di 11.800 detenuti politici.
19 DICEMBRE 1953: rappresenta ancora il più vasto provvedimento di clemenza del dopoguerra, grazie al quale la pena dell'ergastolo veniva commutata in quella di dieci anni per tutti i reati politici, comunque legati alla guerra, commessi tra l'8 settembre 1943 e il 18 giugno 1946.
L'amnistia comprendeva anche le azioni dei partigiani.
11 LUGLIO 1959: è la più importante amnistia tributaria. Il decreto mise ordine in materia di violazione delle norme doganali, delle imposte di fabbricazione di monopolio e di alcuni reati di evasione fiscale.
4 GIUGNO 1966: mirò a sfoltire i processi in corso e ad alleggerire la sovrappopolazione delle carceri. Vennero amnistiati i reati con pene massime di tre anni.
22 MAGGIO 1970: il decreto cancellò tutti i reati con pena detentiva non superiore ai cinque anni di reclusione commessi, anche con finalità politiche, in occasione di manifestazioni sindacali e studentesche.
4 AGOSTO 1978: il provvedimento voleva anticipare la riforma dei codici. Riguardava i reati punibili fino a tre anni di reclusione. Erano esclusi vari reati tra cui (nell'anno del sequestro Moro) quelli di terrorismo.
18 DICEMBRE 1981: cancellò tutti i reati che prevedevano una pena di tre anni con l'esclusione, tra gi altri, dei reati di peculato, corruzione, frode alimentare e terrorismo.
Ne beneficiarono oltre 10.000 detenuti.