Il Senato ha dato fiducia alla manovra
Il ministro Tremonti: "È per il bene del Paese. Se il Titanic affonda, affondano anche i passeggeri di prima classe"
Ieri il Senato ha approvato la manovra economica con il voto di fiducia. I sì sono stati 161, i no 135. Tre gli astenuti. Il decreto, adesso, passa all'esame della Camera. Per oggi è previsto il via libera definitivo.
"Nessuno fa una manovra come questa se non altro perché vuole il bene del Paese. E' esatta e corretta, allineata sull'asse del tempo esattamente come concordato in l'Europa", ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti in Aula a Palazzo Madama nel suo intervento prima del voto di fiducia.
La manovra, ha ricordato, "non è solo un decreto di finanza pubblica". E' un provvedimento che "contiene 16 nuove azioni per la crescita: dal credito d'imposta per la ricerca alla detassazione per i nuovi contratti di produttività, dalle imprese per i giovani al credito d'imposta per il sud, dal processo civile al turismo, dalle zone a burocrazia zero alle reti d'impresa, dalle opere pubbliche alle ristrutturazioni private dalle privatizzazioni alle liberalizzazioni".
"Senza il pareggio di bilancio il debito pubblico divorerebbe il futuro nostro e dei nostri figli", ha poi affermato il titolare dell'Economia aggiungendo che "ora serve un duro e responsabile lavoro comune per il paese e nel paese". E Tremonti individua già un primo obiettivo da raggiungere: "Dobbiamo introdurre la regola d'oro del pareggio di bilancio nella Costituzione".
Quindi, ricorrendo a una metafora, ha ammonito: "Se il Titanic affonda, affondano anche i passeggeri di prima classe". "Ora - ha sottolineato insistendo sulla necessità di trovare una soluzione politica ai problemi dell'Europa - siamo arrivati al dilemma o dramma dell'euro. O si va avanti o si va a fondo". Ma, ha evidenziato, "la salvezza non arriva dalla finanza ma dalla politica e la politica non deve più fare errori". Anche perché "è come sul Titanic: non si salvano neanche i passeggeri in prima classe". Quindi ha concluso: "Il Paese ci guarda: siamo diversi certo ma non troppo divisi. Per questo sono orgoglioso di essere con tutti voi".
Il provvedimento, che è stato licenziato la notte scorsa dalle commissioni, a regime, vale circa 47 miliardi di euro. Mentre nel 2013-2014 il valore cumulato supera 70 miliardi (arrivando a circa 71 mld). Lo ha riferito il relatore, Gilberto Pichetto Fratin (Pdl), parlando a margine dei lavori del Senato. Rispetto alla correzione iniziale, di 17,8 miliardi nel 2013 e 25,3 miliardi l'anno successivo, se ne aggiungono, con il passaggio in Senato, altri 6 miliardi nel primo anno e 22 miliardi l'anno successivo.
Appena un mese fa, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, aveva definito la manovra una semplice operazione di aggiustamento dei conti. Le cifre che hanno ricevuto il via libera dal Senato ci dicono il contrario. Cifre che si raggiungeranno, tra l'altro, con i tagli a tutte le agevolazioni, un aumento dell'1,2% della pressione fiscale, già fra le più alte d'Europa.
Giù tutti gli sconti - E' stato il senatore Gilberto Pichetto Fratin ad annunciare che il taglio lineare del 5% per il 2013 e del 20% a partire dal 2014 toccherà tutte le 483 agevolazioni fiscali, incluse quelle per le famiglie. Fra le numerose voci vengono colpiti dunque i nuclei familiari con figli a carico, le spese per l'istruzione, quelle mediche e per gli asili nido; ma anche gli studenti universitari e i redditi da lavoro dipendente.
Tagli su casa e onlus - La riduzione degli sconti fiscali riguarderà inoltre detrazioni e deduzioni esistenti finora in caso di ristrutturazione edilizia e interventi per il risparmio energetico o per le donazioni al terzo settore, a onlus e ancora l'Iva, le accise e i crediti di imposta.
Cresce la pressione fiscale - "Il governo - ha spiegato il relatore - con successivi decreti potrà decidere di escludere alcune categorie". In sostanza, la stangata arriva subito, ma potrebbe essere rimodulata se entro il 30 settembre 2013 il governo eserciterà la delega con la riforma fiscale. In attesa di eventuali esenzioni, però, si taglia subito con l'obiettivo di recuperare un gettito pari a regime a 20 miliardi (4 miliardi nel 2013 e 20 miliardi a partire dal 2014); si tratta dell'1,2% del Pil, calcolano i tecnici del Senato, che si tradurrà in un pari aumento della pressione fiscale fino a quota 43,7%.
