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Il terribile intrigo

Le stragi degli anni Novanta, la presunta trattativa tra mafia e stato, i pentiti, i servizi segreti deviati...

28 ottobre 2010

Come già raccontato ieri, Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo "Don Vito", "grande accusatore" e "importante testimone" degli intrighi tra mafia stato e servizi segreti deviati in correlazione alla stagione stragista di Cosa nostra dell'inizio degli anni Novanta, è stato indagato dalla Procura di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa (LEGGI). Lunedì scorso, giorno in cui Ciancimino jr si è presentato davanti ai pm, ha ricevuto l'avviso di garanzia con invito a comparire per rendere interrogatorio nell'inchiesta sulla presunta trattativa tra Stato e mafia.
"Mi aspettavo quest'indagine. Era inevitabile viste le dichiarazioni che ho reso ai pm. Proprio per questo nel tempo ho esitato a consegnare tutti i documenti in mio possesso. La mia non è una situazione facile, ma forse in questo paese paga di più l'omertà", ha detto Massimo Ciancimino. "Non sono comunque l'unico indagato del procedimento - ha aggiunto - Questo dimostra che, nonostante tutto, le mie dichiarazioni sono ritenute credibili visto che proprio in base a ciò che ho detto altri vengono inquisiti".

Tra gli indagati, sempre per concorso esterno in associazione mafiosa, il generale dei carabinieri Mario Mori già sotto processo per favoreggiamento aggravato alla mafia. Sotto inchiesta anche i boss Totò Riina, Antonino Cinà e Bernardo Provenzano che rispondono del reato di attentato a corpo politico dello Stato. Stessa accusa per l'ex braccio destro di Mori, l'ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno.
Le nuove accuse al generale Mori porteranno ad una modifica del capo d'imputazione nel dibattimento in corso. Si aggrava, dunque, la posizione dell'alto ufficiale.
Il generale si è detto tranquillo
e ha affermato: "Continuerò a difendermi nel processo consapevole di avere soltanto combattuto la criminalità organizzata ottenendo sempre lusinghieri risultati e mai venendo a patti con l'organizzazione mafiosa".
Mori ha fatto sapere "di non avere ricevuto alcuna comunicazione in merito. Ove l'imputazione fosse confermata argomenti a mia difesa mi rendono tranquillo". Il generale si è riservato "di valutare compiutamente la situazione allorché sarà formalizzata la nuova iniziativa della Procura" e ha precisato che sulla vicenda erano già trapelate alcune indiscrezioni.

Ad intrecciarsi con questa storia, già così tanto torbida e complicata, lo sconvolgente riconoscimento fatto ieri dal pentito Gaspare Spatuzza.
Spatuzza ha riconosciuto nel funzionario dell'Agenzia per la sicurezza interna (Aisi) Lorenzo Narracci, ex funzionario del Sisde e indagato dai pm di Caltanissetta nell'ambito dell'inchiesta sulle stragi mafiose del '92, "il soggetto estraneo a Cosa nostra visto nel garage mentre veniva imbottita di tritolo la Fiat 126 usata nell'attentato al giudice Paolo Borsellino".
Al pentito sono state mostrate più persone, tra cui il funzionario dei Servizi, simili di aspetto, dietro a un vetro. Il pentito non avrebbe avuto esitazioni. "E' lo stesso che mi avevate mostrato in foto", ha risposto. La procura nissena ha però raccomandato prudenza, sottolineando che il pentito non ha potuto dirsi certo "al cento per cento" che Narracci e l'estraneo che vide nel garage nel '92 siano la stessa persona.
Anche Massimo Ciancimino è stato chiamato a riconoscere Narracci. Seppure con molte incertezze il superteste avrebbe detto che l'agente dell'Aisi avrebbe incontrato il padre. Una versione che ha dovuto ripetere anche durante un confronto con Narracci che ha seccamente smentito di averlo mai visto.
Ma di Lorenzo Narracci si sarebbe parlato anche in una delle ultime sedute del Copasir. Il 13 ottobre, nel corso dell'audizione del direttore dell'Aisi, Giorgio Piccirillo, alcuni componenti del Comitato per la sicurezza della Repubblica avrebbero chiesto la rimozione del funzionario e in particolare dall'Aisi. Una rimozione già sollecitata precedentemente, quando a inizio luglio il comitato affrontò il caso di fronte al direttore del Dis, Gianni De Gennaro.

"Contrariamente a quanto diffuso da alcuni organi di informazione, Gaspare Spatuzza non ha mai identificato il dott. Lorenzo Narracci come l'uomo, estraneo a Cosa nostra, presente nel garage in cui fu predisposta l'autobomba utilizzata per la strage di via D'Amelio". Ad affermarlo in una nota è stato il difensore di Narracci, Michele Laforgia. "Spatuzza ha infatti precisato - ha continuato il legale - di non essere in grado di riconoscere la persona avvistata 'per pochi attimi' nell'autorimessa, limitandosi a confermare che il dott. Narracci corrisponde alla persona già individuata in fotografia come 'somigliante' con quella persona". "Il dott. Narracci, pertanto - ha aggiunto l'avvocato Laforgia - attende fiducioso l'esito degli accertamenti della magistratura, nella certezza che la sua estraneità ai fatti sarà presto riconosciuto ponendo fine alle illazioni e alle calunnie diffuse senza alcuna cautela nei suoi confronti da oltre 15 anni". "A tale scopo - conclude la nota - procederà in ogni sede per tutelare la propria reputazione e l'immagine delle Istituzioni che ha sempre fedelmente servito".

Per Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso, "forse oggi siamo a un passo dalla verità". "Da anni sostengo che mio fratello è stato ucciso perché si è messo di traverso alla trattativa tra la mafia e lo Stato. Forse siamo a un passo dalla verità". "Speriamo che nessuno intralci quei magistrati eccezionali che stanno togliendo il velo per arrivare alla verità: Antonino Ingroia, Nino Di Matteo e Sergio Lari". Salvatore Borsellino, in qualità di responsabile del movimento delle Agende Rosse, ha annunciato di aver organizzato per il 20 novembre una manifestazione in quattro città (Palermo, Roma, Firenze e Milano) "per sostenere proprio questi magistrati". "Ho grande paura che possa succedere qualcosa - ha detto il fratello di Paolo Borsellino - Il pericolo può arrivare da quelle stesse persone che hanno messo le bombe in via D'Amelio, e non mi riferisco ai mafiosi. Tutto è legato a quell'infame trattativa tra Stato e mafia".

Infine dal pubblico ministero Nino Di Matteo arriva una richiesta: "Chi conosce vicende che potrebbero essere utili alle indagini deve parlare". "Dobbiamo fare di tutto per capire se in certi momenti storici mafia e Stato abbiano trovato spazi di dialogo o di accordo", ha detto Di Matteo in un'intervista a Repubblica. "Se ciò fosse accaduto e oggi non si facesse tutto quello che è necessario, la mafia conserverebbe nei confronti delle istituzioni il suo potere più terribile, quello del ricatto". "Per aspirare alla definitiva chiarezza su vicende così complesse - ha sottolineato il pm - la magistratura deve conservare appieno l'indipendenza, che sempre più spesso viene messa in pericolo da progetti di legge la cui approvazione finirebbe per limitare l'autonomia degli uffici del Pm, con il rischio di un sostanziale controllo degli uffici della Procura da parte dell'esecutivo".

[Informazioni tratte da Ansa, Adnkronos/Ing, La Siciliaweb.it, Repubblica.it, Corriere.it]

 

 

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28 ottobre 2010
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