Il processo breve sarebbe uno tsunami per la Giustizia
Il no del Consiglio superiore della magistratura: ''Contrasta con principi della Costituzione. E' un'amnistia''
Il disegno di legge sul processo breve, in contrasto con più principi costituzionali è una "amnistia per reati di considerevole gravità", a cominciare dalla corruzione. Lo ha detto ieri, nel parare al ddl, il plenum del Csm che lo ha approvato a larga maggioranza.
Il parere redatto dalla VI Commissione è stato approvato in una seduta straordinaria: contrari i laici del Pdl, mentre a favore hanno votato i laici di centrosinistra, il vicepresidente Nicola Mancino e i togati di tutte le correnti.
Il parere mette in luce misure "dannosissime" che rischiano di avere per la giustizia l'effetto di uno "tsunami". Per questo dopo quasi cinque ore di discussione il plenum ha approvato il parere fortemente negativo sul ddl in materia di processo breve.
Nel parere approvato dal Csm si sottolinea che il ddl non solo avrà l'aspetto di una "inedita amnistia processuale" per reati di considerevole gravità, come la corruzione e i maltrattamenti in famiglia, ma rischia di causare una "paralisi" dell'attività giudiziaria. Il ddl inoltre appare incostituzionale: "Non appare in linea - si spiega - con l'articolo 111 della Costituzione sul giusto processo, né con l'articolo 14 sul diritto alla difesa, poiché privilegia il rispetto della rapidità formale" ma non garantisce che il processo si concluda "con una decisione di merito". Inoltre si evidenzia che il ddl sul processo breve "depotenzia lo strumento processuale e sacrifica irragionevolmente i diritti delle parti offese".
Il Csm ha segnalato inoltre irragionevoli disparità di trattamento, come la scelta di riservare le nuove disposizioni "al solo giudizio di primo grado". E' "discutibile" inoltre la "parificazione tra le ipotesi di delitto punite assai gravemente con le contravvenzioni in materia di immigrazione". E come se non bastasse, si conclude, il ddl determinerà maggiori danni finanziari per lo Stato: il loro "significativo aumento" farà lievitare le domande di indennizzo previsto dalla legge Pinto, per una giustizia troppo lenta, riducendo da due a tre anni il termine utile per la celebrazione dei processi e non accompagnandosi ad alcuna specifica previsione di spesa come imporrebbe l'articolo 81 della Costituzione.
"Anziché avere certezze abbiamo l'estinzione dei diritti e non la certezza della pena" ha sottolineato il vicepresidente Nicola Mancino motivando il suo voto favorevole. Mancino ha aggiunto di avere "l'impressione che alla fine, anziché un'accellerazione, ci sarà un allungamento dei tempi dei processi, la loro estinzione e la riproduzione di conseguenze in campo civile con un ulteriore aggravio". Mancino ha infine ricordato che il Csm "non ha poteri di bocciatura: trasmetteremo il parere al ministro che ne farà l'uso che vuole, ma mi chiedo 'chi ha paura dei pareri?'". [Adnkronos/Ing]