Le correzioni odierne si aggiungono alle misure già note del maxiemendamento, come la reintroduzione immediata dei ticket sanitari e il contributo di solidarietà 6 del 5% imposto alle cosiddette pensioni d'oro, quelle che superano i 90 mila euro. La manovra prevede anche una "tassa" contestatissima, superiore ai 200 euro, sui ricorsi al giudice del lavoro 7 per vertenze in materia di licenziamenti, contratti o mobbing in azienda.
Ticket sanitari da lunedì - Per quanto riguarda i ticket, reintrodotti già da lunedì prossimo con l'entrata in vigore del decreto, saranno di 10 euro sulle ricette mediche e di 25 euro per gli interventi del pronto soccorso in codice bianco. Il ministro della Sanità, Ferruccio Fazio, ha precisato che dal provvedimento restano escluse le categorie di cittadini già esentate nel 2007.
Imposta sui depositi titoli - La manovra aumenta anche l'imposta sui dossier titoli. Secondo l'ultima versione del relatore, sarà di 34,20 euro per i depositi sotto i 50.000 euro, di 70 euro tra 50.000 e 150.000, di 240 euro da 150.000 a 500.000, di 680 euro per depositi superiori ai 500mila euro. Dal 2013, invece, tra 50.000 e 150.000 si pagheranno 230 euro; tra 150.000 e 500.000, 780 euro e 1.100 euro per i depositi oltre i 500.000 Euro. La norma riguarderà circa 22 milioni di titoli con un recupero di gettito su base annua calcolato in circa 897 milioni per i primi due anni e di circa 2.525 milioni a partire dal 2013.
Ordini professionali e liberalizzazioni - Contestatissima dalla lobby parlamentare dei "legali" (avvocati e notai) di maggioranza, la norma sull'abolizione degli ordini professionali è stata modificata: si è deciso di abolire processualmente solo gli ordini che non prevedono l'esame di stato per l'abilitazione alla professione.
Concessioni e Irap - Criticato a gran voce da Confidustria, è saltato anche il tetto dell'1% previsto alla deducibilità degli ammortamenti dei beni devolvibili per tutti i concessionari. In compenso, la manovra stabilisce un aumento dello 0,3% dell'Irap (dal 3,90% al 4,20%) sulle concessionarie non autostradali, mentre per le concessioni di autostrade e trafori resta confermata la riduzione dal 5% all'1% della deducibilità delle somme accantonate nel fondo di ripristino.
Stock option - Aumenta la base imponibile su bonus e stock option sulle quali viene applicata un'aliquota addizionale del 10 per cento. L'aliquota, finora applicata per la quota che supera il triplo della parte fissa della retribuzione, sarà ora applicata per l'intero importo che eccede la parte fissa della retribuzione.
LE CRITICHE DELLE OPPOSIZIONI - Ha retto l'intesa al Senato per garantire un iter lampo alla manovra ma le opposizioni hanno criticato duramente l'azione del governo e votato no al provvedimento.
Dopo l'incontro tra il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e i rappresentanti delle opposizioni di Camera e Senato, due giorni fa, le aspettative sull'accoglimento di alcune proposte di modifica presentate da Pd, Idv e terzo polo sono state deluse quando in Aula è arrivato il maxiemendamento del governo. In particolare nessun passo è stato fatto sul taglio dei costi della politica. E di questo i capigruppo di minoranza hanno rimproverato il ministro. Non sono mancate neppure tensioni residue all'interno della maggioranza, come nel caso della liberalizzazione degli ordini professionali, che l'altro ieri ha richiesto l'intervento di mediazione del presidente del Senato Renato Schifani, presente fino all'ultimo alle riunioni notturne tra governo e senatori di maggioranza in commissione Bilancio.
Verso le opposizioni, la seconda carica dello Stato, ha voluto dedicare un tributo: "Vorrei esprimere un apprezzamento per il lavoro svolto in tempi immediati per rispondere alla speculazione finanziaria che ha colpito il paese - ha detto Schifani - un ringraziamento specifico al governo, alla maggioranza, e in particolare all'opposizione che con un atteggiamento di responsabilità ha consentito oggi il voto in tempi senza precedenti".
