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Il suicidio del boss Pietro Ribisi

E' stato tra i killer del giudice Antonio Saetta. Ma il figlio non crede alla versione del suicidio

16 ottobre 2012

Si è suicidato in carcere il boss Pietro Ribisi, 61 anni, originario di Palma di Montechiaro (AG). Il boss, detenuto nel carcere di Carinola, in provincia di Caserta, era stato condannato all'ergastolo per l'omicidio del giudice Antonino Saetta e del figlio Stefano.
Soltanto ieri si è avuta notizia del sucidio che si è verificato lo scorso giovedì. Oggi i funerali nel comune Agrigentino.
Dopo "l'ennesimo tragico caso di morte in carcere - ha detto Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo della polizia penitenziaria Sappe - bisognerebbe darsi concretamente da fare per un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere".

La versione del suicidio, però, non convince il figlio. "Mio padre - dice Nicolò Ribisi - ha trascorso 20 anni in carcere di cui 11 col regime del 41 bis. Non aveva motivo di suicidarsi proprio ora che poteva sperare in qualche beneficio. Anzi per me potrebbe essere stato ucciso. E’ stata aperta un’inchiesta che non è stata archiviata. Dire che si è suicidato è quantomeno un anticipazione del risultato investigativo che ancora non c’è". "Mio padre - aggiunge - non stava bene. Non riusciva a dormire. L’ho visto martedì scorso. Avevamo chiesto di farlo trasferire in un penitenziario con annesso ospedale ma giovedì è morto. Il pm ha sequestrato la cella e tutti gli effetti personali di mio padre. Dicono che si è impiccato. Ma ho visto il suo collo dopo che ci hanno riconsegnato la salma: ha un segno che va verso il basso non verso l’alto. E ha le dita della mano sinistra nere come se avesse tentato di impedire che lo strangolassero".

Pietro Ribisi, assieme a un fratello, era stato condannato anche a 12 anni come capo della cosca mafiosa di Palma di Montechiaro. Quello dei Ribisi è un nome si spicco nella storia della mafia agrigentina. I fratelli, Gioacchino, Rosario e Carmelo Ribisi furono assassinati alla fine degli anni Ottanta nel contesto di una feroce faida mafiosa tra il gruppo storico di Cosa nostra e quello emergente della Stidda.
Era il 25 settembre dell'1988 quando il giudice Antonino Saetta, insieme al figlio, mentre camminava con la sua auto lungo il viadotto Grottarossa della strada statale 640 Agrigento-Caltanissetta fu raggiunto da 46 colpi ordinati dalla mafia. Per il duplice omicidio sono stati condannati all'ergastolo i boss Salvatore Riina, Francesco Madonia, e Pietro Ribisi che fu accusato di essere l'autore materiale degli omicidi. Il giudice Saetta, 66 anni, era entrato in magistratura nel 1948 ed aveva percorso la sua carriera in Sicilia, dopo una breve esperienza alla Corte d'appello di Genova. A Palermo era stato presidente di Corte d'appello al processo di secondo grado per la strage di Piazza Scalfa avvenuta nell'ottobre del 1984, e al processo per l'omicidio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile, avvenuto a Monreale nel 1980.

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Repubblica/Palermo.it, SiciliaInformazioni.com, Corriere del Mezzogiorno]

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16 ottobre 2012
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