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Il processo al prefetto Mario Mori e al ''Capitano Ultimo'' Sergio De Caprio è stato riassegnato al collegio dei giudici

Il processo sulla mancata perquisizione del covo di Riina avrebbe dovuto svolgersi ieri

08 aprile 2005

Sarà celebrato davanti ai giudici della terza sezione del tribunale a partire dal prossimo 3 maggio il processo al prefetto Mario Mori, direttore del Sisde, e al tenente colonnello Sergio De Caprio, meglio conosciuto come ''Capitano Ultimo'', accusati di favoreggiamento nei confronti di Cosa nostra. La decisione è stata comunicata ieri mattina dal giudice monocratico, Silvana Saguto, che si è limitata ad aprire il processo davanti alle parti, e leggere subito il provvedimento di riassegnazione che è stato adottato dal presidente del tribunale Giovanni Puglisi.

Il prefetto Mori e il tenente colonnello De Caprio sono coinvolti nell'inchiesta che è scaturita dal ritardo nella perquisizione della villa in cui viveva l'ex boss Totò Riina fino al giorno del suo arresto avvenuto il 13 gennaio 1993. (leggi)
Nel provvedimento del tribunale emesso dal presidente Giovanni Puglisi e letto in aula dal giudice monocratico, si attesta che: ''Pur essendo stato rimesso alla competenza del tribunale in composizione monocratica, i delitti per cui si procede sono di competenza del tribunale in composizione collegiale, e pertanto, il procedimento è stato riassegnato''.

Ieri in aula erano presenti i pm Antonio Ingroia e Michele Prestipino e anche i difensori degli imputati, gli avvocati Pietro Milio per Mori e Basilio Milio in sostituzione dell'avvocato Francesco Romito per De Caprio.
Sulla riassegnazione del processo l'avvocato Milio ha commentato: ''È stato finalmente corretto dal presidente del tribunale quell'errore che avevamo fatto rilevare fin dal giorno del rinvio a giudizio''.
Dal processo che si aprirà il il 3 maggio Milio ha detto di aspettarsi: ''Che venga stabilita la verità dei fatti e che vengano fatte le scuse ai due impareggiabili investigatori dell'Arma finiti ingiustamente sotto processo''.

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Confermato l'ergastolo per Giovanni Riina
La Cassazione ha confermato l'ergastolo per Giovanni Riina, figlio di Totò Riina, ex capo dei corleonesi, perché ha una personalità da ''sanguinario'' e una ''elevatissima inclinazione a delinquere''. Per questi motivi, la I sezione penale della Suprema Corte ha respinto la richiesta dei difensori di Riina junior di concedere le attenuanti ''della giovane età'' nei confronti del figlio del boss, accusato di quattro omicidi avvenuti tra il gennaio e il giugno del 1995. Così, negando ogni sconto di pena a Riina junior, la Suprema Corte ha confermato la condanna al carcere a vita decisa, il 10 dicembre 2003, dalla Corte di assise di appello di Palermo.
Nelle motivazioni della sentenza n.12879 - appena depositate - la Cassazione spiega che correttamente la condanna all'ergastolo ''è stata giustificata con il richiamo al ruolo determinante avuto dall'imputato nella reiterata esecuzione ed, in parte, nell'ideazione di gravissimi e brutali delitti nell'ambito di un progetto di sterminio indicativo di una personalità sanguinaria e negativamente connotata da una elevatissima inclinazione a delinquere''.

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08 aprile 2005
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