Ma nella sostanza le divergenze restano e sono sostanziali perchè da Pd, Idv e Terzo polo è stata ribadito un giudizio totalmente negativo sull'operato del governo in questi anni ed è stato anche rinnovato l'invito alle dimissioni: "Non abbiamo visto sintesi politica, non abbiamo visto governare la barca, non abbiamo visto nessuno remare. Maggioranza e governo non sono stati all'altezza, non hanno avuto il coraggio - ha denunciato Anna Finocchiaro -. Abbiamo capito che c'era una sola cosa da fare: opporre ai nemici dell'Italia semplicemente l'Italia, l'Italia intera e unita, l'Italia di Giorgio Napolitano". Una posizione condivisa ancora una volta anche da Idv e Terzo Polo.
Ora la manovra passerà al vaglio della Camera, dove l'esito pare scontato, e si conta verrà licenziata già questa sera, tempi record per rassicurare i mercati prima dell'apertura di lunedì. Ma le opposizioni non sembrano volersi rassegnare e insistono sulla necessità di dimissioni per fare spazio a governi tecnici o di transizione, perchè le difficoltà non sono superate e Berlusconi e Tremonti sono ormai troppo deboli per affrontarle. Ma Napolitano ha avvertito che dopo l'approvazione della manovra finanziaria "sono convinto che anche per il futuro prossimo occorreranno altre prove di coesione".
Il presidente di Confindustria Sicilia promuove la Finanziaria - La manovra del governo nazionale potrà fare solo del bene alla Sicilia. Parola di Ivan Lo Bello. Intervistato a margine di un convegno che si è tenuto a Roma, il presidente di Confindustria Sicilia non ha dubbi: "Spingerà la classe dirigente siciliana a mutare attitudine e a mettere in campo politiche di crescita. È necessario comprendere che un mondo è finito, che non si può fare politica solo ridistribuendo risorse".
"Questa manovra nazionale è una manovra d’emergenza di fronte a un attacco forte sui mercati - spiega Lo Bello -. E quindi oggettivamente è una manovra che serve a comprimere in maniera molte forte le spese e questo comporterà anche una diminuzione dei trasferimenti agli enti locali e alle regioni. Le regioni del Sud devono attrezzarsi ad uno scenario a medio e lungo termine di risorse sempre meno rilevanti dal centro e devono far perno sulla capacità di crescita".
La Sicilia come può mettere a rutto una volta per tutte la sua specialità?
"La Sicilia è una regione che ha il gettito di molte imposte importanti e può crescere se mette in campo politiche di crescita. Politiche di crescita che passano attraverso uno snellimento burocratico, la lotta alla criminalità organizzata, una qualità dell’azione politica non legata a piccoli interessi particolari ma a valutazioni di interesse generale. Ma è ovvio che se non cambia la politica meridionale, la manovra nazionale sarà molto pesante".
Poi il presidente di Confindustria Sicilia indica alcuni interventi che potrebbero condurre l'Isola verso il cambiamento: "Basterebbe semplificare i processi amministrativi, renderli trasparenti, per mettere in campo una robusta crescita. Ci sono molte imprese che vogliono investire, tante siciliane e tante che vengono da altri posti che spesso non lo fanno perché entrano in una palude politico-burocratica che non è degna di un paese civile. Le imprese hanno bisogno di programmare investimenti in tempi certi, hanno bisogno di un sì o un no. Molto spesso nel nostro territorio non vi è né un sì né un no e i tempi diventano incerti e lunghissimi. Questo è il nodo vero".
Dunque la manovra, con i suoi tagli che in Sicilia dovrebbero portare a un assestamento di bilancio da 640 milioni di euro, potrebbe avere un effetto benefico sullo sviluppo del territorio?
"I soldi saranno di meno, ma entrerà in campo un principio di responsabilità. Devono far funzionare la macchina amministrativa, cosa che fino ad ora non è stata fatta fino in fondo. I cambiamenti avvengono quando si è costretti a farli. Quando non ci saranno più i soldi per alimentare un sistema assistenziale e clientelare, bisognerà capire che o si mettono in campo politiche di crescita o la situazione può esplodere. Il Paese si trova in una situazione drammatica. La manovra è dura perché occorre stabilizzare il Paese e i conti pubblici. Ognuno farà la sua parte. Noi abbiamo un potenziale di crescita inespresso che dipende dal fatto che in Sicilia, finora, non ci siamo occupati di crescita. Sono convinto che la crisi spingerà la classe dirigente a mutare atteggiamento. L’alternativa è un’implosione sociale fortissima e drammatica nel nostro territorio. In Sicilia già iniziano ad emergere le contraddizioni del vecchio modello assistenziale È necessario cambiare tutto ciò che si è fatto negli ultimi 10-15 anni. Non ci si può limitare a invocare quattrini dal centro, che devono arrivare, ma devono essere utilizzati per gli investimenti e non per la spesa corrente".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it, TMNews, Corriere del Mezzogiorno-Italpress]